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Processo di Bologna: l’università francese “in svendita”

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Default profile picture Elisa Ponassi

società

La Francia è febbricitante. Il risentimento nei confronti del Processo di Bologna, accompagnato dalle conseguenze della crisi economica, ha mobilitato gli studenti in uno sciopero generale e “anti-privatizzazione”. Focus su Clermont-Ferrand.

Nei corridoi e nelle aule dei centri universitari di Clermont-Ferrand – patria della Michelin e dell’ex Presidente centrista Valéry Giscard d’Estaing – il Ministro dell’Istruzione e della Ricerca, Valéerie Pécresse, sta facendo parlare di sé a causa della legge che porta il suo nome e che si vuole far entrare in vigore il prima possibile. La legge contempla che, nell’arco di cinque anni, le università possano sollecitare l’autonomia tanto a livello finanziario quanto in quello della gestione delle risorse umane. Quale autonomia? Ricorrere al capitale privato per finanziare la ricerca e autonomia del rettore di ogni università nel decidere sulla selezione e gli orari di lavoro dei docenti e dei ricercatori.

©Ernest Morales/ flickr

I rettori vedono positivamente questa legge

©France3 Auvergne/ dailymotionPhilippe Dulbecco, rettore dell’Università di Alvernia a Clermont-Ferrand, afferma che la legge, in vigore dal 1° gennaio 2009 in venti istituti francesi, permette che ogni università scelga il suo modello di sviluppo. «Vogliamo investire nell’ambito della ricerca e del dottorato, in programmi di mobilità e nel rafforzamento dei vincoli con l’industria, così come con la Romania, l’Ucraina, la Bielorussa e la Cina, dove già siamo presenti», afferma Dulbecco, che crede che il carattere autonomo dell’università faciliterà la gestione delle risorse mettendo a disposizione dello studente, “futuro ambasciatore”, una rosa di competenze che faciliteranno la ricerca di lavoro e il suo futuro professionale. Nel caso dell’Università Blaise Pascal, anch’essa a Clermont-Ferrand, la situazione viene descritta in modo differente. Non essendo ancora entrata in vigore la legge, il clima che si respira è di attesa. Il suo rettore, Nadine Lavignotte, sostiene che «in uno scenario europeo in cui l’educazione sta attraversando periodi di pressione e di profondo cambiamento, legati al Processo di Bologna, è normale che l’introduzione della legge susciti una certa insicurezza». E continua: «Si tratta di una legge che preoccupa, dato che implica una decentralizzazione e un cambio rapido in profondità. Forse l’aspetto più vantaggioso sarà la possibilità di fare un’analisi, da un punto di vista esterno, del funzionamento e dei metodi di gestione universitari». I rettori di entrambe le università sono d’accordo sul fatto che la ricerca, la mobilità e il cambio pedagogico siano gli ambiti che richiedono un intervento immediato e verso i quali sarà diretto il settore del budget.

Gli studenti manifestano

In mezzo all’esasperazione nazionale che è derivata dall’introduzione di direttive e riforme educative europee, la protesta contro la “Lru” – nome che gli studenti francesi più comunemente usano per riferirsi alla Legge Pécrese – risuona nei corridoi di entrambe le università. Nella città di Clermont-Ferrand sono due le associazioni o sindacati studenteschi che danno voce alle loro lamentele e alla loro impotenza davanti all’introduzione della «maledetta legge». Florent Naranjo, studente di storia e membro dell’Unef, il principale sindacato studentesco, giudica aberrante la privatizzazione del servizio pubblico: «L’educazione non è un privilegio, bensì un servizio pubblico di qualità per tutti», dice Florent, che mette in evidenza la ripercussione negativa della legge per quanto riguarda le risorse umane e finanziarie. Con un obiettivo simile, ma con un approccio un po’ differente, Agec (Associazione Generale degli Studenti di Clermont-Ferrand) si mostra «aperta al dialogo», dichiara Simon Bernet, studente di diritto e membro del comitato di redazione del giornale universitario Le canard Engagé. Secondo Simon c’è un’assenza di comunicazione e ciò che la Agec persegue è di realizzare una critica costruttiva, attraverso la via diplomatica, e fomentare il dialogo su come allearsi per trovare soluzione a questa situazione insostenibile. Sono molti gli studenti e professori francesi che vogliono divulgare e avvertire che «si avvicina una perdita di uguaglianza e finanziamento delle facoltà, così come una riduzione del personale e dei docenti nei centri universitari».

Una protesta europea

Lo hanno già dimostrato i greci, gli spagnoli e gli italiani compiendo i primi passi: le università in Europa sono unite da un sentimento “anti-riforma”. Ora è il turno della Francia, che ha iniziato il 2009 più attiva che mai. Le proteste anti sistema dei giovani greci degli ultimi mesi sono legate alla frustrazione rispetto al loro futuro professionale e allo sfasamento tra le loro aspirazioni e ciò che l’Università offre. In Spagna, la reazione anti-Bologna ha obbligato il Capo del Governo, Zapatero, ad annunciare cambi e un aumento nel numero delle borse di studio. Come se non bastasse, il 10 febbraio, il personale docente-ricercatore in Francia si è unito alle manifestazioni contro le riforme di Pécresse nelle principali città francesi, dopo che il Ministro si era impegnato, il giorno precedente, a “riesaminare” il suo progetto di decreto. L’affollamento delle vie parla da solo: le sue parole non sono state accolte con fiducia, almeno dai manifestanti – tra i 43mila e i 100mila – che sono scesi in piazza a Parigi, Lione, Grenoble e Clermont-Ferrand. E la Unef di Clermont già aveva avvisato, con la sua valanga di volantini fluorescenti, che in pochi sarebbero mancati all’appuntamento dello scorso 29 gennaio e, quindi, a tutti gli altri, per lottare per il proprio futuro che proprio ora è «in piena svendita». L’ultima novità ora è la nomina di una mediatrice tra il Ministro e i docenti per redigere un nuovo testo legislativo.

Translated from Proceso de Bolonia: la universidad francesa en época de rebajas