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Politici immigrati: l'Italia e il resto d'Europa

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Politica

Non basta essere donna. Non è sufficiente essere nera. Quello che fa davvero paura è che alle due temibili caratteristiche si aggiunga l’assunzione di un ruolo politico di primo piano: Ministro della Repubblica Italiana.

È quello che è successo a Cécile Kyenge neoministra di origine congolese, residente in Italia da circa 30 anni e cittadina italiana, che ha involontariamente collezionato un'infinita serie di attacchi verbali. Ma chi è venuto prima di lei in Europa?

Donna, nera e ministro. Ancora peggio: Ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione. Una combinazione di elementi difficile da accettare da parte degli esponenti leghisti, dei rappresentanti di Forza Nuova, da qualche prete di provincia e da alcune voci cattive e impaurite. Il ministro Kyenge non ha sbagliato ancora nulla, perché non ne ha avuto neanche il tempo. Non ha sciorinato discorsi inconcludenti, ha parlato solo di diritti auspicabili per un paese che mirerebbe all'ordinaria civiltà – d’obbligo il condizionale e l’incertezza; non ha alzato la voce, non ha reagito con violenza, non si è dimessa.

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A Cécile Kyenge è bastato essere una donna nera ministro. La semplice nomina, la prima apparizione in occasione del giuramento, hanno scatenato un turbine di immotivate cattiverie e critiche. Sarebbe interessante riportare ogni singola dichiarazione e minaccia per rendersi conto, increduli, dell’assurdità e della meschinità di miseri luoghi comuni razzisti. Sarebbe ancor più interessante tentare di capire dov’è l’immoralità di una donna che ha 37 fratelli di un solo padre e di quattro diverse madri, in uno stato dove la poligamia è permessa. Inoltre, quale pericolo si correrebbe favorendo l’integrazione? “C’era bisogno di un ministro di colore?... Mischiare le razze può essere pericoloso!”, ha chiosato don Alessandro Loi, sacerdote sardo. "Il ministro Kyenge fa istigazione a delinquere quando dice che l’immigrazione clandestina non dovrà più essere un reato”, gli fa eco Matteo Salvini, segretario della Lega lombarda. Ma in che modo la tutela dei diritti degli immigrati istigherebbe a delinquere? E in base a quale criterio dovrebbe rispondere lei di ogni soggetto che commette un reato e che, per puro caso, è immigrato?

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Risulta ancora più difficile comprendere tali reazioni se consideriamo specularmente come l’elezione di personaggi politici di origine straniera in altri paesi europei risulti assolutamente normale. Blaise Diagne, politico senegalese, nato nel 1872 nell’isola di Gorée, da cui erano imbarcati gli schiavi destinati alle Americhe, nel 1914 è il primo deputato africano nel parlamento francese, eletto come portavoce del Senegal. Nel 1916 è fautore della legge francese che porta il suo nome, per il riconoscimento della cittadinanza in capo a tutti i residenti delle Quatre Communes. Pochi decenni dopo, Felix Houphouët-Boigny, politico e sindacalista ivoriano, è deputato all'Assemblea costituente e all'Assemblea nazionale francese, più volte Ministro in Francia. Il suo nome è rimasto legato alla legge del 1946 che abolì il lavoro forzato nelle colonie francesi dell’Africa Nera.

E infine non possiamo dimenticarci di citare Nafissa Sid Cara, eletta nel 1958 deputato d’Algeria presso l’Assemblea Nazionale francese e nel 1959 Segretario di Stato, con il compito di occuparsi delle problematiche sociali del paese d’origine e dell’evoluzione del diritto musulmano. Nafissa è stata la prima donna Ministro della Quinta Repubblica e la prima donna musulmana di origine straniera a far parte del governo francese. Tuttavia, le sue decisioni sulla condizione della donna musulmana sono state criticate dai connazionali algerini - in particolare, il Fronte di Liberazione Nazionale algerino - che vedevano nella sua politica, improntata alla laicità, un pericolo per il Corano. Ciononostante, o proprio per questo, è ricordata come simbolo di speranza e di promozione sociale per i musulmani d'Algeria e per la donna algerina.

“Con o senza hijab, la mia visuale sui problemi del Paese non cambia. Copro i miei capelli, non le mie idee!”

Senza bisogno di andare così lontano, negli ultimi anni in Belgio c’è stato un aumento di rappresentanti politici di origine straniera: un vero specchio delle nazionalità esistenti nel paese, tant’è che – salvo l’estrema destra xenofoba fiamminga – non vi sono state contestazioni per la presenza di donne e uomini di origine extracomunitaria nelle istituzioni. Caso ancor più emblematico è quello di Mahinur Ozdemir, giovane belga musulmana di origine turca, eletta deputato del Parlamento di Bruxelles nel 2009: è l’unico membro di un parlamento europeo a indossare il velo islamico. Per tale decisione è stata accusata di causare scissioni nell’opinione della comunità turca in Belgio e, allo stesso tempo, di non essere in grado di rappresentare l’intera popolazione. Per tutta riposta - sentendosi ormai citare solo e soprattutto in relazione all’hijab, per lei simbolo di liberazione e non di oppressione - Mahinur ha deciso di non rispondere più a domande sul velo: “Con o senza hijab, la mia visuale sui problemi del Paese e la ricerca delle relative soluzioni non cambia. Copro i miei capelli, non le mie idee!”.

Meno di un anno fa, anche la Norvegia ha avuto il suo giovane ministro (della Cultura!) di seconda generazione: si tratta di Hadia Tajik, trentenne, musulmana, i cui genitori emigrarono dal Pakistan negli anni ’70. Hadia, così come Mahinur, non fa della propria fede una rilevante peculiarità: “Sono un politico, casualmente di fede islamica, non un musulmano politico".

E allora, chi è davvero l’intruso, colui o colei che non dovrebbe trovarsi dove invece si trova, che ha il potere di una parola imprudente? Cosa dovrebbe incutere maggiore paura, un ministro che terrorizza per il proprio sesso e il proprio colore o un prete che incita alla discriminazione? 

Immagini: copertina (cc) Val savarese ; testo: © Cécile Kyenge pagina facebook, Hadia Tajik pagina facebook