Participate Translate Blank profile picture
Image for Panormvs Street Food Festival, l'arte dello "schiticchio"

Panormvs Street Food Festival, l'arte dello "schiticchio"

Published on

Palermo

Il Panormvs Street Food Festival è stato una goduria per il palato e un'occasione per celebrare l'improvvisa irruzione della primavera che latitava. Ecco qualche istantanea per raccontare l'arte del cibo di strada, quando Palermo, per un weekend, ha celebrato sè stessa come capitale europea dello street food.  

I palermitani amano lo "schiticchio", parola forse intraducibile che in italiano si potrebbe rendere come spuntino o pasto, meglio se in compagnia. Così il barocco monumentale di Piazza San Domenico è diventata la piazza dello schiticchio collettivo del cibo da strada alla palermitana. Il Panormvs Street Food Festival è una sfilata culinaria abbondante e caratteristica, interamente al femminile: la meusa, l'arancina, la stigghiola, la panella, le crocché, la cassata e qualche componente maschile come il cardo e il broccoletto in pastella, i cazzilli e ovviamente l'immancabile cannolo

Secondo "Forbes", Palermo è la quinta capitale mondiale dello street food, alle spalle di Marrakesh, Penang, Singapore e Bangkok. Ma dei numeri e dei parametri della rivista finanziaria americana i palermitani sotto sotto "se ne fottono". Anche perchè il primato di trovare un pasto completo di livello, a buon mercato e soprattutto disponibile a qualsiasi ora tra quelle strade che hanno assorbito dominazioni e influenze di ogni tipo, è qualcosa di cui andare fieri. Così, all'inaugurazione in una mattina caldissima di aprile come se ne trovano soltanto nel capoluogo delle contraddizioni, a "schiticchiare" in compagnia c'erano proprio tutti. Ma soprattutto loro, i protagonisti dei sogni culinari della città: da Nino Ballerino, alla Zia Pina, da Benny con le sue pizzette a Ganci e i suoi "pezzi" e tanti altri personaggi dell'antropologia panormita come Nò figghiu rù zù Gino. Ecco qualche immagine per raccontare gli stimoli e i peccati del palato. 

L'immagine non deve ingannare i profani. Si tratta dell'impasto per le crocché. Ma non esistono crocché senza le sorelle più belle, le panelle. Le frittelle, che brillano di lucentezza e danno senso ad una morbida mafalda con il cimino, affondano le radici nella tradizione araba, quando i conquisatori venuti da lontano, tra il IX e l'XI secolo si dilettarono a sperimentare delle ricette con la farina di cece. 

Eccole lì, le regine della gastronomia nostrana. Le arancine. Qui le polemiche sono parecchie. Dando per scontato il genere delle nostre prelibate palle di riso impanate o fritte e farcite, che sono femmine (mai dire arancino!), resta un dubbio amletico: Accarne o Abburro? Esistono scuole di pensiero e adesioni fideistiche che hanno la forza di religione monoteistica e poi tante varianti di pensiero, ma nel dubbio, al Festival si trovavano pure al cioccolato. Sacrilegio o pura fantasia.  

Il maccheroncello della "Zia Pina" è un'istituzione (ci siamo rifrescati la memoria e il palato anche noi). Gli avventori che sono passati dalla piccola trattoria di via dei Cassari, non distante dalla Cala, si ricorderanno il bancone dove è esposto il pescato del giorno pronto per finire sul piatto. Per il resto la "putìa" spartana e caratteristica resta un punto di riferimento per ogni itinerario culinario palermitano di strada che si rispetti.

Persino Salvini quando è venuto a Palermo ha mangiato estasiato i cannoli. L'associazione tra la politica e questo dolce di fama mondiale purtroppo evoca immagini contrastanti e controverse, se non altro perchè la cialda croccante di pasta fritta ripiena di crema di ricotta è il simbolo primordiale e imperituro della tradizione siciliana e delle sue relazioni. Come dimenticare i "Cannoli del Presidente"?

Ma Orlando, il "sinnaco" della Primavera e dei palermitani, che più di tutti ha lavorato per il rilancio dell'immagine della città, non poteva mancare per ribadire, anche dal palco della kermesse, che Palermo è la capitale mondiale dello street food. Adesso che "chiu scuru di mezzanotti non po fari" (peggio di così non può andare) non ci resta che mangiarci su e valorizzare con orgoglio e le nostre tradizioni culinarie. Senza dimenticare la mitica cassata. 

Una delle star indiscusse è lui, Antonino Buffa, in arte "Nino u Ballerino", titano del celeberrimo "panino ca meusa" (con la milza) e ormai celebrità (anche in tv) dell'arte dello street food palermitana. Nel suo sito web il Ballerino di Corso Finocchiaro Aprile si vanta di una tradizione familiare che è iniziata nel lontano 1802 e sopratutto di riuscire a "consare" un panino "maritato" in soli 10 secondi. Una precisazione: il panino ca meusa dev'essere consumato rigorosamente in strada, meglio inclinati in avanti per evitare di macchiarsi di unto e restare "nzivati", come si dice alla palermitana. 

Quando vedi delle nubi in mezzo alla strada, i segnali di fumo e gli odori portano sempre alla "stigghiola" o alla "sasizza". Mangiare gli spiedini conditi di budella di agnello o di capretto (più raramente pollo), prima di una partita del Palermo in curva farà di te un palermitano doc, degno di onori e rispetto. Rigorosamente vietato ai vegetariani. 

E nel frattempo volano vassoi con i mitici pezzi di Ganci, nella sua versione della Cala. Chi a Palermo non ha soddisfatto fame chimica o voglia spensierata di schiticchio notturno con la rosticceria più buona ed economica che non chiude mai? Quale palermitano emigrato non rimpiange la mancanza dei pezzi da mangiare in notturna in qualsiasi città in cui si trovi? Quale straniero non si innamorerebbe di un calzone fritto a un euro?

Polpo bollito e frutti di mare. Da preparare con cura. 

E per non farsi mancare niente, all'imbocco per via Giovanni Meli ecco Angelo Daddelli e i Picciotti, (anzi un picciotto) in formazione ridotta ma ispiratissima: voci, chitarra e contrabbasso. Mentre intonano canti e ballate della tradizione siciliana, gli avventori cibo e macchine fotografiche alla mano fanno delle richieste speciali. Una su tutte Nicuzza, ballata struggente della traduzione sicula reinterpretata dai Tinturia.