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Repubblica Ceca e Unione europea: scene da un matrimonio

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Marta Lavagnoli

La Presidenza ceca dell’Unione europea doveva segnare «il ritorno dei cechi in Europa». Purtroppo, è successo il contrario: dopo i molti problemi, il Governo di Mirek Topolánek, è caduto, e con lui la speranza di una Presidenza riuscita. Ad oggi solo il 20% dei cechi sostiene che voterà alle prossime elezioni europee.

Dato che l’interesse per l’Europa era praticamente inesistente in Repubblica Ceca nel corso di questi ultimi cinque anni, nel gennaio 2009, l’Unione ha certo suscitato un certo aumento d’interesse con l’avvento della Presidenza ceca. In un sondaggio del quotidiano Lidové Noviny, il 60% dei cechi si dichiaravano allora «dei fieri Europei» e il settimanale Respekt proclamava: «L’inizio della nostra Presidenza è stato un successo». In seguito, una sera di primavera, a fine marzo, il Primo Ministro Mirek Topolánek pone la mozione di fiducia all’Assemblea nazionale e la perde. Da allora, nessuno in Europa sembra veramente prendere sul serio la Repubblica Ceca e neanche il suo Governo “tecnico” di transizione, che gestisce gli affari correnti fino alle elezioni legislative anticipate in ottobre.

Parte l’Europa, ritornano i comunisti

I cechi hanno di nuovo voltato le spalle all’Europa: in questi ultimi giorni, sono state rare le prime pagine dei giornali a parlare delle elezioni del prossimo giugno. Queste discussioni a livello nazionale sembrano soprattutto aver scoraggiato i cechi nei confronti della loro classe politica. Le lotte tra i partiti diventano sempre più violente e i dibattiti all’assemblea terminano spesso con insulti del tipo “deficiente” o “farabutto”. Gli estremi sono risorti, prima sotto la forma dell’estrema sinistra del partito comunista (KSCM): in questo senso, la dichiarazione populista del leader social-democratico Jiri Paroubek di voler includere i «comunisti al governo, se ce ne fosse il bisogno» fa già temere il peggio. Soprattutto perché a favore di questa deriva populista emerge ugualmente un’estrema destra inquietante, quella della Delnicka Strana, il Partito degli operai, composto da neo-nazisti e da skinheads che, soprattutto nel Nord-Ovest del paese, si raduna il week-end per picchiare rom o giovani immigrati. L’unica buona notizia davanti a questo scenario sinistro: gli slogan anti-europei non più avere troppa eco in Repubblica ceca. Anche se il partito comunista ci ha spesso fatto ricorso, degli slogan come «Per il popolo, contro l’Europa» sono spariti dal suo programma in vista di un’eventuale coalizione con i socialisti-democratici.

D’altronde, la declinazione ceca del partito Libertas del milionario irlandese Decan Ganley non otterrà che lo 0,8 %, secondo un sondaggio pubblicato dalla televisione ceca il 5 maggio, che ha anche dato per vincitori dello scrutinio il partito social-democratico Cssd, con il 31 % dei voti, e i comunisti del Kscm con il 12 %. Resta da sapere quale tipo di legittimità potranno avere questi risultati in rapporto al tasso d’astensione.

Image cédée par l'Europe en DébatLa pubblicazione di quest’articolo è frutto della collaborazione tra Eudebate2009.eu e il blog ARTEL’Europe en débat – gestito dagli studenti del Collège d’Europe di Bruges.

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Translated from République tchèque et Union européenne : désamour toujours