Prolegomena alla rivoluzione globale
Published on
E' una guerra di religione (post-moderna) quella che i nuovi sacerdoti del Capitalismo americano si apprestano a scatenare. La sfida, per gli spiriti liberi, diventa quella di una nuova laicità. Da difendere.
L'11 settembre abbiamo scoperto cosa covava sotto le ceneri del muro di Berlino.
Il Pentagono in fiamme, il WTC letteralmente sbriciolato, il presidente alla mercé dei militari a bordo del suo Air Force One. Situazioni tanto irreali che mi ha fatto quasi pensare ad un colpo di stato, il primo golpe americano. Siamo così poco abituati a vedere ingerenze negli affari interni degli Stati Uniti d'America che la mia prima ipotesi a caldo è stata quella di un problema interno. Del più forte apparato militare del mondo che per la prima volta si affrancava dalla tutela della politica e metteva a soqquadro il centro del mondo. E' solo una teoria cospiratoria. Tra le tante altre.
Ed ora tutti abbiamo paura. Rischiamo improvvisamente di non poter più bere una strana bevanda nera. Abbiamo il dovere di esprimere un cordoglio unanime per le vittime. Ma quando mi riabbottono la giacca, mi accorgo che gli americani non fanno troppo per piacere ad una certa parte del mondo.
Quello che si è consumato ieri è solo il capitolo più appariscente della lotta latente che impegna migliaia di donne e di uomini nel mondo contro gli Stati Uniti e la loro ideologia. Popolo dei "no-global", fondamentalisti islamici, nostalgici del comunismo e delle altre ideologie più o meno ben sepolte, gli stessi euronazionalisti, tutti accomunati da una dissidenza nei confronti di ciò che alcuni hanno definito il "pensiero unico". E' difficile vedere in questi movimenti, tanto variegati, un fronte unitario, ma è facile intuire come tutte queste realtà si siano nutrite sotto le ceneri del muro di Berlino delle grandi contraddizioni che il modello americano ha reso sempre più manifeste da quando non esistono più alternative politiche, ideologiche, economiche e di dominio internazionale.
La cartina di tornasole di tale situazione è data dalla politica estera degli Stati uniti nei confronti del mondo arabo e di quello islamico, in generale. Una linea politica che tende a favorire dei governi "moderati", i quali se hanno il pregio di evitare ogni ingerenza nel business delle multinazionali del petrolio e se aprono i suoli sacri dell'islam alle armate degli infedeli, esercitano un controllo militare sulla società locale attuando politiche conservatrici ed arretrate che frustrano le aspirazioni della parte più dinamica della società.
Non è dunque solo la questione palestinese ad agire da detonatore alle passioni che pervadono le masse del modo musulmano. Ad alimentare il furore di quanti hanno fatto della "Jihad" la loro parola d'ordine è anche una miscela di vecchi rancori, di recenti frustrazioni, di settarismi integralisti, di suggestioni palingenetiche, via via confluiti in un odio anti-americano che giunge a creare un'alterità ed un dualismo tra l'occidente capitalista e l'oriente islamico.
Sono gli studenti ribelli, i giovani di belle speranze, i cuori affamati di verità che senza prospettive finiscono per confluire in un integralismo religioso che non modernizza, e non vuole modernizzare, ma promette una redenzione, identifica un nemico, parla di rivoluzione.
Ed allora mi chiedo se anche il capitalismo non si sia trasformato in una sorta di religione, dopo essere stato modo di produzione e, successivamente, ideologia. Ed allora mi accorgo che questo capitalismo non contempla più ipotesi alternative a sé stesso. Ha un sistema di valori, a scanso del pluralismo proclamato. Ha i suoi riti ed i suoi sacerdoti. Ha una carica passionale intorno a sé. Decide chi è buono e chi è cattivo. Identifica l'altro.
Ma un sistema puramente economico non sarebbe in grado di fare tutto ciò. Si deve parlare non di scontro tra civiltà, ma di guerra tra religioni. Una antica religione del mondo orientale, retriva, illiberale, antiquata quanto volete; ed un'altra religione, quella dell'occidente. Apparentemente più liberale, più aperta, più postmoderna, se mi è consentito di usare questo termine.
Chi davvero libero vuol essere. Chi non vuole lasciarsi trasportare dal vento delle passioni religiose. Chi davvero vuole essere imparziale e laico di fronte agli eventi guardi ciò che accade secondo questa ottica. Vogliamo mille nuovi Giordano Bruno, vogliamo trenta Galileo, vogliamo qualche San Tommaso.
Vogliamo parole, non fatti. Le parole che ci mancano per descrivere il mondo.