OPERACIÓN PALACE: JORDI ÉVOLE NEI PANNI DI ORSON WELLES
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Francesco ChiaroIl falso documentario del giornalista catalano Jordi Évole sul tentato colpo di stato del 23 febbraio 1981 ha ottenuto un’audience di 5 milioni di spettatori. Un bluff troppo arrischiato dalle conclusioni ovvie che ha comunque fomentato dibattiti e una sfilza di reazioni contrastanti.
“Se vi dico di cosa parla, forse non possiamo mandarlo in onda”. Con queste parole lanciate a mo’ di esca il golden boy del giornalismo televisivo spagnolo ha catturato l’attenzione del pubblico indirizzandola verso il suo ultimo lavoro che, sotto l’epigrafe Operación Palace, prometteva – finalmente dopo 33 anni di ragionevoli dubbi e incognite mai risposte – “la verità sul 23 febbraio.” La verità, quindi, su quel mancato colpo di stato del 1981 che rese tristemente famoso il tenente colonnello della Guardia Civil Antonio Tejero, responsabile del sequestro in loco del Congreso de los Diputados per 48 fatidiche ore.
Un’impresa questa, che sembrava possibile nelle mani dell’ardito e irriverente Jordi Évole. L’asta per questo salto in alto giornalistico era ad altezza nuvole. Ogni spagnolo aveva più o meno fresche nella propria testa le immagini del giornalista catalano dando la caccia al presidente delle Corti Valenziane (l’organo principale della Generalitat Valenciana, NdT) Juan Cotino durante una festa gastronomica dove vennero accerchiati da una folla spontanea che non esitò a pretendere spiegazioni al suddetto per i suoi tentativi di silenziare le vittime del deragliamento della linea metropolitana del 2006 che costò la vita a 43 persone.
L’incidente, passato in sordina per più di sette anni, tornò improvvisamente al centro del dibattito pubblico e la manifestazione che i familiari delle vittime nonché le vittime stesse organizzavano il 3 di ogni mese divenne per la prima volta una manifestazione di massa che provocò la riapertura del caso nei tribunali spagnoli. Una cosa da poco insomma.
Con questi precedenti, le aspettative generate dall’annuncio di un programma speciale di Jordi Évole sul 23 febbraio 1981 erano enormi; una trasmissione destinata a far saltare i rilevatori elettronici dell’Auditel spagnola – come poi successe. Più di cinque milioni di spettatori si riunirono davanti ai propri televisori per assistere a quello che doveva esser una rivelazione sconquassatrice e che invece risultò essere… una farsa!
Non sarebbe stato più ovvio nemmeno se avesse abbassato e alzato il telone in stile Looney Tunes: è tutto gente! Il falso documentario inizia con toni gravi e rigorosi, introducendo i protagonisti di una presunta riunione segreta nell’Hotel Palace di Madrid dove si sarebbero radunati i principali leader di tutte le forze parlamentari del tempo al fine di ordire un colpo di stato da operetta che doveva arginare quello vero che avrebbero invece potuto compiere le forze armate. La versione ufficiale è ben nota.
3 E… AZIONE! RIDETE!
Metteteteci in mezzo il regista di B-movies José Luis Garci a dirigere la trama con il beneplacito del re Juan Carlos I, aggiungete un coro di vecchie glorie politiche a incastrare i pezzi del puzzle con Iñaki Gabilondo (giornalista spagnolo per El Pais tra le altre cose, NdT) e Luis María Ansón (giornalista spagnolo e direttore dell’ABC tra il 1983 e il 1997, NdT) a dargli manforte rispettivamente a sinistra e a destra e avrete un crescendo di surrealismo – diciamo intenzionale – che rasenterà la pagliacciata. E all’acme del programma, se tra il pubblico c’era ancora qualche sbadato ingenuo, fa la sua comparsa Évole in persona, spiegando quello che c’è da spiegare.
In effetti non c’è niente di vero e se mai qualcosa può definirsi tale, è sicuramente frutto del caso o dell’immaginazione di un Jordi Évole che – a Cesare quel che è di Cesare – ha avuto il coraggio di lanciare un’esca di dimensioni epiche davanti a un’audience di milioni di persone per arrivare a una conclusione quasi scontata: i mezzi di comunicazione ci mentono e la Spagna è cento volte più opaca del resto dei paesi limitrofi. Bisognava fare tanto rumore per questo?
La ciliegina sulla torta è il dibattito a tre con Gabilondo, l’ex-Ministro della Difesa Eduardo Serra e l’Ex-presidente del TSJ basco (il Tribunale Superiore di Giustiza , NdT), Garbiñe Biurrun. Un colloquio che, oltre a constatare l’esistenza di un patto tacito tra lo Stato e i mezzi di comunicazione che ha permesso alla monarchia spagnola di vivere nella bambagia fino allo scoppio della crisi e agli scandali del Botswana, non apporta nient’altro alla discussione che non sia il già trito e ritrito “qualcosa va fatto, qualcosa va cambiato.”
Qualche telespettatore più sveglio degli altri si sarebbe almeno aspettato che avessero rivelato, seppure in maniera velata, qualche chiave di lettura del 23 febbraio che non veniva fornita nel falso documentario, ma mai ci fu speranza più tradita. Il segreto giudiziario e la totale mancanza di trasparenza del governo spagnolo sono state usate per archiviare il tutto come se ormai non ci fossero tanti colpevoli a piede libero e omertosi, andando così a rinforzare la versione ufficiale in modo indiretto e, chissà, forse intenzionale.
L’INGANNO CI INGANNA?
E il fatto è che una conseguenza collaterale di prendere in giro il telespettatore per un’ora per poi rivelargli alla fine che era tutta una menzogna potrebbe essere il respiro di sollievo del suddetto al pensiero che, sotto sotto, non siamo messi poi così male. Tutto ciò se non è uno di quelli che hanno sghignazzato dal minuto dieci, nel qual caso la presunta riflessione che pretendeva suscitare Jordi Évole si riduce a semplice intrattenimento se non direttamente a un esercizio di fiction politica.
Nel peggiore dei casi, Operación Palace è una sottile ed efficace riduzione all’assurdo di un’altra teoria meno prosaica ma non per questo troppo distante dal quid della questione: il colpo di stato del 23 febbraio fu una manovra orchestrata dalle alte sfere dello Stato per legittimare la figura del re come garante della democrazia, una manovra nella quale la monarchia fu tutto tranne che arbitro imparziale o innocente pompiere pronto a spegnere il fuoco del franchismo.
Va comunque riconosciuto a Jordi Évole il merito di aver provocato con quest’ultima insolenza un susseguirsi di reazioni in tutti i sensi possibili e immaginabili, generando dibattiti su un tema forse fin troppo sacralizzato per trenta lunghi anni – e probabilmente il subbuglio mediatico non ne durerà altrettanti. Forse i panni di Orson Welles non gli stanno poi così tanto bene e forse emulare teorie “cospiranoiche” sull’atterraggio dell’uomo sulla Luna – l’ispirazione diretta per il suo falso documentario – non è il suo forte. Quello che si può dire senza ombra di dubbio è che domenica 23 febbraio 2014 Jordi Évole è tornato, anche solo per un giorno, ai tempi satirici del Follonero.
Translated from Operación Palace: Jordi Évole juega a ser Orson Welles