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Patrasso-Bruxelles solo andata

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Roma

Un viaggio fotografico e umano dai porti greci al Parlamento Europeo.

C’è un tir che in que­sti gior­ni d’e­sta­te sta per­cor­ren­do le stra­de del­l’I­ta­lia e del­l’Eu­ro­pa per por­ta­re le sto­rie dei mi­gran­ti fino al Par­la­men­to eu­ro­peo per­ché possa sen­tir­si la loro muta voce.

Par­ti­to da Bari il 17 giu­gno, il tir dei mi­gran­ti ha fatto tappa ad An­co­na, Roma (in oc­ca­sio­ne della Gior­na­ta Mon­dia­le del Ri­fu­gia­to), Fi­ren­ze e Mi­la­no, per poi pro­se­gui­re per Gi­ne­vra, Stra­sbur­go e Bru­xel­les, dove ter­mi­ne­rà la corsa il 4 lu­glio, prima di rien­tra­re de­fi­ni­ti­va­men­te a Cor­to­na.

In real­tà, il viag­gio che viene rap­pre­sen­ta­to è ini­zia­to molto prima e molto più lon­ta­no: le im­ma­gi­ni di Ales­san­dro Penso (http://​www.​ales­san­dro­pen­so.​com/​) - vin­ci­to­re del pre­mio Ge­ne­ral News Sin­gles al World Press Photo 2014 – ri­trag­go­no in­fat­ti gio­va­ni uo­mi­ni pro­ve­nien­ti per la mag­gio parte dal­l’Af­gha­ni­stan, dal Medio Orien­te e dal Nord Afri­ca con i quali il fo­to­gra­fo ha con­vis­su­to per por­ta­re alla luce il buio in cui essi sono co­stret­ti dalle la­cu­no­se leggi eu­ro­pee in ma­te­ria di im­mi­gra­zio­ne e di di­rit­to d’a­si­lo.

Penso li ha ac­com­pa­gna­ti negli ap­po­sta­men­ti not­tur­ni nei porti greci, è sa­li­to con loro su ca­mion e navi in par­ten­za, si è im­me­de­si­ma­to in que­ste vite, su­pe­ran­do la ini­zia­le ine­vi­ta­bi­le rea­zio­ne di chiu­su­ra e so­spet­to fino a far loro ac­qui­si­re fi­du­cia nel suo la­vo­ro di do­cu­men­ta­ri­sta.

Si trat­ta di ra­gaz­zi, tutti uo­mi­ni e molti mi­no­ren­ni, che par­to­no com­ple­ta­men­te soli verso l’i­gno­to. Co­stret­ti a la­scia­re il pro­prio paese per esi­gen­ze di guer­ra, ca­re­stia e po­ver­tà. Che si tro­va­no in un limbo geo­gra­fi­co e giu­ri­di­co dal quale è dif­fi­ci­le usci­re.

Vi­vo­no pre­ca­ria­men­te den­tro fab­bri­che ab­ban­do­na­te, sta­zio­ni fer­ro­via­rie di­smes­se, vec­chi sta­bi­li­men­ti bal­nea­ri nei quali dor­mo­no, man­gia­no e pre­ga­no, cer­can­do di ri­crea­re pic­co­li gesti quo­ti­dia­ni per sal­va­re qual­co­sa della pro­pria iden­ti­tà. Aspet­ta­no. A Pa­tras­so, a Co­rin­to, ad Atene, in pe­ren­ne at­te­sa che qual­co­sa si smuo­va, che qual­cu­no si ri­cor­di di loro, o sem­pli­ce­men­te di riu­sci­re a sa­li­re su una nave in par­ten­za dai porti greci di­ret­ta verso qual­sia­si de­sti­na­zio­ne eu­ro­pea. Pur­ché non li ri­por­ti in­die­tro.

Il pro­get­to fo­to­gra­fi­co “The Eu­ro­pean Dream. Road to Bru­xel­les” (http://​www.​road­to­bru­xel­les.​com) - rea­liz­za­to con il so­ste­gno dell'Agen­zia per i ri­fu­gia­ti delle Na­zio­ni Unite (UNHCR - http://​www.​unchr.​it) e del Fe­sti­val fo­to­gra­fi­co Cor­to­na on the Move (http://​www.​cor­to­naon­the­mo­ve.​com) – rac­con­ta una parte degli oltre 50 mi­lio­ni di per­so­ne (come ri­sul­ta dal rap­por­to an­nua­le pub­bli­ca­to dal­l’U­N­H­CR lo scor­so 20 giu­gno) co­stret­te ad ab­ban­do­na­re il pro­prio paese, ma so­prat­tut­to de­nun­cia le con­se­guen­ze so­cia­li e con­cre­te delle leggi che ven­go­no o non ven­go­no ap­pro­va­te, della scar­sa in­for­ma­zio­ne che ri­guar­da la sto­ria dei paesi da cui si fugge, del­l’in­sen­si­bi­li­tà dei paesi tem­po­ra­nea­men­te ospi­tan­ti.

La rab­bia è so­prat­tut­to ri­vol­ta nei con­fron­ti del­l’at­teg­gia­men­to as­sun­to dal­l’Eu­ro­pa che sem­bra non fare di­stin­zio­ne tra uo­mi­ni e nu­me­ri, che si com­por­ta in ma­nie­ra in­dif­fe­ren­te più “per chiu­su­ra men­ta­le o sem­pli­ce in­dif­fe­ren­za, che per ca­ren­za di strut­tu­re di ac­co­glien­za”, come so­stie­ne Ales­san­dro Penso, la­scian­do in tal modo una com­ple­ta ge­ne­ra­zio­ne in balia di sé stes­sa, per­du­ta.

Da que­sto sen­ti­men­to, l’i­dea di viag­gia­re a bordo del tir – me­ta­fo­ra dei tanti mezzi di tra­spor­to cui i mi­gran­ti let­te­ral­men­te si ag­grap­pa­no per ten­ta­re la spe­ran­za – par­ten­do dal porto pu­glie­se per ar­ri­va­re fino a Bru­xel­les: far ca­pi­re al Par­la­men­to Eu­ro­peo che ha il com­pi­to di trat­ta­re vite, non cifre; sto­rie, non ipo­te­si; co­stri­zio­ni, non scel­te li­be­re.