Riccardo Magherini, da oggi la giustizia è più vicina
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Al Palazzo di Giustizia di Firenze si è tenuta l'udienza preliminare che ha rinviato a processo i quattro carabinieri e i tre volontari della Croce Rossa, tutti coinvolti nella morte di Riccardo Magherini avvenuta quasi un anno fa. La lunga battaglia dei familiari per avere giustizia ha ora una nuova tappa: l'11 giugno, ossia l'inizio del processo.
Parte I, continua
È una giornata grigia e molto umida quella che inizia il 3 febbraio sul capoluogo toscano e davanti al Palazzo di Giustizia l'atmosfera è pesante. È un giorno importante perché a quasi un anno di distanza dalla morte diRiccardo Magherini, 40enne fiorentino con un passato nella squadra di calcio viola, dopo un rinvio già avvenuto l'8 gennaio scorso finalmente va in scena l'udienza preliminare che deve stabilire se incriminare per omicidio colposo quattro carabinieri (Vincenzo Corni, Davide Ascenzi, Agostino Pistolero Della Porta ed il maresciallo Stefano Castellano) e tre volontari della Croce Rossa. Sono poco più delle 9 del mattino quando molte persone iniziano già a presentarsi davanti ai cancelli del tribunale: amici, parenti e sostenitori di Riccardo alla ricerca della verità per una delle tante morti avvenute in circostanze molto oscure.
I fatti
Riccardo Magherini ha perso la vita la notte tra il 2 e il 3 marzo 2014 dopo essere stato fermato dai carabinieri. A mezzanotte inoltrata, dopo aver cenato in un locale in zona San Frediano, un quartiere nella parte meridionale della città, decide di chiamare un taxi. Una volta sopra viene colpito da un attacco di panico ed inizia ad urlare contro il tassista che, impaurito, ferma la propria auto facendo scendere Riccardo. Inizia a correre e, in evidente stato confusionale probabilmente dovuto all'assunzione di sostanze stupefacenti, sale su un'auto che passa da lì dicendo di essere inseguito e di sentirsi in pericolo di vita.
Intanto arrivano varie chiamate al 112 in cui viene segnalato Magherini in quanto richiedente aiuto e non in perfette condizioni mentali. Riccardo continua a correre per le strade di San Frediano urlando di essereinseguito. “Aiuto mi vogliono uccidere!”, continua a gridare anche quando i carabinieri riescono ad individuarlo in via di San Frediano. Sono le 1.21, la pattuglia cerca di tranquillizzare Riccardo e, mentre arriva una seconda volante, i carabinieri chiamano anche un'ambulanza. Secondo le ricostruzioni presentate dalla stampa, inizialmente Magherini non oppone resistenza, tuttavia in seguito ne scaturisce una colluttazione in cui uno degli agenti riceve un colpo alla testa riuscendo tuttavia ad immobilizzare “Riky” – come era chiamato dagli amici – che viene ammanettato e fatto sdraiare per terra in posizione prona. Qui sarebbe iniziato il pestaggio, con uno degli agenti che sferra calci al tronco di Riccardo ed un altro che, secondo alcune testimonianze, avrebbe premuto il ginocchio sul suo collo. Nel frattempo il baccano attira l'attenzione di passanti e residenti che, affacciati alle finestre, riprendono la scena con i propri cellulari ed urlano ai carabinieri di smetterla con le violenze. “Non rompere i coglioni!”, si sente dire da uno degli agenti a un ragazzo allarmato dalle urla di dolore di Magherini che chiede aiuto.
Nel frattempo l'ambulanza impiega diverso tempo ad arrivare e, quando raggiunge San Frediano alle 1.33, Riccardo non si muove più già da diversi minuti. Una volontaria chiede ai carabinieri di togliergli le manette ma essi si rifiutano e, anzi, “chiedono” ai soccorritori di occuparsi del collega lievemente ferito alla testa. L'ex calciatore della Fiorentina è immobile, non urla più e il medico del 118, sopraggiunto sul luogo con una seconda ambulanza, non può fare altro che constatare il suo arresto cardiocircolatorio, senza che nessuno gli avesse prestato ancora il benché minimo soccorso.
Magherini viene immediatamente girato sulla schiena per dare inizio alle operazioni di rianimazione e solo su richiesta del medico i carabinieri rimuovono le manette. Ormai, però, qualsiasi intervento risulta tardivo ed inutile. Il trasporto all'ospedale di Santa Maria Nuova, infatti, avviene quasi un'ora dopo il fermo da parte dei carabinieri e servirà solamente a constatare la morte di Riccardo.
