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Razzismo e discriminazione: a Bruxelles lavoratori immigrati in difficoltà

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Translation by:

gabriele lanzi

società

Nella regione di Bruxelles la discriminazione è una realtà quotidiana. In questi tempi d’incertezza economica, la diversificazione etnica non è più una priorità per le imprese. Una difficoltà in più per l'integrazione in Belgio.

Gli immigrati sono le prime vittime sul mercato del lavoro e in una città tipicamente cosmopolita come Bruxelles il problema riguarda un numero consistente di abitanti. In effetti, città d'immigrazione, Bruxelles accoglie soprattutto immigrati provenienti da paesi membri dell'Ue.  I marocchini e i turchi (rispettivamente 7% e 12% degli immigrati in Belgio) arrivano nettamente dietro gli italiani, i francesi e gli olandesi. Se il tasso di disoccupazione è alto più del doppio per gli immigrati in generale, questi è quattro volte maggiore per quanto riguarda gli stranieri non europei. Nel novembre 2008 l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha tirato le orecchie al Belgio, che secondo il quotidiano la Libre Belgique è uno dei paesi dell'OCSE con il tasso di occupazione più basso per quanto riguarda le immigrate extracomunitarie. MichaÎl Privot, responsabile della rete europea contro il razzismo (Enar), afferma che «gli imprenditori, a parità di diploma e competenze, hanno la tendenza a scegliere prima i connazionali». Nel 2002, un patto sociale per l'impiego è stato siglato tra i soggetti sociali e il governo. Da allora la selezione del personale deve essere il riflesso della diversità della cittadinanza. Ma la situazione in concreto è ben diversa.

Riflettere sulla diversità

Manifestazione "Giornata per un lavoro decente", BruxellesPer risolvere la discriminazione ed entrare in un'ottica d’integrazione, molti specialisti si dicono favorevoli alla creazione di una percentuale obbligatoria di stranieri nelle imprese. Per François Haenecour, giurista del Movimento contro il razzismo, l'antisemitismo e la xenofobia (MRAX), queste misure di legge non sono sufficienti: «bisogna cambiare la mentalità nella società in generale. Oggi la nostra società è segnata da una perdita di riferimenti e di valori. Allora le minoranze che sono via via più visibili sono accusate di tutti i mali moderni. Rubano il lavoro, prendono le case....pregiudizi che si sono accentuati dopo gli attentati dell'11 settembre». Myriam Gérard, segretario generale della Confederazione dei sindacati cristiani (CSC) a Bruxelles, si batte anche contro gli stereotipi. Con un tasso di sindacalizzazione del 70%, le federazioni dei lavoratori hanno un peso molto importante sul campo. Alcuni gruppi si sono organizzati all'interno degli ambienti della imprese per combattere contro l'esclusione dei migranti : «si sente spesso dire che ci sono dei posti liberi, eppure, nelle imprese di pulizie, le liste d'attesa si allungano».

Le barriere linguistiche

Spesso meno qualificati, gli immigrati fanno domanda nei settori già ad alto tasso di precarietà (sono manovratori, commessi di cucina, operai...). La regione, un tempo zona industriale, non riesce più a offrire abbastanza posti di lavoro che possano ridurre la disoccupazione dei suoi abitanti meno qualificati. Al contrario, con le amministrazioni pubbliche, nazionali ed internazionali che s'installano in città, il settore terziario è considerevolmente cresciuto e rappresenta ormai il 47 % dell'offerta. Ma ben pochi sono quelli che gravitano intorno a queste sfere elitarie approfittando dell'internazionalizzazione di Bruxelles.

Dall'altro lato, la maggioranza dei giovani tra i 20 e i 35 anni, sotto qualificata, fa fatica ad integrarsi nella società belga attraverso il lavoro come avevano fatto i loro genitori. «E' una generazione perduta, condannata all'esclusione. Ci sarebbe quasi bisogno di un piano Marshall della formazione», si lamenta Michail Privot. Una gran parte della popolazione immigrata che ha seguito un'educazione francofona, soffre di deficit di competenza linguistica. Un handicap in questa regione della capitale, ufficialmente bilingue francese-fiammingo e dove si parla correntemente anche l'inglese. «La lingua è molto importante perché il mondo del lavoro è fortemente sotto influenza fiamminga», sottolinea Myriam Gérard.

Accedere ad un impiego non garantisce comunque sempre la fine delle discriminazioni. «Sono otto anni che lavoro nella stessa impresa - spiega un marocchino, impiegato in una società di servizi - ho sgobbato quasi tre anni per trovare questo posto e mi è ancora molto difficile ottenere una promozione».

Translated from Racisme et discrimination: les travailleurs immigrés en difficulté à Bruxelles