Quentin Dupieux : ai confini della 'Réalité'
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È giunta l'ora di prendere sul serio un artista e un autore che non prende niente sul serio. Stiamo parlando di Quentin Dupieux, alias Mr Oizo, musicista e regista che grazie al suo ultimo film, Réalité, si afferma come nuovo maȋtre dell'assurdo.
La realtà fa venire l’emicrania. Ce lo fa capire Quentin Dupieux, il cui ultimo film, Réalité, ha il merito (in questo caso lo è) di far uscire dalla sala lo spettatore con un mal di testa così profondo da fargli credere di avere un eczema interno alla testa, magari tale da farlo sanguinare da tutto il corpo, piccolo effetto collaterale da lui stesso suggerito. Ma cominciamo con ordine.
Un regista dietro la console
Quentin Dupieux è un musicista francese conosciuto come Mr. Oizo e attivo da una quindicina d’anni nella scena musicale electro. Dal 2002 il giovane parigino si reinventa regista per trasferire la stessa fabbrica mentale di schizofrenia creativa in immagini in movimento, e nel 2010 si fa notare a Cannes con il film Rubber. A partire dal suo pseudonimo (Oizo letto alla francese assomiglia foneticamente al termine 'oiseau', uccello), Dupieux sfoggia un gusto per l’assurdo e per un’ironia provocatrice, frutto, a suo dire, del suo impegno nel fare dell’arte senza impegno, “a caso”, divertendosi, senza riflettere.
I titoli delle canzoni, dei suoi film, le sue sceneggiature, tutto l’universo di Dupieux/Oizo suggerisce l’inversione insolita della logica e dell’apparenza delle cose: lui è un regista che è essenzialmente un musicista, Nonfilm tratta di un film che forse è un altro film, Wrong Cops di poliziotti che non diremmo proprio poliziotti, Réalité di una realtà che non si decide a essere realtà. Surreale come Michel Gondry – ma senza la sua vena romantica – e underground come Gaspar Noé – ma senza la sua vena violenta – il format anarchico della commedia grottesca di Dupieux non ha equivalenti attualmente in Francia. Con quest’ultimo lungometraggio, l’autore riassume e completa il suo percorso artistico, dirigendo un sogno i cui fili si intrecciano fino a svanire nel dubbio della finzione. Pur essendo convinto che, come la materia onirica evocata, certi film non richiedano necessariamente uno sforzo di ordinata e ordinaria spiegazione razionale, ecco di seguito qualche breve elemento, se non di comprensione, di lettura e di riflessione.
Le realtà dell'immaginazione
Siamo in California, patria della “fabbrica dei sogni” di Hollywood, luogo che vive di non realtà come il cinema di Dupieux. Un cameraman sogna di fare un film horror in cui le televisioni emanano delle onde talmente potenti che fanno sanguinare le persone, le quali, una volta assimilate le onde, le trasmettono a loro volta e ne muoiono, fino alla scomparsa della specie umana e una fine “senza speranza”. Questo contatto pericoloso tra uomo e artificio, tra realtà e finzione (e immaginazione), è il nodo filmico di Réalité, che soffoca lo spettatore in un inconscio che si fa racconto, fabula corale.
Un attore travestito da coniglio crede, da buon “malato immaginario”, di avere un eczema alla pelle che nessuno vede; un preside di una scuola ama vestirsi da donna ma crede di farlo solo nei sogni; una bambina chiamata Reality vede una videocassetta dentro le interiora di un cinghiale ma nessuno le crede; un regista “geniale”, ex documentarista, tratta la realtà come una messa in scena e la manipola per creare suspense; il cameraman già citato cerca in tutti i modi di registrare per il suo film il gemito perfetto di dolore e finisce in manicomio.
Réalité (2015) - Trailer
Tutti i ruoli presenti - il regista, la psicanalista, i personaggi travestiti, la bambina - hanno a che fare generalmente con il sogno e l’invenzione di realtà parallele. L'insieme dei piani testuali si incrocia senza soluzione di continuità, le narrazioni scivolano uno dentro l’altra, creando un rebus che ha la (non)logica di un sogno, un rebus a cui il regista non tiene a dare una soluzione. Gli incubi invadono la realtà, formata da segmenti che si ripetono e si intrecciano. La bambina Reality è la Realtà che si rende conto della finzione: è ossessionata dal contenuto di una videocassetta (oggetto di registrazione, mise en scène) ed è a sua volta osservata, diretta e intrappolata in una narrazione dal personaggio regista, il quale agisce nell’ombra riproducendo attimi “veri” di realtà intimandole di addormentarsi. La Realtà si addormenta, il Sogno (o l’incubo) si sveglia e a un certo punto non sappiamo più in che dimensione ci troviamo. Il cameraman si sdoppia, vive in diversi piani fisici, spaziali e temporali e arriva perfino a vedere il film che sogna di realizzare già proiettato in un cinema. Esclama allora al pubblico: «Uscite dalla sala! Questo film non esiste! Non è ancora stato fatto!».
Il cinema è sogno, la realtà è un eczema sognato
Quale realtà riflette il cinema se non quella racchiusa nella testa di chi la registra? Questa realtà parallela, interna e onirica, può forse fuoriuscire ed essere visibile all’esterno, diventando materia condivisa e mescolandosi alle realtà “personali” degli altri? In fondo non è questo intrecciarsi confuso di realtà “personali”, tra veglia, sogno e incubo, ciò che chiamiamo Realtà (o Cinema)?
Nella ipnotica scena finale, il dottore - che ha un vero eczema sul volto al contrario del suo paziente - ripete all’attore travestito da coniglio che l’eczema di quest’ultimo è interno, unicamente nella sua testa. Lo dice guardando in “macchina” e quindi il pubblico, noi stessi. Al termine di questo tunnel delirante, siamo dunque coinvolti direttamente in questa interrogazione senza fine: ciò che pensi che appaia in superficie, in verità si trova solo dentro la tua mente. Ma ormai la contaminazione ha avuto luogo.