Perdete ogni speranza, o voi ch’entrate
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Adriano FaranoLa decisione dell’Ecofin compromette la riuscita del processo costituzionale. I 10 futuri membri dell’Ue sono preoccupati. Ma una scappatoia c’è ancora.
E così, ancora una volta, Francia e Germania hanno scampato l’umiliazione di sanzioni punitive per i loro bilanci sbilanciati. Il 25 novembre una riunione notturna dei Ministri delle Finanze a Brussels ha finito per decidere di risparmiare le due pià grandi economie europee. Invece di pagare lo 0,2 % dei loro PIL rispettivi, Berlino e Parigi hanno concesso solo ipotetiche promesse da marinaio per gli anni venturi.
Ma quel che più sorprende in questa storia è la quantità di polemiche che hanno sotteso ciò che, in termini economici, è una bufala totale. La Banca Centrale Europea ha immediatamente reagito dichiarando che “l’accordo” avrebbe comportato “seri pericoli”, e, più minacciosamente, il Ministro delle Finanze olandese, Gerrit Zalm ha parlato di “seria crisi costituzionale”. Ma dire che il Patto fosse ormai “sospeso” è parso affrettato ai mercati finanziari, dove comunque le ottime performance della disciplina finanziaria dimostrata dall’Ue negli ultimi anni ha confermato l’irresistibile forza dell’euro.
18 milioni di “buco”
Il fatto è che, fondamentalmente, il Patto di Crescita e Stabilità ha funzionato: per tutti i paesi europei, l’aver lasciato i deficit intorno al 3% in tempi di morosità economica è, storicamente, senza precedenti. Il deficit italiano è stato superiore al 10% durante tutti gli anni ’80: nel 1990 la Grecia ha ammassato un allegro 16,1% di deficit. Nel 1983 ogni paese che adesso partecipa all’euro “vantava” un deficit superiore al 3% e quattro paesi avevano deficit a due cifre. A prescindere dalla fede che si può o non si può avere nel dogma neoclassico dell’equilibrio di bilancio su cui è comunque basato, dobbiamo riconoscere che l’Europa di oggi è fiscalmente prudente. E non dobbiamo dimenticare che Germania e Francia (e Portogallo, che ha infranto il Patto nel 2001) hanno fatto di tutto per mantenere il loro deficit sotto la barra del 3%, anche se alla fine non ce l’hanno fatta. Dopo tutto, i deficit non possono essere calcolati in anticipo e previsti con precisione. E’ solo il 13 novembre che il Ministro tedesco delle Finanze, Heichel, ha rivisto i suoi calcoli per poi rilevare un buco di ben 18 milioni di euro, portando così il deficit dal 2,9 al 3,8% del PIL. Il 25 di settembre lo stesso Heichel dichiarava ancora, con orgoglio, che la Germania avrebbe onorato i suoi impegni. Obiettivo che, all’epoca, sembrava realistico.
C’è chi può e chi non può…
Ma come mai il caso Ecofin ha provocato tante polemiche? La risposta non ha nulla a che vedere con l’economia, ma con la struttura del potere interna all’Ue. E’ per questo che non c’è nessuna regola che dica “appena un paese arriva al 3,1% di deficit, deve essere punito”. In realtà le regole dicono che in caso di infrazione, la questione diventa di dominio della Commissione, che si rivolge al Consiglio Ecofin, che poi decide il da farsi. In altre parole, il Patto di Stabilità è, secondo la definizione di Ed Balls, consigliere del Ministro delle Finanze inglese: “qualunque cosa decidano i Ministri”. Lungi dal rappresentare un’infrazione del protocollo, il caso del Patto di Stabilità, rivela quanto a molti è sempre parsa un’ovvietà nella politica europea: che, formalmente, l’ultima parola resta alla Realpolitik tra stati membri e non a regole uguali per tutti e impartite dalla Commissione. Ciò irrobustisce il sospetto che Francia e Germania abbiano scampato alle sanzioni solo perché, quali più grandi economie della zona euro, hanno il più grande potere di pressione. Non c’è da stupirsi che il Ministro olandese Gerrit Zalm sia furioso. Stati come l'Olanda si chiedono: “avremmo potuto fare lo stesso?”. E si rispondono, giustamente, che non avrebbero potuto.
Tutto ciò, ovviamente, è di cattivo auspicio per un’Europa che l’anno prossimo accoglierà 10 futuri membri. Francia e Germania, proprio come una volta bacchettavano i loro partner dell’Europa del Sud per irresponsabilità budgetaria, oggi incitano i loro vicini dell’Est per mostrare più disciplina. Ma sono sempre stati pronti a mettere i loro soldi al posto della bocca, e a razzolare bene oltre che a predicare nel vuoto. Nemmeno l’evidenza che ciò non sia più vero basta a convincere i nuovi membri dell’Europa a discostarsi dalle regole comuni.
Ma il timore è che siano i Paesi della zona euro a prepararsi a spingersi, nell’interpretazione del Patto, ai limiti più estremi. L’Italia è in cima alla lista. L’anno prossimo dovrebbe infrangere la barra del 3%. E altri paesi non ne sono tanto lontani. Francia e Germania hanno dato il cattivo esempio. Tutto ciò non potrà certo convincere degli stati, soprattutto piccoli come Danimarca e Svezia, ad aderire alla moneta unica.
Una commissione indipendente al posto dell’Ecofin?
E allora: come salvare la credibilità europea? La maggior parte degli analisti – non da ultimi quelli della Commissione europea – hanno suggerito che l’Europa ha solo bisogno di un maggior rispetto delle regole. Ma è difficile sostenere che lo stretto rispetto delle arbitrarie regole del Patto aiuterà l’Unione. L’ironia della decisione dell’Ecofin è che, in fin dei conti, era giusta. Non era logico costringere Francia e Germania a tagliare i deficit se ciò avrebbe soffocato ogni possibilità di ripresa economica, e la maggior parte dei membri dell’Ecofin lo hanno riconosciuto. Ciò che è sbagliato non è che le regole del Patto sono state “interpretate”. Ma che questa interpretazione è stata lasciata agli Stati membri, dove regna la Realpolitik, invece che ad una commissione indipendente che avrebbe valutato caso per caso le situazioni di deficit, come suggerito dal Center for Economic Policy Research.
Ma la vera questione è un’altra: gli Stati membri sono pronti a sacrificare una volta per tutte l’illusione della sovranità nazionale e stabilire un sistema di regolazione dei bilanci che sia davvero imparziale e paneuropeo? Purtroppo fin quando gli stati più grandi potranno coalizzarsi per ottenere un trattamento preferenziale, le possibilità di riforma restano un miraggio.
Translated from Don’t Count Your Pennies