Riqualifi-CHI? Viaggio dentro la "nuova" stazione di Firenze
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Santa Maria Novella è stata oggetto di un importante progetto di "riqualificazione": nuovi negozi, un bici-park e.... transenne contro i mendicanti.
Le stazioni sono per definizione dei non-luoghi, posti di passaggio, snodi che attraversiamo nel nostro cammino quotidiano se siamo pendolari, o luogo di concitata attesa quando viaggiamo da turisti. Ci sono persone che considerano particolarmente affascinanti le stazioni, altri le considerano un coacervo di personaggi quanto meno strani, ed evitano di trovarsi in una stazione dopo le sette di sera.
Santa Maria Novella "trasformata": nuovi negozi...
La stazione di Firenze Santa Maria Novella, architettonicamente parlando, è considerata il capolavoro del razionalismo italiano. Dal punto di vista funzionale è una delle quattro stazioni italiane con il maggiore flusso di passeggeri: anche per la forte vocazione turistica della città, la stazione è stata oggetto di un progetto di riqualificazione, attraverso l’apertura di nuovi esercizi commerciali, bar e fast food che mirano a rendere più appetibile – essenzialmente per il turista – il tempo trascorso aspettando il treno. Gli avventori quotidiani e occasionali della stazione centrale di Firenze adesso possono trascorrere il proprio tempo girovagando nella nuova sede della libreria Feltrinelli Express,oppure in uno dei vari negozi di abbigliamento. Manca ancora invece una sala d’attesa al chiuso che non sia riservata ai soci Cartafreccia Oro di Trenitalia, quindi chi vorrà stare seduto dovrà continuarlo a fare nella sedute nell'atrio della biglietteria.
Se volessi fare qui un discorso socio-filosofico sul senso dei luoghi, cercherei di farvi notare come si è pensato di dare vita ad un non-luogo rendendolo ancora più non-luogo: una stazione/centro commerciale dove difficilmente faranno acquisti altri che non siano turisti, dato che i negozi aperti nel piazzale interno della stazione sono gli stessi che cento metri più in là si possono trovare in via dei Cerretani. Ma non mi avventurerò in questo ragionamento, sicuramente opinabile. Le stazioni, in genere, sono posti in cui (salvo ritardi) sostiamo poco tempo se calcoliamo l'intero arco della nostra vita. Personalmente passo in media almeno otto ore l’anno sulla banchina del binario 9 dove di solito parte il regionale per Bologna (vado sempre due ore prima perché sono particolarmente paranoica). Non sono molte, ma penso di aver comunque maturato una discreta esperienza negli ultimi 5 anni da poter dire qualche parola sulla “riqualificazione” di Santa Maria Novella (SMN). A maggior ragione oggi, quando chi scrive questo articolo sta giusto sperimentando l’ennesima traversata Firenze-Bari.
E vecchi stereotipi...
Questa mattina mi sono recata a SMN con il mio solito largo anticipo, ho avuto modo di vedere come da utente la stazione sia cambiata. Il 9 dicembre è stata inaugurata la nuova galleria commerciale, alla presenza del sindaco Dario Nardella, dell’assessore alle infrastrutture e trasporti Vincenzo Ceccarelli, dell’AD di Ferrovie dello Stato Michele Elia e del suo omologo in Grandi Stazioni Paolo Gallo. Da quanto possiamo apprendere dalle pagine dei quotidiani locali, tutti hanno espresso grande soddisfazione per la realizzazione della nuova galleria, tassello di un progetto più ampio di qualificazione della stazione centrale fiorentina. È stato annunciato che ora i lavori si sposteranno sul lato Valfonda e dovrebbero terminare a febbraio 2015.
Nei mesi scorsi, la situazione di degrado all'interno dello scalo ferroviario è stata più volte al centro della cronaca cittadina. I toni con cui la stampa locale ha parlato dei cittadini rom presenti in stazione sono più o meno gli stessi con cui si descriverebbe una fastidiosa infestazione di scarafaggi – tralasciando che i mendicanti che rappresentano questo degrado sono persone. Si parlava di veri e propri assalti sui turisti e rappresaglie, tanto che per un momento ho immaginato che SMN fosse diventata il set di uno spaghetti western in salsa balcanica.
