Quando ad Est finì la guerra, non l’occupazione
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daniela salernoI capi di Stato di tutto il mondo prendono parte alle celebrazioni moscovite che segnano la liberazione dell’Europa dal nazismo. Un anniversario però, che scatena le polemiche. Nelle repubbliche baltiche e in Polonia.
Si suppone che la fine della Seconda Guerra mondiale venga celebrata come la vittoria sul fascismo e la sconfitta della Germania nazista. Ma cosa accade se la fine della secondo grande conflitto che l’Europa ha vissuto segna anche l’inizio dell’occupazione sovietica del tuo paese, durata fino al 1991, com'è il caso dei tre paesi baltici di Lettonia, Lituania ed Estonia? Cosa accade se l’Armata Rossa di liberazione si trasforma in esercito di occupazione che ha permesso all’Unione sovietica di imporre le sue idee ed il suo sistema politico sul tuo paese per 45 anni, come nel caso della Polonia? E se fai parte di uno di questi paesi o sei addirittura il capo di Stato, non ti sentiresti un pò a disagio o, diciamolo, decisamente arrabbiato all’idea di andare a Mosca col rischio di diffondere il messaggio che la tua presenza, in qualche modo, legittima i risultati dell’Armata rossa, il corpo militare che ha giocato un ruolo fondamentale nella sconfitta di Hitler ma che ha anche rafforzato il predominio di governi comunisti divenuti satelliti di Stalin in Polonia, Cecoslovacchia (la attuali Repubblica ceca e Slovacchia), Ungheria, Romania, Bulgaria e Germania orientale?
Due facce della stessa moneta
Per i molti che hanno vissuto gli anni di sofferenze e di stenti sotto il comunismo o che continuano ad avvertire il suo effetto prolungarsi fino ai giorni nostri, la frustrazione di veder la Russia accettare il contributo sovietico alla fine della Seconda Guerra mondiale ma non il riconoscimento del modo in cui i risultati della guerra abbiano lasciato spianata la strada all’influenza sovietica nel mondo occidentale, è difficile da mandar giù. Dei tre rappresentanti baltici invitati a presenziare alla commemorazione, solo il Presidente Vaira Vike-Freiberga della Lettonia sarà presente. Lei stessa aveva già aspramente criticato il Cremlino con un comunicato diffuso lo scorso gennaio in merito all’anniversario del 9 maggio col quale esprimeva in chiare lettere che la vergogna per l’inizio della guerra doveva essere divisa in parti uguali tra Hitler e Stalin. Facendo riferimento al Patto di non aggressione del 1939 – quando Hitler decise di assegnare ai sovietici gli stati Baltici e la Polonia orientale, come ringraziamento per non essersi impegnati in una potenziale futura guerra contro la Germania – ha ribadito: “probabilmente il conflitto più devastante dell’umanità non avrebbe avuto luogo se i due regimi totalitari della Germania nazista e dell’Unione sovietica si fossero accordati per spartirsi fra loro in segreto gli Stati dell’Europa orientale”.
“Attenti a non ferire l’orgoglio russo”
Anche in Polonia si è ampiamente discussa la partecipazione del Presidente Aleksander Kwasniewski alle celebrazioni. Per quanto egli stesso condivida il desiderio della Lettonia di riconoscere le miserie post-belliche patite dai paesi sotto il comunismo, ha giustificato la sua scelta di partecipare sottolineando che “non dovremmo dimenticare i comuni soldati russi che hanno liberato la Polonia e gli amici del nostro paese”. Sia questo o no il motivo principale che lo ha spinto ad andare, bisogna anche considerare il fatto che più volte ha ripetuto l’importanza di “ferire l’orgoglio della nazione russa, perché ciò potrebbe comportare delle conseguenze per le nostre relazioni future”, frase di libera interpretazione. Anche se Kwasniewski resta fermo nella sua volontà di far dire la verità in questo 9 maggio. E’ per questo che la maggior parte dei polacchi lo sostiene nella sua scelta di recarsi a Mosca.
Anniversario simbolo di riconciliazione
Secondo il Presidente Putin, la Russia vorrebbe che le celebrazioni nella Piazza Rossa di Mosca siano un “simbolo di riconciliazione per tutta Europa”. E’ anche il tema appropriato per un evento di questa portata, visti i rapporti tesi tra gli stati europei alla fine della Guerra, sia per i più recenti avvenimenti come la riunificazione dell’Europa con l’adesione di otto paesi post-comunisti all’Unione europea. Se il Presidente Putin è veramente interessato ad un’azione rivolta a simboleggiare questa riconciliazione, potrebbe forse considerare l’opportunità di dire o fare qualcosa in tal senso.
Vero è che la Russia non è l’Unione sovietica e non dovrebbe quindi farsi carico di tutto il suo bagaglio. D’altra parte, se la Russia volesse superare la nebbia delle amarezze che ancora perdura presso le repubbliche baltiche e presso tutte le ex nazioni satelliti, non potrebbe esserci momento migliore, per riconoscerla e per cercare di dissiparla, alfine di migliorarne i rapporti. Invece, senza proferire alcuna parola di condanna verso i crimini sovietici, lasciando addirittura da parte il benchè minimo riconoscimento delle conseguenze pre e post-belliche dell’Unione sovietica sui paesi baltici e sull’ex blocco orientale, sarebbe forse un pò troppo attendersi che i capi di queste nazioni stiano sulla Piazza Rossa a guardare, come se nulla fosse, le parate dei soldati russi.
Translated from End of the War but not of occupation