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Reach, quanto mi costi

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Politica

Il nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche presenta il conto. Per l'industria e per gli animali. Ma la ricerca non ha detto l'ultima parola.

Bello ma caro. Così potrebbe essere definito Reach, il regolamento europeo sulle sostanze chimiche, approvato nel dicembre 2006 dall'Unione Europea. Del resto Reach – che sta per Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals – può vantare sin d'ora un record. Quello di essere il più ampio quadro normativo della storia comunitari. Ma Reach rappresenta anche, per quanto riguarda il settore chimico, la legislazione più progressista al mondo per impatto socio-economico, attenzione alla salute pubblica e tutela dell'ambiente. Questa legislazione ha però un prezzo economico.

«Più di due milioni di posti di lavoro in pericolo. Nella sola Germania»

L’industria chimica, infatti, con l'inversione dell'onere di prova, dovrà assumersi la responsabilità della certificazione di oltre 30.000 sostanze presenti sul mercato e di tutte quelle che saranno introdotte in futuro. Si capisce quindi come, sin dall'inizio dell'iter legislativo, gli industriali non abbiano nascosto le loro preoccupazioni. Nel 2002 un rapporto dello studio di consulenza Arthur D. Little – finanziato dalla Confederazione tedesca dell’industria Bdi – sosteneva che, nella sola Germania, l’introduzione di Reach avrebbe comportato, nel caso peggiore, la perdita di 2,35 milioni di posti di lavoro (leggi il documento). Gli studi dell’Unione delle Industrie Chimiche francese si ponevano sulla stessa linea di pensiero, quantificando gli oneri che la Francia avrebbe sofferto come pari all’1,6% del prodotto interno lordo della nazione (leggi il documento).

Nel 2003 fu poi la volta della Commissione Europea che, col suo studio, arrivava a conclusioni decisamente più moderate (e condivise). Il rapporto indicava che Reach non avrebbe avuto un impatto così nefasto sull’economia della chimica europea, tenendo anche conto delle numerose agevolazioni concesse per le piccole-medie imprese. I costi diretti a carico dell’industria europea per adempiere alle procedure di test e registrazione venivano stimati in 2,3 miliardi di euro nell’arco di 11 anni. Una cifra elevata ma pari allo 0,05% delle vendite con l'esclusione dei prodotti farmaceutici. Per contro, lo stesso rapporto europeo stimava in 50 miliardi di euro il beneficio economico, in trent’anni, in termini di salute pubblica: un rapporto di forze schiacciante che ha giocato un ruolo fondamentale nell’approvazione del testo definitivo con un'ampia maggioranza nell'Europarlamento. Del resto nel 2005, lo stesso Commissario europeo all'Industria, il tedesco Günther Verheugen, bollò come «esagerate» le cifre usate in passato dall’industria.

La ricerca sul genoma: un affare per tutti

Ma i costi restano. E oltre che dall’incremento delle pratiche burocratiche, la voce di spesa più forte sarà costituita dal moltiplicarsi del numero di test specifici richiesti per poter commercializzare una sostanza chimica. Secondo il National Toxicology Programme statunitense attualmente testare una sola sostanza costa tra i 2 e i 4 milioni di dollari e richiede un tempo medio di almeno tre anni. Non solo. La Lega Anti-Vivisezione denuncia che sarebbero necessari fino a 1700 animali per ogni singola sostanza: un argomento in più che ha spinto i legislatori europei a sostenere l’attività dell’Ecvam, (European Center for the Validation of Alternative Methods) per contenere il numero di test e incentivare lo sviluppo di metodi alternativi.

Che i test sugli animali siano destinati a essere abbandonati non è del resto una novità: l’autorevole rivista scientifica americana Nature ha già emesso una condanna senza appello nel Novembre 2005 considerandoli “non in grado di fornire dati precisi sulla tossicità per l’uomo”.

E allora? Allora tutti gli occhi sono oggi puntati sulla tossicogenomica, che studia gli effetti delle sostanze chimiche sul genoma delle cellule umane. In un'intervista a Repubblica del Gennaio 2006, Claude Reiss, tossicologo molecolare che ha lavorato per anni al Cnrs (Consiglio nazionale per la ricerca francese), calcola che il costo effettivo «potrebbe raggiungere i 5000 euro a sostanza». Secondo Reiss, allestendo un centro dedicato alla tossicogenomica, si avrebbe la possibilità di testare centinaia di sostanze contemporaneamente, abbattendo ulteriormente i costi e posizionandosi a un costo tra lo 0,25 e il 5 per cento del costo attuale dei test. Un affare per l’industria, gli animali e la salute pubblica.

Foto nel testo: Mickpedia/Flickr