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Opinione pubblica europea: nessuno si senta escluso

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25 stati membri, quasi 500 mila cittadini e 21 lingue diverse. È la diversità piuttosto che l’unità ad avere la meglio nell’Ue. Ma i media, attraverso progetti partecipativi, possono avere un ruolo trainante nella creazione di un’identità europea.

Prerequisito essenziale per lo sviluppo di un’identità europea comune è un’efficiente opera di informazione svolta dai media, che permetta ai cittadini di essere coinvolti nel processo politico e di sentendosi così più europei. Sfortunatamente, i media europei sono ancora delle mosche bianche: ad eccezione di pochi esempi, come “ARTE”, “Euronews” o “Euractiv”, non esistono in pratica dei mass media multilingui e internazionali. Progetti giornalistici come il settimanale europeo “Guardian Europe”, promosso da Helmut Schmidt, o “The European” sono stati ben presto abbandonati. Sono state le traduzioni a dare il colpo di grazia a questi tentativi. Esse richiedono tempo e denaro, e implicano scomode differenze culturali che incidono sullo stile giornalistico. Vi è poi da considerare il numero esiguo di lettori e i mercati pubblicitari, tuttora strettamente nazionali.

Benché il numero di giornalisti impiegati a Bruxelles sia in costante aumento (solo i corrispondenti tedeschi sono passati da 40 nel 1991 a 133 nel 2003), i quotidiani sono ancora dominati da temi nazionali. L’Europa compare in prima pagina solo in occasione di eventi importanti, come l’introduzione dell’Euro. Thomas Meyer, politologo e autore del libro “L’identità dell’Europa”, ritiene che ciò sia dovuto proprio alla natura politica dell’Ue. “I media puntano decisamente sul sensazionalismo delle notizie. Se questo fattore fosse presente più spesso, l’interesse dei media nei confronti dell’Unione crescerebbe di conseguenza”. Al contrario, i temi di attualità che riguardano l’Unione sono per lo più complicati, anonimi e di scarso interesse per l’opinione pubblica, e non soddisfano affatto fattori cruciali per il giornalismo, che predilige notizie semplici e coinvolgenti. Tutt’oggi i media tradizionali non promuovono sufficientemente una coscienza comunitaria, È la popolazione che viene invitata a contrapporre ai giochi di potere di Bruxelles una società civile vigile.

È in movimenti transnazionali della società civile come quelli, ad esempio, del Forum Sociale Europeo e di attac (il network che ultimamente mobilita gli Europei contro il Trattato Costituzionale) che fa la sua comparsa per la prima volta un’opinione pubblica continentale.

Il mezzo di comunicazione di questa “eurogeneration” è Internet. Chiunque, infatti, con un dispendio minimo di tempo e denaro, può contribuire attivamente e assurgere, di fatto, al ruolo di “giornalista”. Indymedia è l’esempio di un network mondiale che potrebbe aiutare a creare una nuova sfera pubblica europea. Il movimento si prefigge come obiettivo primario la connessione di media e produttori di media alternativi, così da dare spazio a informazione indipendente dai media ufficiali. Al posto di una redazione vige un sistema di “produzione collettiva”, che garantisce un flusso di informazione estremamente aperto: tutti hanno la possibilità di pubblicare un articolo. Il modello ha un enorme successo: Indymedia è ormai presente ovunque nel mondo – solo in Europa in 40 stati e città. E a riprova del fatto che sul network il tema Europa acquista rilievo basta visionare la pagina iniziale del portale tedesco nel lunedì di Pasqua. L’articolo “Ue: un altro giorno di proteste a Bruxelles” tratta delle dimostrazioni in atto a Bruxelles contro la direttiva sul settore dei servizi, la famosa direttiva Bolkestein. Altre piattaforme web aperte come Europa-Digital in lingua tedesca, vivono grazie all’impegno volontario dei loro lettori, che sono allo stesso tempo autori.

Ma anche le istituzioni sfruttano sempre più metodi di giornalismo partecipativo. Margot Wallström, commissaria per la società dell’informazione e i mezzi di comunicazione di massa, pubblica sul suo Weblog aneddoti e episodi divertenti tratti dalla sua routine di commissaria. Ecco ad esempio cosa si trova scritto l’8 marzo, in occasione della Giornata Mondiale della Donna: “Giustamente la bambina del mio amico domanda: Ma allora tutti gli altri giorni sono la giornata dell’uomo?”.

Esiste dunque già una serie di esempi riusciti di giornalismo partecipativo a vocazione europea, che per la sua stessa natura si sviluppa soprattutto su internet. Ovviamente anche la rete ha i suoi punti deboli, come ad esempio la pluralità linguistica, la quale può facilmente trasformarsi in una barriera linguistica. Inoltre sono quasi esclusivamente i giovani a usufruire del “nuovo” mezzo di comunicazione. Un vantaggio del WWW rispetto ai media tradizionali non può però essere messo in discussione: il suo spazio è virtualmente illimitato, e come tale può accogliere ogni nuova idea e iniziativa personale. Resta perciò solo da sperare che l’opinione pubblica europea, che comincia ad affacciarsi timidamente sulla scena, diventi una realtà consolidata. Grazie sopratutto al cyberspazio e all’“open publishing” che questo permette.

Translated from Europäische Öffentlichkeit – Und alle machen mit!