Perché non prego per Parigi
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Alessandro grassi(Opinione) Dopo gli attentati a Parigi di venerdì 13 novembre, ma soprattutto dopo l’hashtag #PrayForParis che ha invaso i social network, un francese esprime il suo dissenso contro l’iniziativa, così come il suo rancore verso l’uso che si fa della religione.
È da venerdì sera, dopo gli attacchi a Parigi, che sono stato scioccato, scosso e agitato, quasi come chiunque altro. Ma non pregherò per Parigi.
Prima di tutto perché, a mio parere, la preghiera è inseparabile dalla religione e dalla fede in un Dio. E poiché non credo in nessun Dio o in forze sovrannaturali, mettermi a pregare in questo modo non rientra nel mio modo di essere.
In secondo luogo, perché credo che le religioni siano in parte, seppure in minima parte, responsabili per quello che è successo venerdì. La spiritualità è un percorso personale che dovrebbe essere rispettato, e ognuno ha il diritto di scegliere la propria strada, di credere (o no) in Gesù, Allah, Yahweh, Buddha o in chiunque altro.
La religione è una questione diversa. In tutte le principali religioni del mondo, ci sono testi sacri che non possono essere messi in discussione, poiché sono considerati la parola di Dio. Primo o poi, questo porta necessariamente all'intolleranza, che si ritrova in maniera più o meno violenta lungo tutto il corso della storia. Più potere ha una religione in un certo Paese, più essa si mostra insofferente verso chi non segue i suoi precetti.
Voglio credere nella sincerità dei dignitari musulmani, cristiani o ebrei che ci spiegano che questa non è la religione, ma non sono d’accordo. No, signori, la religione è anche questo: sono tutte le persone che protestano contro il matrimonio per tutti e l'aborto, che sostengono il cristianesimo e che possono arrivare ad uccidere anche quei medici che praticano l'aborto; sono i terroristi integralisti che pensano di seguire l’Islam; sono i coloni ebrei che rifiutano di dividere la loro terra con gli arabi; sono i buddisti birmani che perseguitano la minoranza musulmana. Inizialmente, tutte le grandi religioni predicano l’amore per il prossimo, ma tutte impongono delle condizioni. Milioni di fedeli in tutto il mondo interpretano lo "spirito" presentato dai loro testi sacri, e fanno del bene intorno a sé, ma ci saranno sempre degli idioti che vogliono seguire i testi alla lettera.
Inoltre, dopo gli attacchi di gennaio a Charlie Hebdo, e dopo che gli stessi dignitari religiosi hanno urlato la loro indignazione contro quegli atti odiosi e hanno chiamato a pregare per le vittime, questi hanno ripetutamente sostenuto come la bestemmia possa ferire i praticanti delle rispettive religioni: in qualche modo questi "miscredenti" si erano assunti dei rischi...
Non so se possiedo una qualche verità. So solo che dubito. E in generale coloro che "dubitano", diversamente da coloro che "credono", non prendono le armi per difendere i propri dubbi.
Allora piango per Parigi, penso a Parigi e vorrei abbracciare le famiglie delle vittime con tutta la compassione e la dolcezza di cui sono capace. Ma non prego, no proprio no, non prego per Parigi.
Translated from Pourquoi je ne prierai pas pour Paris