Oh-la-là: “li-bé-ral”!
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Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, fa discutere. Nel suo libro De l’audace! (Ediozioni Robert Laffont) si proclama, senza complessi, «socialista e liberale» perché il liberalismo – politico – «è innanzi tutto una filosofia della libertà».
Per qualcuno un’offesa, per altri un complimento: quando liberale è sinonimo di liberista.
Nel paese di Voltaire, infatti, la parola “libéral” è un’offesa imperdonabile. Lo stesso Chirac vantava le capacità della Costituzione per «lottare contro la globalizzazione liberale»: oh-la-là!
Ma l’aggettivo “liberale” potrebbe suonare come un complimento in italiano. Certo la parola ha un senso tutto politico, giacché in campo economico le si preferisce la più precisa “liberista”. Ma giova pur sempre ricordare che persino l’ex-premier Ds, Massimo D’Alema, si definiva “liberale”.
E del resto, in Polonia, “liberalny” è la caratteristica di ogni economia che si rispetti. Come in Gran Bretagna. Dove però il senso politico del termine varia a seconda del vostro interlocutore: scarpe da ginnastica e spinello in bocca? “Mentalmente aperto”. Tè e sigaro Churchill? “Perditempo”.