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Perché Gomorra fa paura?

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CulturaPalermo

(Opinione) La polemica sull'opportunità di portare o meno sullo schermo certe realtà non è in realtà troppo nuova. Ma forse sarebbe più opportuno chiedersi cosa sia a fare veramente paura: perché ci preoccupiamo più della rappresentazione del male che del male stesso? 

Chissà se nel 431 a.C. qualche ateniese, dopo la prima messa in scena della Medea, pensò che Euripide potesse essere accusato di istigazione all'infanticidio. Oggi però siamo nel 2016 e Roberto Saviano, autore del bestseller Gomorra (10 milioni di copie vendute nel mondo) e co-ideatore del soggetto dell'omonima serie tv che ha battuto ogni record di ascolto, è al centro di una polemica che anima giornali, tv e web. Le accuse avanzate dai suoi detrattori? «Celebra il male», «Dipinge uno stato assente o con mezzi insufficienti», ma soprattutto «Dà una cattiva immagine dell'Italia».

La polemica dell'assurdo

Gomorra ha l'effetto di portare davanti agli occhi del grande pubblico l'orrore, il male assoluto, un'escalation di violenza senza fine, scioccante come uno schiaffo in pieno viso. A Napoli si uccide, si fanno affari con la camorra e si combatte l'eterna lotta tra il bene e il male. Tutti sappiamo che il male esiste, il più feroce, il più becero. Tuttavia non siamo in grado di avere alcuna reazione, o almeno fino a quando non riusciamo a guardare questo male negli occhi. E non abbiamo nessuna reazione nemmeno quando leggiamo tali notizie sui giornali, o le vediamo raccontate in tv: una mattanza di migliaia di morti in pochissimi anni ha attivato il pericoloso meccanismo dell'abitudine.

Siamo in grado di indignarci invece, a volte in maniera dirompente, quando il male ci viene mostrato attraverso una serie tv che ci strappa per un attimo dal nostro status di beata inconsapevolezza (o peggio ancora, menefreghismo). E qui arriva il grande  paradosso: non ci indigniamo tanto per l'esistenza di queste realtà, quanto perché esse vengono raccontate. Non sia mai che i nostri figli, così innocenti davanti per esempio ai loro "assolutamente non violenti" videogames, si vogliano tagliare i capelli come Genny Savastano o inizino a utilizzare espressioni non consone. Paura dell'emulazione, in altre parole.

Ma è un rischio reale tutto ciò? Più il contrario: i bambini impugnano le armi a Scampia, i ragazzi conoscono troppo presto la droga a Secondigliano e lapidi con date di nascita troppo recenti si accumulano senza fine nei cimiteri di Napoli e dintorni. È stato questo ad ispirare le storie di Gomorra, non Gomorra ad ispirare ciò.

Cosa ci fa veramente paura?

Non bisogna dimenticare che in fondo Gomorra è un'espressione d'arte che ha avuto uno straordinario successo. E che, come accade ogni volta che un'opera (qualunque ne sia il soggetto) arriva al grande pubblico, questa diventa inevitabilmente strumento nelle mani di coloro che ne fruiscono. Così i ragazzi usano le espressioni ascoltate durante la puntata, e gruppi Facebook come O' sistema o Malavita siciliana dedicati ai detenuti carcerari (perché sì, esistono gruppi Facebook dedicati ai detenuti carcerari che continuano a non essere bloccati) usano le foto della serie tv o le loro espressioni, sentendosi rappresentati da quello che vedono. Altri invece, che non conoscevano queste realtà in precedenza, dopo essere stati per lungo tempo anestetizzati dalla disinformazione galoppante che relega alle ultime pagine dei giornali locali queste notizie, a volte iniziano a leggere, a documentarsi, a voler conoscere la verità.

Davanti a una scena di violenza e corruzione morale (filmata, dipinta o narrata che sia) ci sarà sempre colui che ne trarrà ispirazione o che se ne sentirà rappresentato, mentre dall'altro lato ci sarà colui che invece vedrà la sua coscienza civile rafforzarsi sempre di più. l'arte è questa, ed è da sempre così.

Se la rappresentazione di un male che esiste viene incolpata dell'esistenza stessa di questo male, siamo al paradosso. Forse guardarsi allo specchio e vedere la società malata in cui oggi viviamo, conoscere quanto in basso l'uomo è capace di scendere, riflettere su quanto sia capillarmente diffusa la criminalità fa paura a tutti, soprattutto a coloro che governano e che sono in parte responsabili di tutto ciò. Si sa in fondo che un popolo ignorante è più facile da governareO forse, al di là di tutti i ragionamenti e le opinioni, quello che ci fa più paura è ammettere che tutto questo male un po' ci affascina. Ciò che davvero ci terrorizza è il guardare noi stessi allo specchio e non sapere, alla fine, da che parte siamo pronti a schierarci, se abbiamo il coraggio di scegliere la parte del bene o invece ci piegheremo alla violenza e alla corruzione morale. Quel che è certo è che non si può delegare la nostra scelta a una serie tv. Abbiamo il dovere di conoscere, per poter scegliere. Siamo noi a dover decidere in che società vogliamo vivere, cosa insegnare ai nostri figli, chi vogliamo davvero essere. Per farlo non c'è Saviano, Gesù o Hitler che tenga, ci siamo soltanto noi.