Parigi brucia: il braccio di ferro continua
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Le proteste divampano a Parigi, come in tutta la Francia. L'origine di tutto è la nuova legge sul lavoro, mentre il tasso di violenza aumenta sia tra i manifestanti sia tra le forze dell'ordine, ormai sempre più provate. Il presidente Hollande tuttavia rimane fermo sulle sue posizioni, continuando un braccio di ferro con le piazze di cui non si intravede la fine.
Parigi brucia, nonostante il meteo. Ed il principio dell'incendio è la "Loi Travail" del ministro Myriam El Khomri, che nel progetto di liberalizzazione del mercato del lavoro andrebbe ad intaccare la superiorità dei contratti nazionali, facendo prevalere così quelli aziendali. Un colpo al cuore per la République française, che considera da sempre il fulcro della sua stessa identità il suo essere Stato centrale. Un vero e proprio cambio di prospettiva, che ha scatenato la reazione dirompente della sinistra più radicale e dei giovani nelle piazze e nelle strade, i quali sostengono di agire a difesa del proprio futuro, che lo Stato sembra non voler più tutelare. Ma non è tutto, visto che la violenza e l'atmosfera da scontro si è trasferita anche ad altre manifestazioni di dissenso sparse per la Francia e la sua capitale.
A questo si aggiungono gli scioperi, i treni fermi e gli aerei a terra, la spazzatura che si accumula per le strade, le raffinerie di petrolio bloccate ed i distributori vuoti. E tutto ciò ad una manciata di giorni dall'inizio degli Europei di calcio, con la crisi dei rifugiati che sembra rimontare (anche grazie all'arrivo della bella stagione) e la Senna che decide di fare i capricci. Una tempesta perfetta in altre parole, che si sta rovesciando sulle poltrone del presidente Hollande e del primo ministro Valls. Nonostante quasi il 70% dei francesi abbia dichiarato di voler vedere ritirata la riforma del lavoro, François Hollande ha dichiarato di non voler cedere di un passo, volendo portare il provvedimento fino in fondo. Stessa cosa hanno deciso però lavoratori e manifestanti: braccia incrociate e proteste ad oltranza, in una prova di forza di cui non si intravede la fine.
I precedenti esistono
I precedenti di successo ci però sono da ambo le parti. Nel 1995 l'allora primo ministro Alain Juppé, sotto la presidenza Chirac, decise la linea della fermezza per far passare un sicuramente ambizioso progetto di riforma del sistema previdenziale francese. Il risultato? Tre settimane di scioperi ad oltranza, la Francia completamente bloccata e due milioni di persone scese in piazza a manifestare. Ed alla fine vinse la piazza: il disegno di legge venne ritirato. Nel 2010 invece, sotto la presidenza Sarkozy, la legge contestata era quella riguardante l'innalzamento dell'età pensionabile da 60 a 62 anni. La spuntò il governo: nonostante 8 giorni di piazze in fiamme e 1 milione e 200mila manifestanti per le strade il provvedimento passò. Risultato questo che il tandem Hollande-Valls spera di replicare, a dispetto della diversa fede politica del governo che li ha preceduti.
Differenze con l'Italia?
Ma la Loi Travail è praticamente un Jobs Act in salsa transalpina? A voler guardare la sostanza della legge stessa sì: meno tutele per i lavoratori e contratti meno vincolanti per i datori di lavoro, con l'obiettivo di "fluidificare" il mercato del lavoro in entrata (ed in uscita). Ma le similitudini finiscono qui: il Primo ministro italiano infatti si giocò la carta delle "dolorose riforme" all'inizio del suo mandato, al culmine della popolarità, contando sui rimanenti anni al governo per incassare il colpo e riguadagnare il sostegno. La riforma francese invece arriva nel momento peggiore possibile: gli attacchi terroristici del 13 novembre e alla redazione di Charlie Hebdo non sono poi così lontani nel tempo, gli Europei sono alle porte e manca meno di un anno alle elezioni presidenziali francesi, con i contendenti praticamente già in campagna elettorale. E la popolarità di Monsieur le Président è ai minimi storici. Nel corso del suo mandato egli ha dovuto far fronte a molteplici critiche concernenti la sua mancanza di forza politica e legittimazione, e la sua unica possibilità per cercare di salvare il salvabile nel suo elettorato rimane quella di tenere duro adesso, mostrando la mano ferma su questa legge.
C'è da sperare che tutto questo non alimenti un incendio che può facilmente divenire incontrollabile: la violenza e l'esasperazione sembrano essere ormai al limite, sia da parte dei manifestanti, che ormai scaricano la propria rabbia e le proprie velleità distruttive anche in altre proteste (come la manifestazione antifascista di sabato 4 giugno), sia da parte delle forze dell'ordine, sempre più provate da un clima di guerriglia continua al quale sono sottoposte praticamente da due mesi a questa parte.
E con tutto quello che c'è in arrivo c'è poco da star tranquilli. La prossima grande manifestazione è attesa a Parigi il 14 giugno. Staremo a vedere a che punto sarà arrivato il fuoco. E quanto lunga sarà ancora la miccia.