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Riabilitiamo il femminismo!

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Default profile picture chiara capozio

Il femminismo ha perso: le donne gli hanno voltato le spalle. Ma le nostre società devono riconsiderare il rispetto della militanza. Per porre fine a inaccettabili disuguaglianze.

Come si può ridere del femminismo? Come si può essere donna ed affermare «io non sono femminista?». Come si può vivere in un paese, la Francia, dove, secondo le stime, lo scarto salariale a favore degli uomini raggiunge il 27% (1) e affermare che questa lotta non ci riguarda più? Come si può vivere in un paese dove nelle periferie le ragazze dichiarano di portare il velo per proteggersi dalle violenze degli uomini, senza che nessuno lanci l’allarme ?

Come si può accettare di essere governati da un Parlamento costituito all’87% da uomini senza essere spaventati da un evidente squilibrio, che persino una legge volontarista come quella sulla parità non riesce a modificare? Come accettare che una parte del mondo sostenga che la donna è complementare e non uguale all’uomo e, per questo, debba vedersi imporre uno stile di vita medievale, senza porci il problema delle nostre responsabilità – tutti, uomini e donne – che pensiamo di vivere in società moderne ed illuminate ? Come accettare che la donna sia designata nelle culture e religioni tradizionali come la parte meno nobile dell’umanità, il cui corpo e spirito devono piegarsi a una sedicente espiazione, che in fin dei conti mira a privarla del pieno godimento del suo corpo, della propria sessualità e dei propri diritti?

E’ forse colpa dell’individualismo moderno e della fine delle grandi battaglie per l’emancipazione? E’ forse colpa delle stesse femministe che si sono perse nelle querelles da salotto, contendendosi l’eredità di Simone De Beauvoir e voltando le spalle alle donne vittime di una violenza crescente nelle periferie più difficili? E’ forse colpa di un pensiero femminista radicale che, escludendo l’uomo dal proprio campo d’azione, ha perpetrato la rottura ed inasprito la guerra tra i sessi? E’ colpa degli uomini che ancora e sempre sorridono di fronte a queste sgualdrine o cagnette isteriche dal discorso “stereotipato e invariabile”? E’ colpa del sistema repubblicano e dell’egualitarismo che fanno della legge la soluzione per eccellenza dei problemi di disuguaglianza, di ingiustizia, di rappresentanza, quando è proprio la legge a mostrare la propria evidente incapacità di ridurre lo squilibrio?

A quale santo votarsi?

Davanti al fallimento dell’attivismo femminista e all’incapacità della legge di porsi come protezione e garanzia del rispetto dei diritti delle donne, che cosa resta loro per farsi ascoltare ? Catherine Millet? Isabelle Alonzo (2)? Il velo islamico?

No. Per quanto si possa riconoscere il talento letterario di Catherine Millet, sorridere ed appoggiare le ansie mediatiche di Isabelle Alonzo e capire le preoccupazioni delle ragazze di periferia che cercano di farsi rispettare portando il velo, questi segnali di guerra delle donne sono sfortunatamente troppo contestuali, troppo personali, provocatori e marginali per poter dare una risposta ad un problema così ampio.

Sfortunatamente (o fortunatamente), la legge e la militanza restano i due soli pilastri per far avanzare i diritti delle donne e le due sole leve sulle quali si possa contare in un mondo in cui un atteggiamento attendista sulle questioni fondamentali, e di isterismo rispetto ai problemi minori, minano quel lavoro di fondo che deve essere condotto senza sosta.

Semplicemente, la società nel proprio insieme deve considerare in modo diverso questi due pilastri, e portare loro il rispetto e l’attenzione che meritano, senza transigere con la legge e senza irridere la militanza.

Spegnete la TV “maschia”, s’il vous plaît!

Innanzitutto, che si applichi la legge e che proprio la sua esistenza non divenga un pretesto per non agire. Gli oppressi di questo mondo non si definiscono più tali dal momento che una nuova ideologia, legalista, afferma che se esistono delle leggi anti-discriminazione, le discriminazioni spariscono automaticamente. Che piovano queste benedette sanzioni, e che scoraggino una volta per tutte l’accettazione di fenomeni che diventano fatali solo se osservati passivamente, facendo spallucce. Che si applichi la legge sulla parità. Che il diritto sia applicato nelle imprese, che si sviluppino comportamenti corretti, senza che si debba aspettare un violento ingresso della discriminazione e una citazione per lesa persona, citazione che viene presentata sempre troppo tardi, quando ormai il danno è fatto e quando le sanzioni contro il datore di lavoro non possono più cambiare di molto le cose. Che la Repubblica si rifiuti di inscenare uno spirito comunitario alibi della libertà di coscienza, che nasconde in realtà l’abbandono delle ragazze ai propri padri, ai propri fratelli, ai propri figli.

Che le femministe ci ridiano voglia di credere nelle loro azioni, concentrandosi sul lavoro di campo e riappropriandosi dei propri spazi legittimi di parola e di discussione. Che l’educazione e la sensibilizzazione insegnino a tutti a non ridere più dei comportamenti sessisti, a non guardare più Greg il milionario o The Bachelor (3), a non tacere più davanti a commenti machisti, che siano proferiti come uno scherzo o come una vera e proprio minaccia. Non esiste nessuna cultura che possa essere mantenuta eternamente a riparo dal progresso, non vi è nessuna costante che non possa dare luogo all’azione, nessuna violazione che non possa essere punita con sanzioni appropriate, nessuna società che non possa essere educata, attraverso il diritto e l’educazione civica, che non devono essere imposti unilateralmente, ma nascere e svilupparsi sotto l’influenza positiva del dibattito democratico.

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(2) Catherine Millet è l’autrice di « La vie sexuelle de Catherine M. » che ruota attorno alle sue esperienze sessuali, poco convenzionali, da donna libera, e che ha provocato un certo scalpore. Isabelle Alonzo presiede le Chiennes de Garde (“Le cagne di guardia”), gruppo di difesa dei diritti delle donne. Le sue apparizioni mediatiche sono piuttosto frequenti.

(3) Programma televisivo nel quale un pretendente milionario sceglie la propria partner tra 12 concorrenti…

Translated from Réhabiliter le féminisme et la loi