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Pasta al dente, tutta questione di proteine (e di CO2)

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Le attuali previsioni scientifiche indicano che l’atmosfera del 2050 sarà più densa di gas serra e CO2. Tutto questo avrà un impatto anche sulle piante di frumento e sulla pasta che mangiamo. Gli amanti degli spaghetti al dente sono avvisati.

Se i carboidrati della pasta ci riservano gioie (per il palato) e dolori (per la linea), nessuno parla mai delle proteine contenute in rigatoni, penne, spaghetti e fusilli. Sì, sono molto poche, eppure senza il loro apporto fondamentale non avremmo la pasta che conosciamo. Soprattutto se non la vogliamo scotta.

La tenuta di cottura della pasta dipende essenzialmente dalla concentrazione di proteine, che ne garantiscono l'elasticità e la ruvidità. È su questo punto che in futuro potrebbero esserci dolori: la "colpa" è dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, che incide sul metabolismo vegetale di grano e frumento. Vi ricordate della fotosintesi clorofilliana studiata a scuola, delle piante che assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno? In pratica «le piante, che vivono mangiando CO2, avranno più da mangiare, cresceranno di più e, se non ci sono problemi di mancanza d’acqua, produrranno anche di più,» diminuendo viceversa il loro tenore proteico, spiega il professor Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca per la genomica del CREA.

La pasta finisce in laboratorio

Grazie a uno studio finanziato dal Progetto AGER-Fondazione Cariplo, un'équipe di ricercatori ha svolto alcune simulazioni sui possibili scenari futuri. «Abbiamo usato un sistema di arricchimento della CO2 "in campo aperto", cioè del tutto normale e senza alcuna barriera, solo che l’aria sopra le piante conteneva una concentrazione di CO2 equivalente a quella attesa nel 2050,» spiega il professore. Finora abbiamo parlato della semola di grano duro, che è la materia prima per fare la pasta, «ma tra il frumento e un piatto di spaghetti c’è in mezzo un passaggio industriale, basato su una tecnologia raffinata tutt’altro che banale, che evidentemente, già oggi, tende a compensare gli eventuali difetti della materia prima».

Inoltre non tutto il grano è uguale e reagisce allo stesso modo. «Abbiamo notato una grande diversità genetica. Cioè: il trend è generale, ma è più o meno accentuato secondo le varietà del frumento». E può interessare anche il grano tenero, usato per pane e pizza: «Tutti i prodotti lievitati hanno bisogno di proteine, perché durante la lievitazione queste creano una maglia elastica che si estende e trattiene il glutine, dando l’effetto soffice».

Tuttavia esiste un lavoro di selezione a livello globale che è già in corso da anni. Dunque i titoli a effetto sull’addio alla pasta al dente di qualche tempo fa risultano quantomeno affrettati: «Non so dire se nel 2050 si mangerà la pasta scotta,» afferma Cattivelli, «ma questo significherebbe che l'industria e la ricerca hanno dormito per 30 anni,» quando invece abbiamo le conoscenze tecnologiche per capire come comportarci e per diminuire i livelli di gas serra (e non solo in nome di un piatto di pasta al dente, quanto per rallentare i cambiamenti climatici globali).

De gustibus…

Come si fa a sapere se una pasta è buona oppure no? Provate a leggere la tabella nutrizionale che si trova su ogni pacco di pasta, alla voce "proteine". Smessi per un attimo i panni del ricercatore, l'"italiano" Luigi Cattivelli ci spiega che «il 12% è il valore minimo che si trova in Italia, il massimo è il 14. E per assurdo molta di questa pasta è fatta con frumento estero, siccome da noi è difficile trovarne con un così alto contenuto proteico,» che diventa indispensabile se si vuole della pasta più raffinata, trafilata al bronzo o essiccata a bassa temperatura.

In fin dei conti è una questione di gusti nazionali. In giro per il mondo si trova anche della pasta all'8 o al 9% di proteine, che risulta decisamente più molle, se non immangiabile per un intenditore. Anche le abitudini in Europa (che Cafébabel rappresenta un po' in scala ridotta con le sue 6 nazionalità) sembrano preferire la cottura al dente. «La pasta al dente è l’unica possibile, detesto la pasta stracotta,» confessa la nostra editor polacca, Pia. «Mi piace quando scrocchia leggermente tra i denti, il nome viene da là, no?» commenta Matthieu, francese. E ognuno sembra aver appreso il suo metodo per non scuocerla. «Non è facile riconoscere quando è già al dente e quando è troppo dura. La cosa migliore è probabilmente guardare l’orologio,» dice Pia. Secondo la "scuola" francese «bisogna assaggiarla prima di scolarla». Mentre per Franziska, dalla Germania, «un'astuzia che qualcuno mi ha detto è prendere uno spaghetto dall’acqua bollente e gettarlo contro il muro. Se resta attaccato, va bene. Ma sinceramente non ho mai provato».

La scena memorabile dei "maccaroni" dal film Un americano a Roma (1954)