Poker: un bluff che vale milioni
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Laura BortoluzziAbilità, strategia, matematica, calma e molta fortuna. Sono questi gli ingredienti necessari per arrivare alla finale dei Mondiali di Poker che si sono tenuti il 9 novembre. Il danese Peter Eastgate, 22 anni, è il vincitore. Ma è il poker è uno sport?
Chi non ricorda la famosa scena de La Stangata quando Paul Newman riesce a lasciare senza soldi il suo avversario, Robert Shaw, grazie alla sua bravura come baro in una partita di poker clandestina. Intorno al Diciannovesimo secolo, nel Far West, quando il poker era agli inizi e si giocava con la pistola sul tavolo, i bluff avevano un ruolo fondamentale. Di fatto, l’americano Jonathan H. Greer, parlando del poker, nel 1834, lo definì «il gioco degli imbrogli». E dai pericolosi saloon, con musica d’organetto in sottofondo, cortigiane e barman che stavano tutto il tempo a pulire e asciugare bicchieri di whisky, eccolo arrivare nella tranquillità dei nostri salotti di casa. Il Texas Hold’Em, il tipo di poker più popolare, è il gioco di carte che ha più fan al mondo, grazie a Internet e alla televisione, che lo inserisce nei propri palinsesti accanto ad altre trasmissioni sportive.
Milioni di euro al giorno su Internet
Le repliche del Campionato del Mondo di Poker (Wsop, nella sigla in inglese) mandate in onda dal canale sportivo ESPN, riuscirono a trasformare questo gioco in un grande spettacolo. Il Texas Hold’Em diventò popolare in tutto il continente americano e il suo successo arrivò ben presto anche in Europa, dove l’emittente sportiva Eurosport iniziò a trasmettere le tappe dello European Poker Tour, campionato annuale disputato in tutta Europa e si conclude con la finale di Montecarlo. L’americano Chris Moneymaker, ragioniere, ha dato il suo contributo. Ha iniziato pagando 39 dollari per iscriversi a un torneo per le qualificazioni al WSOP 2003 in una sala poker on-line e alla fine si è ritrovato a Las Vegas, campione del mondo, con due milioni e mezzo di biglietti verdi in tasca. Chris ha così fatto onore al suo nome (che letteralmente significa “fabbricatore di denaro”) e molti hanno cercato di emularlo, tant’è che le sale poker on-line hanno conosciuto una crescita senza precedenti. Questo business fa girare ogni giorno milioni di euro su Internet. L’impresa inglese Partygaming, con sede nel paradiso fiscale di Gibilterra, ha guadagnato, grazie al poker, 153,9 milioni di euro nel primo semestre del 2008. Per molti il gioco è diventata una professione. In Spagna tutti gli appassionati conoscono la storia di Armando Romano, soprannominato Sobraoboy (“il ragazzo azzardo”), definizione che rende perfettamente la sua personalità e il suo stile al tavolo da gioco. Nell’ottobre del 2006 Romano, che allora lavorava come magazziniere, decise di entrare con 100 dollari in una sala da poker on-line: era da un po’ che faceva partite gratis per imparare a giocare e ora voleva tentare la sorte. Senza dubbio è stato l’investimento più fortunato di tutta la sua vita. Nel gennaio successivo era già a quota 30mila dollari. Si face anticipare lo stipendio di tutto un anno come assicurazione e disse addio ai suoi datori di lavoro.
«Se il poker è uno sport, perché mi ritrovo con questa pancia?»
Disciplina e molto allenamento sono fondamentali per qualunque sportivo che voglia arrivare lontano. Lo stesso vale per i campioni di poker. Tuttavia, non basta questo per definirlo uno sport e i giocatori sono da sempre divisi sulla questione. Armando Romano è certo che non si tratti di uno sport «perché non c’è nessuna organizzazione che lo regolamenta», anche se alcune iniziano a nascere.
L’Associazione Mondiale di Poker (WPA, secondo la sigla inglese) si batte, invece, perché venga riconosciuto a livello professionale. Al momento tre associazioni europee (in Germania, Polonia e Svezia) hanno aderito al WPA. Juan Barrachina, Presidente dell’Associazione Spagnola di Poker Sportivo, ritiene che il torneo «è uno sport a tutti gli effetti perché i partecipanti iniziano tutti nello stesso momento, con lo stesso numero di fiche e le stesse regole, ed è lì che la calma, l’abilità e la strategia possono rendere un giocatore migliore di un altro, pur avendo in mano carte peggiori». Il giornalista sportivo Emilio Guerriero, da parte sua, sostiene che «per considerarlo uno sport dovrebbe avere una componente fisica che non ha». Su questo punto è d’accordo Armando Romano: «Se il poker è uno sport, perché mi ritrovo con questa pancia?», scherza.
Quello su cui tutti concordano è che, anche se la fortuna è importante, non si tratta di un semplice gioco d’azzardo. «Bisogna saper giocare per riuscire a vedere tutte le possibilità e sapere cosa fare ad ogni mossa», dice Emilio Guerriero. Juan Carlos Barros, responsabile di poquerpoker.com, si lamenta «perché viene erroneamente considerato un gioco d’azzardo»: non lo è, perché «si può fare un ranking dei migliori giocatori».
Translated from Póquer: Faroles que valen millones