Prima il rispetto, poi la libertà
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Giro di vite del governo laburista di Tony Blair. Che lancia la campagna Respect. Per arginare la microcriminalità. E aggiornare il concetto di libertà in una società multiculturale.
How do we live together? Come convivere con gli altri? È la domanda alla base della scienza politica di ogni tempo. Come evitare che la libertà di uno non vada ad arrecare danno a quella di un altro? Se lo chiedevano i filosofi greci nella polis; se lo chiedeva, più di recente, J.S. Mill quando pensava che «la tua libertà di tirare un pugno finisce quando inizia il mio naso».
«Ripensare il concetto di libertà»
Il governo del premier britannico Tony Blair ha recentemente lanciato la campagna Respect, proponendosi di «ripensare la natura stessa del concetto di libertà, in una società moderna e sviluppata come quella britannica» come suggerito dallo stesso leader laburista in un discorso del 10 gennaio. Lo scenario è quello di una società britannica dove i problemi legati alla microcriminalità raggiungono spesso livelli allarmanti. Ma il tema è d’interesse europeo: basti pensare al saccheggio, durante la notte di Capodanno, del treno Nizza-Lione da parte di una banda di giovani ladruncoli o al sostanziale coprifuoco che scatta in molte periferie di città europee non appena cala l’oscurità.
Il problema è costituito dalla mancanza di “rispetto” che sta pervadendo ampi settori della società contemporanea, degenerando poi in comportamenti criminosi e anti-sociali. «Le istituzioni – sostiene Blair – non possono ignorare questo fenomeno».
La società multiculturale ha bisogno di regole
L’idea di partenza è semplice: «la libertà dalla paura del crimine dei cittadini rispettosi della legge deve avere la precedenza su tutto». Il leader laburista fa aperto riferimento ai due principi cardine del sistema giuridico britannico: proteggere l’innocente da un’ingiusta condanna; proteggere i cittadini dal crimine. «Nella teoria – dice – questi due principi sono rispettati, ma nella pratica il secondo viene costantemente calpestato».
Questo accade perchè «la teoria giuridica ragiona come se si fosse ancora nel Diciannovesimo o agli inizi del Ventesimo secolo. La pratica invece è quella di una società moderna, culturalmente e socialmente diversa». Urgono quindi nuove misure per abilitare polizia, comunità e agenzie locali a combattere il crimine con i giusti mezzi.
Poteri sommari alla polizia. Le associazioni insorgono
La ricetta è forte: «poteri sommari e diritto di appello». Per quel che concerne l’onere della prova in particolare, si tratta di una vera e propria rivoluzione giuridica; si viene puniti subito, on the spot.
Se si è convinti della propria innocenza, c’è successivamente la possibilità di fare ricorso contro la sanzione, attivando così il normale iter giudiziario. «Tutto il resto è teoria – dice Blair – amata da gran parte dell’establishment politico e giuridico ma completamente inutile per il cittadino in strada».
L’associazione per i diritti umani Liberty ha tuonato: «proposte mostruose che includono poteri di giustizia sommaria e dove la presunzione di innocenza è considerata un principio ingombrante». Critiche che sembrano non scalfire quello che è il pensiero di fondo del primo ministro, secondo cui «essere membro della nostra società comporta responsabilità oltrechè diritti; e noi vogliamo che ambedue vengano rispettati».