Ogm: il mondo in marcia contro i pericoli della Monsanto
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Vent’anni fa Jane Akre e Steve Wilson, esperti giornalisti della Fox, erano tra i pochi a denunciare le presunte collusioni tra la corporation, la FDA ed il governo statunitense. Oggi il grido di protesta coinvolge 400 città di tutto il pianeta.
Quando Jane e Steve, provarono a denunciare i rischi dell’ormone bovino della crescita sul latte statunitense, un ogm griffato “Monsanto”, l’emittente televisiva Fox, piuttosto che mandare in onda il servizio dei due reporter, decise di licenziarli.
Un’inchiesta scottante quella dei due cronisti, troppo per svelare gli effetti cancerogeni di un prodotto come il Prosilac, messo su mercato e sponsorizzato solo dopo l’autorizzazione della Food and Drug Administration degli Stati Uniti d’America, agenzia presso la quale all’epoca dei fatti lavoravano ex impiegati della Monsanto. Così il laissez-faire delle alte autorità nei confronti dei prodotti della multinazionale biotech (ormoni ma anche sementi e pesticidi rigorosamente transgenici) si è esteso anche fuori dai confini degli Usa e del continente americano. E con questo anche l’urlo degli attivisti anti-Ogm.
MARCH AGAINST MONSANTO: NON PIU’ OGM
Si chiama “March Against Monsanto” il movimento internazionale che si batte per impedire che la multinazionale dal fatturato di quasi 9 miliardi di dollari continui a gestire il monopolio alimentare del mondo. Con la complicità dei mass media e del loro silenzio, comprato a caro prezzo dell’azienda. A partire dallo scorso anno milioni di questi salutisti della resistenza 2.0 hanno deciso di istituire ed aderire alla giornata internazionale di boicottaggio della Monsanto, calendarizzata per il 24 maggio di ogni anno. Nel 2013 la marcia organizzata dagli attivisti ha contato la partecipazione di due milioni di persone, per gli organizzatori, centinaia di migliaia per gli organi di sicurezza. Denunciato dai manifestanti anche un presunto sabotaggio da parte dei mass media: mentre in Olanda la protesta veniva seguita dai principali giornali e dalle tv, negli Stati Uniti, dove la marcia coinvolse un numero indubbiamente più alto di dimostranti, la manifestazione divenne affare soltanto delle emittenti locali.
Quest’anno la marcia contro la Monsanto verrà riproposta e raggiungerà anche Roma e ad altre 400 città del mondo. Il fenomeno “boycott Monsanto”, infatti, non è totalmente sconosciuto nel nostro Belpaese. Basti pensare che lo scorso 5 aprile i rappresentanti di 38 associazioni si sono riuniti in diversi centri della Penisola per promuovere la campagna ‘Italia No Ogm’: l’obiettivo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del biologico, sano e Made in Italy, messaggio che verrà riproposto più volte in vista di Expo 2015. Inoltre tra un mese il Tar – la sentenza, inizialmente prevista per il 9 aprile scorso, è stata rinviata di 45 giorni - si pronuncerà circa un ricorso presentato da un agricoltore del Friuli contro un decreto interministeriale che ha bloccato l’uso del mais ogm della Monsanto nel nostro paese. Il risultato? Possibile via libera per le colture transgeniche in Italia. Quello che ambientalisti e contadini, pronti a mettersi in marcia contro Monsanto, vogliono categoricamente evitare che accada. Ma per cosa si battono i manifestanti che scenderanno in strada il prossimo 24 maggio?
ATTIVISTI: I LORO MOTIVI, LE LORO SOLUZIONI
Cinque i motivi della marcia, altrettante le soluzione proposte. “Le ricerche – si legge nel manifesto multilingue divulgato dal movimento - hanno dimostrato che gli alimenti geneticamente modificati della Monsanto possono portare a gravi condizioni di salute, come lo sviluppo di tumori del cancro, infertilità e difetti di nascita. Negli Stati Uniti, la Fda, l’agenzia con il compito di garantire la sicurezza alimentare della popolazione, è guidata da dirigenti ex-Monsanto, e riteniamo che c’è un discutibile conflitto di interessi e spiega la mancanza di ricerca da parte del governo sul lungo termine effetti dei prodotti Ogm”.
Inoltre il Congresso degli Stati Uniti e il presidente hanno passato in legge il cosiddetto “Monsanto Protection Act” che impedisce di poter arrestare la vendita di semi geneticamente modificati della Monsanto.
“Per troppo tempo – scrivono - la Monsanto è stata la benefattrice dei sussidi aziendali e favoritismi politici. I semi Ogm della Monsanto sono dannosi per l’ambiente, ad esempio, gli scienziati hanno indicato che hanno causato un collasso della colonia tra popolazioni di api nel mondo”. March Against Monsanto chiede l’etichettatura degli Ogm, l’abrogazione del “Monsanto Protection Act”, fondi per promuovere la ricerca sugli effetti sulla salute degli Ogm, l’esclusione degli ex dirigenti della corporation dalle agenzie statunitensi e rivendica il diritto all’informazione contro il sabotaggio dei media.
Sabotaggio che non risparmiò neppure Jane Akre e Steve Wilson. Dov’è finita la loro inchiesta?
Prima che il servizio potesse essere mandato in onda, i legali della Monsanto inviarono una lettera alla Fox annunciando che ci sarebbero state “tremende conseguenze” se l’inchiesta non fosse stata modificata nei sui tratti essenziali. La Fox offrì di pagare degli extra a Steve e Jane affinché insabbiassero il loro lavoro investigativo, frutto di oltre un anno di ricerche. I reporter hanno rifiutato la proposta e la vicenda – narrata nel pluripremiato documentario canadese The Corporation – è finita in tribunale.
Del loro servizio ci resta la consapevolezza che chi consuma il latte delle mucche cui è stato somministrato il Prosilac ha una maggiore propensione a sviluppare cancro a mammelle, prostata, colon. Il resto è rimasto vittima della censura Made in Usa.