Presidenziali in Ucraina: prime elezioni dopo la Rivoluzione dimenticata
Published on
Translation by:
Alba FortiniLa battaglia elettorale ha bloccato il Paese: il Parlamento non ha il numero legale di deputati e non è stato presentato un bilancio per l’anno in corso. Così il Fondo Monetario Internazionale e l’Ue hanno bloccato i crediti promessi.
«La crisi, cosa succede?» chiede un giovane banchiere disoccupato in un bar della capitale ucraina. Il suo sogno è stato infranto: sono rimasti solo i debiti fin sopra le orecchie, la consapevolezza che la mattina dopo si sentirà scoppiare la testa e la speranza che in qualche modo, dopo le elezioni, tutto torni a posto.
Il 17 gennaio in Ucraina si svolgeranno le prime elezioni presidenziali dopo la cosiddetta Rivoluzione arancione del 2004-2005. Gli attori del 2010 sono gli stessi di cinque anni fa: Viktor Juščenko, che vuole difendere la presidenza da Julia Timošenko, sua ex alleata ed ora rivale, e da Viktor Janukovič, suo rivale oggi come allora. Per il Presidente in carica si tratta di sopravvivenza politica, poiché secondo i sondaggi è in netto svantaggio rispetto a Janukovič ed alla Timošenko, che hanno quasi il 30%. Juščenko può approfittare solo del fatto che nessuno dei candidati riesca ad entusiasmare i propri sostenitori. Se nel 2004 gli Ucraini sono andati alle urne con fervore e speranza nel cambiamento e in un futuro migliore, oggi è la disillusione a regnare.
2009, un anno disastroso
Gli anni precedenti sono stati complicati per l’Ucraina, ma il 2009 è stato un vero disastro per il Paese. A gennaio, quando la Russia ha chiuso i rubinetti del gas, c’era già una forte aria di crisi. Nel frattempo, è aumentata di nuovo la lotta per il potere fra la Timošenko e Juščenko. Di conseguenza il Parlamento è rimasto bloccato, mentre ovunque ci si preoccupava per la minaccia di bancarotta dello Stato. A tutto ciò si è aggiunta l’influenza suina e ora anche la lotta elettorale, che, nonostante le sollecitazioni, ha fermato tutte le riforme importanti: la Verchovna Rada (Il Parlamento ucraino, ndr) non ha ancora trovato un accordo per il bilancio di quest’anno e, secondo gli osservatori presenti a Kiev, non lo troverà almeno fino a febbraio
Il Paese è allo sbando
Nel 2009 la produzione industriale è diminuita ulteriormente del 26,4% rispetto al 2008, annata già di per sé negativa, e nel terzo trimestre del 2009 il PIL era sotto di 15 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di fronte al declino dell’economia, i fondi internazionali destinati al Paese sono stati bloccati. La Timošenko stessa, durante il discorso di fine anno, ha affermato che nel 2009 lo Stato ha evitato la bancarotta solo grazie ai prestiti internazionali. Istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) o l’Unione europea, però, hanno subordinato i crediti per l’Ucraina a severe misure di risparmio, a riforme relative agli acquisti pubblici dello Stato ed al poco trasparente settore statale del rifornimento di gas. FMI e Ue richiedono in particolare l’aumento dei prezzi per gli acquirenti privati, misura che secondo i candidati non poteva assolutamente essere approvata durante la campagna elettorale.
Di conseguenza il FMI ha bloccato a tempo indeterminato la quarta tranche di un credito che ammonta a 16,4 miliardi di dollari, e l’Ue, dopo aver ostentato distanza e aver criticato in maniera decisa il Governo ucraino durante un vertice con lo stesso avvenuto ad inizio dicembre, non vuole concedere un credito di 600 milioni.
Le elezioni in cifre
Entro la fine del periodo elettorale, però, succederà ben poco che possa far cambiare idea ai finanziatori internazionali: secondo ogni logica elettorale, al centro della campagna ci sono, infatti, le questioni sociali più urgenti, che non sono certo il tema preferito del FMI e dell’Ue. Quando a Juščenko è venuta improvvisamente l’idea di aumentare del 20% gli stipendi e le pensioni, la Timošenko ha accusato il Presidente di spaventare i finanziatori internazionali con le sue affermazioni, al fine di prosciugare il budget del primo ministro e poter ancora vincere le elezioni.
Sebbene meno apertamente, anche la Timošenko promette ai suoi elettori sicurezze difficili da finanziare. Non importa che la politica sociale non faccia parte dei compiti della presidenza, e neanche che lo Stato sia piuttosto al verde.
Il nuovo Presidente, però, probabilmente non sarà eletto il 17 gennaio. Dmitry Yaroš, del quotidiano Invest Gazeta, ritiene che la decisione definitiva sarà presa solo in maggio e che «bisogna aspettarsi che il risultato delle elezioni venga messo in discussione facendo appello alla Corte Costituzionale. Poi resta da vedere – continua Yaroš - se la nuova persona eletta a capo dello Stato non deciderà di sciogliere subito il Parlamento per creare delle maggioranze a proprio piacimento, impaurendo anche gli investitori internazionali che al momento non prendono ancora posizione», ed aggiunge che almeno sembra intravedersi una luce alla fine del tunnel.
In effetti, alla fine del 2009 si è verificato un miglioramento dell’economia, o almeno, rispetto all’anno precedente, un rallentamento della recessione. Il tasso di disoccupazione è comunque alto: ufficialmente i disoccupati sono circa il 4%, ma la registrazione presenta molte lacune e si ritiene che siano piuttosto tra il 12% e il 20%. Al Ministero dell’Economia di Kiev, però, germoglia nuovamente un timido ottimismo. Nel 2010 il PIL potrebbe registrare un nuovo aumento, forse del 3% o del 4%: il sogno di ogni Ministro delle Finanze.
Foto: Rivoluzione arancione di Antonis SHEN/flickr; I tre candidati alle elezioni ucraine di ©maiak.info/flickr www.maiak.info; ©Antonis SHEN/flickr; ©the waving cat/flickr
Translated from Wirtschaftskrise, Wahlkampf, Worthülsen in der Ukraine: Orange war gestern