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Parigi, fumare nel bistrot? Solo se la sigaretta è hi-tech

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società

Dal 1° gennaio 2008, dopo Italia, Irlanda, Gran Bretagna e Spagna anche in Francia è entrata in vigore la legge che vieta di fumare nei locali pubblici. Siamo andati a vedere come se la cavano Oltralpe. Reportage dalla Ville Lumière.

Dicembre 2007. Menta o mandorla? Dubbio amletico. Non mi capita spesso di fumare il narghilé e scegliere il gusto non è cosa semplice. Almeno per me, che non sono una vera fumatrice. Vada per la menta. Intanto un cameriere di origini indiane mi porta il tè verde che avevo ordinato, accompagnato da biscottini speziati offerti dalla casa. Entra una coppia di turisti, sposto il cappotto che avevo disteso sul divanetto. Non ho mai capito perché a Parigi i tavolini dei bar non raggiungono mai il metro quadrato di superficie, costringendo i clienti a stringersi come sardine. Fuori è già buio, nonostante siano solo le cinque del pomeriggio. Il sottofondo di Edith Piaf confonde i racconti strappati alla fretta, tra una sigaretta e un caffè marocchino, un piacevole binomio al quale milioni di francesi hanno dovuto rinunciare. Dal 1° gennaio 2008, infatti, anche in Francia è entrata in vigore la legge che vieta di fumare nei locali pubblici.

Una birra e via

Rue de la Huchette. Cuore del Quartiere Latino. Uno dei posti più turistici e kitsch di Parigi. Entriamo in uno dei locali “cool”, come dicono da queste parti. Un piano bar con musica dal vivo. Un posto ideale dove bere una birra con gli amici, ascoltare buona musica e, fino a un mese fa, fumarsi una sigaretta. Adesso le abitudini sono un po’ cambiate, come ci racconta Bénédicte: «Lavoro qui da luglio. Canto due sere a settimana accompagnata al piano da Laurent e, da quando è passata la legge, per noi è cambiato tutto. Prima cantavamo sempre con il fumo direttamente negli occhi e nella gola, perché il pianoforte è in mezzo ai tavolini. Alcune volte eravamo obbligati a chiedere ai clienti di posare la sigaretta. Adesso le corde vocali si affaticano molto meno e possiamo cantare per ore senza problemi». Non è dello stesso avviso, però, Mahmut, il gestore del locale che nell’ultimo mese lamenta già una diminuzione della clientela. «Non fumo, ma non sono d’accordo con la legge. Certo, per la salute è meglio, ma non si rispettano i diritti di tutti e questo non lo trovo normale. Due mesi fa ero a Philadelphia. Là esistono sia bar-ristoranti dove si può fumare e consumare alcool, sia quelli dove non si può. C’è la libertà di scegliere. Qui no. Se prima un cliente si fermava tutta la sera, adesso beve una birra e poi esce per fumare e non sempre decide di rientrare. In questo modo le consumazioni diminuiscono e il giro d’affari anche».

Una legge che discrimina i single

La zona è piena di turisti e non è difficile attaccar bottone. È così che conosco Audrey, una ragazza sui venticinque anni. È da sola, seduta a un tavolino. Vive a Bruxelles, «città dove si può ancora fumare», ci racconta fiera mentre si sorseggia una birra panachè. «Sono a Parigi solo per il weekend, ma ho notato che da quando è entrata in vigore la legge, si è creata una forma di esclusione. Vedi, il mio ragazzo è appena uscito a fumarsi una sigaretta. Se si esce in coppia e solo uno dei due fuma, finisce così». La legge le sembra buona per i camerieri che non sono più obbligati a respirare il fumo passivo per tutta la sera, anche se secondo lei ha degli effetti collaterali che presto si faranno sentire: «Nessuno ha pensato al mucchio di cicche che lasciano per terra o a chi abita sopra i locali e deve sopportare l’odore di sigaretta». Secondo Audrey discriminati anche i sigle che se vogliono fumarsi una bionda a metà birra devono lasciare le loro cose all’interno del locale con il rischio di farsi rubare qualcosa.

Anche Saveria, una studentessa di 22 anni, pensa che si sarebbero potute trovare altre soluzioni. «Io sono una fumatrice, ma penso che non sia giusto imporre a chi non fuma di respirare il fumo passivo, anche se vietare è sbagliato. Si potevano installare dei sistemi di aerazione, come hanno già fatto in Asia e Stati Uniti. Ma in Francia si ama vietare tutto.»

È quasi mezzanotte, ma il freddo non sembra aver scoraggiato i turisti che affollano le stradine di St. Michel. E ancora una volta Parigi mi stupisce. Anche in pieno inverno la gente continua a mangiare tra i tavolini adibiti fuori ai ristoranti. Non c’è locale che non ne sia provvisto. Moda trendy o stratagemma per aggirare l’ostacolo e fumare in santa pace?

L’E-SIGARETTA

E se al posto del fumo ci fosse vapore acqueo? Da questo principio è nata la e-sigaretta ovvero la sigaretta elettronica che, manco a dirlo, arriverebbe dalla Cina. Il ritrovato è formato da una batteria, un microprocessore, un vaporizzatore e una capsula di nicotina. Permette di fumare dunque, ma invece di espellere fumo, si ha del vapore acqueo. Un gingillo tecnologico disponibile in diversi gusti e colori che, secondo le case produttrici, aiuterebbe i fumatori incalliti a smettere. Per adesso l’unica cosa certa è che la replica hi-tech della sigaretta costa un centinaio di euro, è in vendita solo su Internet. E non è ancora vietata nei locali pubblici.