Ora, diciamocelo, le stazioni sono spesso coacervo di personaggi ambigui e di dubbia fama, per cui non si può che accogliere positivamente il fatto che l’amministrazione comunale si faccia carico di un sedicente progetto di riqualificazione. Ma, loschi che siano, stiamo sempre parlando di persone. Così almeno mi è venuto spontaneo pensare quando, giusto questa mattina, ho assistito all’animata discussione fra un poliziotto e tre mendicanti. O quando un altro operatore di polizia ha apostrofato in maniera tutt’altro che educata una ragazza rom che stava entrando in stazione. Già, non stava mendicando, non stava rubando, stava attraversando l’atrio di ingresso, eppure si è vista respingere sentendosi dire: “Ehi bionda, tu vatti a fare un giro fuori”.
Barriere (mentali) contro il degrado
Come dicevo, in media passo otto ore l’anno in attesa a SMN, che in cinque anni fanno quaranta ore, passate con il naso all’insù a fissare il tabellone degli orari per capire quando (e se) il mio treno sarebbe arrivato. Più di una volta mi si sono avvicinati mendicanti vari a chiedere qualche spicciolo: ora riconosco di non essere appetibile quanto un turista giapponese con la Canon da 3 mila euro appesa al collo, ma nessuno mi ha mai forzato a dare soldi, né tanto meno ho subito rappresaglie mentre ero in fila alle biglietterie automatiche. Sì, ci sono molti cittadini rom che mendicano nel piazzale della stazione; sì, ci saranno stati dei furti, ma la soluzione è alzare una barriera? Il ragionamento – in piccolo – che ha portato Grandi Stazioni e il Prefetto di Firenze ad optare per la collocazione di transenne intorno alle biglietterie automatiche e alle banchine dei treni ad alta velocità, è lo stesso – in grande – di chi vorrebbe rispedire in massa i migranti che arrivano sulle coste italiane. Fra l’altro la scelta di vigilare l’accesso dei treni AV mostra come tutta l’operazione sia in sé una sceneggiata per evitare ai turisti e al popolo delle ventiquattrore di venire in contatto con chi vive in una situazione di oggettivo disagio e mendica per vivere.
Il doppio approccio usato per la cosiddetta riqualificazione smorza gli entusiasmi, almeno il mio. Perché siamo tutti d’accordo che avere negozi aperti fino alle 22 aumenti il controllo sociale incrociato, cosa che di per sé ridurrebbe il rischio di eventuali furti o comportamenti socialmente scorretti; siamo tutti felici di avere un bici-park in stazione che è sicuramente utilissimo per i tanti pendolari che si spostano in bici per le vie de centro – fa così green economy – ; ma in che modo transennare le biglietterie automatiche sarebbe riqualificare la stazione?
Queste barriere d’acciaio dovrebbero avere la funzione di proteggere gli utenti del treno dalle presunte molestie dei cittadini di etnia rom. Nel concreto sono la concretizzazione delle barriere mentali con cui ci si continua a rapportare alla marginalità.
Se si vuole diminuire il numero di mendicanti o dei clochard che passano le loro notti alla fermata del 57 adiacente la stazione; se non si vogliono i furti e le “rappresaglie”, la soluzione si chiama inclusione, non transenne. Perché il bici-park fa molto green city, però poi se la soluzione è allontanare lo “zingaro”, più che green siamo black.
Riqualificare non vuol dire che dobbiamo far finta di vivere in una città perfetta, o quanto meno convincere di ciò il turista alla stazione e perciò impedire al mendicante di entrare a SMN – che vada nelle stazioni periferiche di Rifredi o Castello, dove non ci sono i giapponesi e gli americani. Ad una città, per riqualificarsi, non serve solo aprire più negozi, ma anche impegnarsi per garantire a tutti una vita dignitosa, fare in modo che a nessuno venga messa davanti una transenna e che nessuna persona sia concepita come un'imperfezione sgradita in un bel panorama da cartolina.