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1 maggio festa europea
Paese che vai, usanza che trovi. Ogni nazione ha le proprie feste, la propria storia, la propria lingua. In Spagna tutti conoscono e ricordano il valore simbolico del 1 Aprile, in Italia quello del 25 Aprile (La Liberazione), in Francia quello del 14 Luglio (la presa della Bastiglia) e così via. Cambiare paese significa anche questo, lasciare la propria storia a casa per abbracciarne un'altra, una nuova, una diversa, non necessariamente migliore o peggiore. Ma esiste una ricorrenza con valore sovranazionale?
Sì, il primo maggio. Questa festa affonda le sue radici in una manifestazione organizzata a New York dai Knight of Labor nel lontano 1882. Alla base della ricorrenza ci sono la lotta di classe, il marxismo e l'internazionalismo comunista. L'obiettivo allora era quello di diminuire la giornata lavorativa a “sole” otto ore. Le pretese generali erano quelle di migliorare le condizioni lavorative tout court. Da allora iniziarono le grandi battaglie dei movimenti operai franco-tedeschi e delle trade unions anglosassoni. Passa alla storia come Fête international du Travail, Día Internacional de los Trabajadores o international workers' day. Nonostante le differenze linguistiche persiste un concetto fondamentale, il carattere internazionale della celebrazione. L'idea che alcuni diritti di vitale importanza debbano varcare i confini linguistici, nazionali, continentali. Un'idea di difficile attuazione, ma necessaria per una convivenza civile in un mondo che tende naturalmente alla globalizzazione. Una globalizzazione che viene spesso demonizzata e presa come capro espiatorio delle nostre crisi e dei nostri problemi, ma che se vista sotto l'ottica di una mondializzazione dei diritti può assumere un valore estremamente positivo.
L'ossessione internazionale dominante ci porta frequentemente a conferire «carattere europeo» a tutto ciò che ci passi davanti, ma la «generazione erasmus» esiste davvero e oggi lo si può affermare senza ipocrisia alcuna, il 1 maggio è una festa europea. Oggi il nostro vecchio continente si ferma. E con lui lo fa mezzo mondo.