Referendum in Veneto: Venezia indipendente?
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Sulla scia delle consultazioni catalane e scozzesi, anche gli indipendentisti del Veneto si lanciano in una consultazione per la separazione dall'Italia. Sebbene il referendum difficilemente otterrà l'effetto voluto, è comunque un ulteriore segnale nell'Europa che stenta a esprimere una voce comune.
“Noi come la Crimea!” è lo slogan coniato dai separatisti veneti, da anni impegnati per il riconoscimento dei territori dell’ex Repubblica di Venezia come stato sovrano. Uno slogan certo ardito, ma non privo di fondamento. Anche il Veneto fu annesso al neonato Regno d’Italia con un referendum che Indro Montanelli nei suoi scritti definisce “farsesco”, mentre le truppe sabaude ne occupavano il territorio. Ed anche il Veneto passò di mano svariate volte in maniera del tutto arbitraria com’era uso all’epoca nel gioco tra le varie potenze europee, prima di venire regalato all’Italia dai francesi con l’intercessione dei prussiani. Ora, il referendum promosso dal 16 al 21 marzo dalla deputata Cinzia Bottene e dal leader d’Indipendenza Veneta Alessio Morosin, con il beneplacito e il sostegno del governatore leghista della regione Luca Zaia, potrà essere assai discutibile nella forma e nella sostanza, ma presenta un altro inquietante parallelismo con quanto sta accadendo in Crimea: la guerra d’informazione, o spesso, della sua mancanza.
Voti controversi
Pur vivendo in Veneto e avendo il polso della situazione, sono venuto a sapere solo a dicembre del referendum sulla separazione della regione dall’Italia. Poco male, esistono decine di partiti più o meno legittimi che rivendicano il diritto del popolo veneto all’autodeterminazione, sia essa autonomia in seno allo stato italiano, o secessione dall’odiato “parassita”. Proclami e dichiarazioni d’intenti si sprecano a tale velocità che è impossibile stare dietro ad ogni comizio e iniziativa dei “marcensi”. Ma questa volta hanno fatto le cose in grande. Centoquindici comuni hanno aderito all’iniziativa e le cifre “di parte”, molto controverse, di Plebiscito.eu parlano di 2.360.235 votanti, pari al 63,23% degli aventi diritto, di cui ben 2.102.969 hanno votato sì. Eppure in Italia, il 17 marzo, nemmeno una parola sui giornali, a parte un articolo veemente e fazioso di Sergio Rame sul “Giornale” e pochi bloggers che hanno ripreso l'argomento. All’estero, invece, quasi nessun quotidiano si è fatto sfuggire la notizia, fosse solo per ricordare che quest’anno anche la Catalogna e la Scozia si esprimeranno con i rispettivi referendum sulla loro indipendenza da Spagna e Regno Unito.
Bisognerebbe fare i conti con la geopolitica (la Nato)
E non è solo un problema storico. Per continuare i parallelismi, il Veneto è una delle regioni con il PIL più alto d'Europa ed è ancora strategicamente essenziale per il continente e per la NATO. Basti pensare alla contestatissima base militare Dal Molin costruita a Vicenza per riunire il 173 aviotrasportato americano. Non solo non ci sono le basi giuridiche per un percorso diretto verso l’indipendenza, come sottolineano anche sul sito Raixe Venete, da tempo uno dei maggiori promotori dell’identità locale, ma è anche difficile pensare che gli USA lascino una delle regioni europee più militarizzate dal Patto Atlantico. Il fatto che i malumori stiano aumentando in maniera esponenziale sia da destra che da sinistra è un fatto innegabile. Anche la mancanza di una risposta rapida e strutturata da parte dello stato dopo l’alluvione di Vicenza di pochi anni fa e le continue dispute tra enti locali e governo centrale, danno argomenti ai separatisti ben più concreti d’un orgoglio millenario ferito.
una galassia divisa
E bisogna notare anche un fatto ancora più importante: fino ad oggi la galassia indipendentista non ha certo brillato per coesione d’intenti, anzi, da quando la Liga Veneta s’è stancata del sodalizio con la Lega Nord nel 1997 per tornare ad essere un movimento autonomo, l’unica cosa per cui si sono distinti è stata la capacità di dividersi su ogni tematica. A parte i momentanei successi di Progetto Nord Est di una decina d’anni fa, ognuno dei piccoli movimenti ha raggiunto a livello regionale percentuali minime di consenso. Il referendum sull’indipendenza, tuttavia, è stato diverso. Sapendo forse di rischiare poco, vista la validità legale quasi nulla del medesimo, quasi nessun partito o movimento ha perso l’occasione di sostenere l’iniziativa nella sostanza, se non nel merito. È troppo presto per dire se il tessuto politico indipendentista stia riprendendo forma, ma per la prima volta la gente si sta raccogliendo di nuovo attorno al movimento.