Quella voglia di riarmo che viene dall’est
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I governi dell’Europa centro-orientale reclamano a gran voce il braccio armato degli Stati Uniti, anche quando esso vorrebbe tendere fiori. Fra vere o presunte ombre del passato e inquietudini del futuro, si svelano “segreti” desideri di militarizzazione.
Camminando per le strade di Praga, capita di imbattersi nei military shops, negozi che propongono divise mimetiche, armi e attrezzature militari, oppure nei manifesti pubblicitari della polizia che ritraggono agenti in atteggiamento da James Bond sovrastati dalla scritta “azione Praga”, o in volantini di poligoni di tiro che regalano foto ricordo mentre si spara “con pistole vere”. Quelle che possono sembrare bizzarrie sono in realtà spie di un sentimento strisciante che non andrebbe sottovalutato: il nazionalismo e il militarismo in ascesa.
Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane
Il disinteresse dei giovani verso le questioni politiche, d'altro lato, finisce per avvallare passivamente l’idea della politica estera fatta coi muscoli dei partiti di centro-destra.
Ai giovani cechi sono estranee le proteste contro la Nato o i G8: alle piccole manifestazioni contro lo scudo missilistico americano a Praga, molti giovani erano tedeschi, italiani e americani.
Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane, dice il proverbio. Così capita che da un lato ci sia chi critica la presenza militare statunitense, percepita come imperialistica, e dall’altro chi teme di essere “messo da parte” nella sfera d’interesse americana: è il caso della Polonia e della Repubblica ceca, ma anche della Romania, prima “lusingati” da Bush con il piano di scudo missilistico contro gli “stati canaglia” e poi “profondamente delusi” dalla decisione di Barack Obama di fermare il progetto.
Nobel per la pace? No, un «codardo»
Ebbene sì, nonostante il presidente del paese più influente del mondo parli finalmente la lingua della diplomazia e si muova per il disarmo, ci sono paesi che puntano i piedi, e che chiedono i “vecchi metodi” di G. W. Bush. La prima è proprio la Praga, dove ad aprile Obama parlava di disarmo nucleare, l’argomento che più di tutti gli è valso il Nobel per la pace. «Codardo», lo ha chiamato Jan Vidím, il presidente della commissione parlamentare per la difesa, mentre il capo del governo polacco Donald Tusk si è detto «preoccupato» dal venir meno dell’interesse americano verso i suoi alleati. «I passi fatti verso la Russia portano a chiedersi se gli Usa non stiano abbandonando l’Europa centro-orientale in cambio di relazioni migliori con Mosca», ha rincarato indispettito l’ex primo ministro ceco Mirek Topolánek.
Già, perché ciò che veramente preoccupa i leader europei centrorientali è la distensione di Washington con Mosca, d’altronde i missili piacevano tanto proprio perché al Cremlino non piacevano per niente. «Dare il Nobel a chi non lotta contro la Russia svaluta il premio stesso», si legge sul blog di uno dei giornalisti del giornale polacco Gazeta. Non è quindi difficile capire perché in Europa orientale la popolarità di Obama sia relativamente bassa.
E non dimenticarti degli amici…
Auto-sottomettendosi ad una superpotenza per liberarsi da un’altra, i leader di Polonia e Repubblica ceca sembrano ragionare ancora in termini da guerra fredda: «gGli americani non sono più interessati a questa regione. È una cattiva notizia per la Repubblica ceca», ha annunciato alle radio ceche Topolánek. In una lettera aperta, definita «ingenua» dall’Economist, Václav Hável (“eroe nazionale” nella lotta al regime comunista, che tanto d’accordo andava con Bush) ha scritto a Obama affinché «insista con il sistema missilistico», ignorando le «striscianti intimidazioni russe», e non abbandoni i suoi alleati «profondamente pro-americani». «Ci chiedono di rischiare una terza guerra mondiale», è il commento Usa.
La Polonia, dal canto suo, ha chiesto il trasferimento delle testate nucleari americane dalla Germania al suo territorio, e poiché i fan del riarmo non demordono, Obama ha dovuto mandare il suo vice Joe Biden per promettere qualcosa che li possa accontentare: un nuovo scudo missilistico versione light.
Cavalli di Troia
«Il progetto di Bush non era diretto solo contro un’inesistente minaccia iraniana, e nei fatti contro la Russia», dice Alexander Pikayev del Carnegie Moscow Center, «ma doveva aiutare a dividere l’Ue. I cechi e i polacchi dovevano giocare il ruolo dei cavalli di Troia».
In effetti tanto la Polonia quanto la Repubblica Ceca da un lato hanno dato un colpo all’integrazione europea, ratificando a fatica e malvolentieri il trattato di Lisbona nonché optando per l’esonero dalla Carta fondamentale dei diritti dell’Ue, dall’altro dimostrano uno smanioso desiderio di promettere rischiosi accordi bilaterali con gli Stati Uniti per il riarmo. In barba all’Europa unita, che ha tutto da perderci.