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Numeri che parlano da soli: aborto, obiettori e diritti

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società

L'aborto in Italia continua ad essere una questione spinosa, che porta con sé molte obiezioni. E, quando si parla di obiezione di coscienza, le cifre sono impressionanti: 7 medici su 10 rifiutano di praticare l'aborto.

Il 1978 segna una data importante per i diritti delle donne: passa la legge 194, che legalizza l'interruzione della gravidanza. A circa trent'anni di distanza però, una donna che vuole abortire deve ancora intraprendere un cammino estremamente complicato. Non solo per le implicazioni fisiche e psicologiche che un aborto determina, ma perché pare sempre più difficile trovare un medico che non sia obiettore.

Secondo infatti una recente relazione del Ministero della Salute, che prende in esame dati relativi al biennio 2013-2014, il 70% dei medici italiani rifiuta di praticare l'interruzione di gravidanza. Una cifra in costante aumento se si considera che nel 2005 gli obiettori erano il 59%.

La scelta dell'obiezione di coscienza si scontra con il diritto della donna di accedere a un servizio sancito per legge, che si traduce in un percorso ad ostacoli e contro il tempo. Le aziende sanitarie sono tenute a fornire dei medici non obiettori, che spesso però non sono in numero sufficiente per coprire le richieste di intervento: questo porta a rallentamenti nel compimento dell'operazione, con conseguenze devastanti sulla donna e un surplus di lavoro per quei medici che praticano l'interruzione di gravidanza. In alcune regioni, come il Molise (93,3%) e la Basilicata (90,2%) la percentuale di obiettori supera il 90%.

Un ulteriore studio condotto da Ipsos ha individuato che in Italia, rispetto ad altre Nazioni europee, è più diffusa la convinzione che l'aborto vada praticato solo ed esclusivamente in caso di pericolo per la madre, e non per altre motivazioni.

Chi deve abortire, oltre al peso della scelta, deve sperare di trovare un medico non obiettore e che la lista d'attesa non sia troppo lunga.