Un video amatoriale dell'accaduto girato dai residenti la notte del 3 marzo 2014
Gli stati d'animo
Dal giorno del suo decesso sono stati molti ad interessarsi alla sua storia ed a sostenere la causa dei familiari dimostrando la propria solidarietà in molte forme ed anche oggi la riprova è tangibile. Fuori dal Palazzo di Giustizia vengono affissi degli striscioni in memoria di Riccardo mentre continuano ad arrivare anche persone residenti fuori città, desiderose di assistere all'udienza. L'aria però, come detto, è pesante. Questa vicinanza e questo sostegno sono fattori positivi che aiutano notevolmente la famiglia di Riccardo ad affrontare il suo dolore e la sua tragedia, tuttavia in quei minuti il pensiero va inevitabilmente a quella maledetta notte di 11 mesi fa. Ma più di qualsiasi altra cosa, ciò che rende questa mattinata nervosa è il timore che anche questa storia termini, come tante altre, con una beffa totale, con un'attenta opera di insabbiamento delle indagini per proteggere coloro che lo Stato ritiene debbano essere intoccabili, anche dinanzi a prove molto pesanti, e non perseguibili a qualsiasi costo. In altre parole, la paura è che il Gup non incrimini i sette indagati e che i procedimenti giudiziari a loro carico possano sostanzialmente terminare qui. Di epiloghi del genere, infatti, ne è piena la cronaca italiana (e non solo).
L'attesa e la sentenza
Alle 10 tutti i sostenitori di Riccardo fanno il loro ingresso nel Palazzo di Giustizia. Inizia l'udienza. Fuori rimangono solo alcuni volontari della Croce Rossa presenti in sostegno dei tre colleghi indagati, così da evitare che l'atmosfera potesse surriscaldarsi ulteriormente. Il corridoio dell'aula dove si sta decidendo tutto si riempie così di persone che attende nervosamente di sapere il verdetto del Gup. La tensione sale, la tensione per una porta che non si apre mai e dietro a cui si cela il destino della giustizia, che però non è dato conoscere ancora. Gli occhi non si schiodano da lì mentre il tempo scorre, inesorabile, trasformandosi in ansia che cresce al passare di ogni secondo in tutti i presenti. Alla fine viene comunicato che entro pochi minuti verrà data lettura della sentenza. C'è gente che prega, gente che fuma nervosamente una sigaretta e gente che attende in silenzio senza battere ciglio, finché la porta non si apre: per tutti e sette gli indagati dovrà essere aperto un processo (inizierà l'11 giugno) in cui essi saranno imputati per omicidio colposo.
Il tanto agognato rinvio a giudizio è arrivato. Immediatamente gran parte dei presenti si lascia andare ad applausi e grida di gioia, qualcuno piange, come Guido Magherini, padre di Riccardo. “In galera!”, “Vergogna!” e “Via la divisa!” sono alcune delle parole gridate dai presenti. Gli imputati erano tutti in aula tranne il maresciallo – il più alto in grado sulla scena del crimine – ma sono stati fatti entrare ed uscire da un ingresso secondario senza che potessero essere visti.
L'emozione è grande, c'è tanta soddisfazione per un verdetto tanto sperato quanto temuto, vista la casistica in materia. “Qui non c'è vittoria, qui abbiamo perso Riccardo...” risponde in lacrime il padre a chi gli chiede un commento sulla sentenza, parole simili a quelle pronunciate da Andrea Magherini, fratello di Riccardo. Ma soprattutto, come ricordano in seguito entrambi, questo è solo il primo passo di un percorso che sarà molto lungo e tortuoso, probabilmente pieno di ostacoli difficili da superare vista la divisa che indossano gli imputati. Oggi, infatti, si è deciso solo che sarà istituito un processo per i sette indagati, non la loro colpevolezza. Anche in altri casi del genere il processo è stato istituito ma la beffa è arrivata comunque proprio nella sentenza finale.
Un finale ancora da scrivere
La storia, quindi, non è finita, anzi è solo all'inizio. Tuttavia siamo stati abituati che, in casi del genere, anche solamente pensare che ci possa essere un processo a carico di membri delle forze dell'ordine, macchiate da un pestaggio ed un decesso avvenuto tra le loro mani, sia motivo di cui poter essere felici ed esultare, appunto, come per una vittoria. Ciò che dovrebbe essere normale diventa straordinario e quindi motivo di soddisfazione doppia. “La legge è uguale per tutti” campeggia a caratteri cubitali nelle aule di qualsiasi tribunale, tuttavia sappiamo che ci sono persone – in questo caso categorie di persone – per cui la legge è un po' meno uguale che per altre. A questo punto non resta che sperare che il processo ai quattro carabinieri ed ai tre volontari, che inizierà la prossima estate, sia equo e giusto e consegni a tutti una ricostruzione dei fatti credibile, accertando le responsabilità per una morte tanto evitabile quanto insensata.
Le dichiarazioni del senatore Carlo Giovanardi intervenuto a La Zanzara su Radio 24 (04/02/2015)