Referendum: "Ce lo chiede l'Europa" non funziona più
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(Opinione) Il risultato uscito dalle urne non lascia spazio ad alcuna contestazione: 59,11% è una vittoria del No senza appello, ed una netta sconfitta del Sì e dei suoi principali sostenitori, Matteo Renzi e il suo governo. Ma non è una vittoria degli antieuropeisti, degli antisistema, dei Grillo e dei Salvini. È una vittoria degli italiani. Che quando li si ascolta si fanno sentire, eccome.
L’alba del giorno dopo porta con sé inevitabilmente una scia di domande. E c’è da ringraziare che l’alba sia arrivata: stando a quello che veniva dichiarato dal governo fino a 72 ore fa sul cosa sarebbe accaduto se il No avesse vinto, c’è da sorprendersi il cielo e la terra siano ancora al loro posto.
Quello che è veramente sorprendente (o forse no) tuttavia è il modo in cui questo è avvenuto. I numeri, certo, non danno adito a repliche di alcun tipo: il fatto che il 59,11% degli italiani abbia votato No è sicuramente un risultato che non si presta ad alcuna contestazione. Una bocciatura netta, decisa, inappellabile di una riforma raffazzonata, nata dall’idea sbagliata che i problemi dell’Italia nascano non dalla classe politica, ma dalla Costituzione. Sarebbe un po’ come non riuscire a vincere a calcio e cambiare per questo le regole del gioco, invece di imparare a giocare o cambiare allenatore e giocatori.
Già, dicevamo il modo. Il 68,48% degli italiani si è recato alle urne, e già questo mette a tacere tutte le voci degli ultimi anni che vedevano gli italiani sempre più disinteressati alla politica, percependosi dimenticati da un mondo a parte, fatto di corridoi e palazzi dalle finestre chiuse e rigorosamente insonorizzate. Questa è la migliore risposta possibile: quando le finestre vengono aperte, e gli italiani contano e soprattutto sentono di contare, gli italiani rispondono. E dicono di No ad una riforma che prometteva di cambiare tutto per non cambiare nulla. Ma, ancor più del "come", è interessante il "chi": il No più forte e assoluto arriva dal Sud, con punte anche del 70%. E questo si ricollega bene ad un’analisi fatta da YouTrend: nei 100 comuni con il più alto tasso di disoccupazione il No stravince, mentre vince a mani basse il Sì nei 100 comuni con il tasso di disoccupazione più basso. Come se non bastasse a dare un quadro chiaro della situazione, sono i giovani ad aver votato maggiormente per il No: secondo diversi exit poll, una percentuale oscillante tra il 70 e l’80% degli under 35 avrebbe espresso voto negativo. Il Sì vince solo tra gli over 55: in altre parole, la riforma del Premier rottamatore, giovane tra i giovani, è stata votata proprio da quelli che voleva rottamare.
Giovani e disoccupati hanno fatto passare chiaramente il messaggio che non sarebbe stata questa riforma a risolvere i problemi del Paese. E mettono a tacere anche le voci che accusavano i sostenitori del No di aver votato contro il governo Renzi, colpevole di aver inutilmente personalizzato il voto mettendo se stesso ed il proprio governo in gioco, e di non averlo fatto nel merito della riforma: il 54% di loro lo avrebbe fatto semplicemente perché in disaccordo con il testo, e con le priorità che esso suggeriva nell'azione legislativa. Certo, la componente di protesta riveste senza dubbio una parte importante, ma non è la sola. Cos’è questo No allora? Non incoscienza, senza dubbio, ma scontento, disillusione, desiderio di vedere qualcosa di diverso, paradossalmente un desiderio di cambiamento, vero e non di forma, di una classe politica autoreferenziale da troppo tempo incapace di rispondere ai temi che le vengono quotidianamente portati all’attenzione. Un No, appunto. Che viene da un popolo responsabile, capace di respingere una revisione costituzionale fallace e di ignorare gli spauracchi del "Eh ma Grillo", "Eh ma Salvini", "Eh ma i mercati". La risposta migliore possibile a chi accusava i sostenitori del No di votare senza cognizione di causa, e la dimostrazione di come questo risultato sia figlio dell’estrema arroganza e superbia di chi tale riforma ha tanto violentemente propugnato, che non appoggiano su stabili basi di conoscenza. Conoscenza del Paese reale, dei bisogni e delle istanze.
È una vittoria della Costituzione, della democrazia. Non di Berlusconi, non di Salvini, non dei 5 Stelle, degli euroscettici e degli antisistema che, tutti eccitati, si mettono in mostra di fronte alle telecamere: è una vittoria degli italiani. Non sarà un’occasione per la destra, ma per la sinistra. Sarà forse la volta buona in cui la sinistra tornerà ad essere "di sinistra", sottraendo terreno fertile e temi regalati ai tanto temuti "populisti", come il rivolgersi alla "pancia" del Paese, includendola. Non è una vittoria contro l’Europa, al contrario: è uno stimolo a migliorarla, con l’ammonimento che non serve prevaricare il popolo per implementare quell’Europa nella vita nazionale, ma bisogna semplicemente includerlo, facendo passare i provvedimenti con il dialogo e non a colpi di maggioranza. "Ce lo chiede l’Europa", in altre parole, non funziona più.
Forse, in futuro, quando si capirà che la chiave è il coinvolgimento e non la netta contrapposizione, che è il "decidere con" e non il “decidere per”, il leit motiv sarà "Lo abbiamo deciso con l’Europa". Ecco, questo suona già meglio.