Non sottovalutate il 2005
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Patto di Stabilità, Budget quinquennale e Lisbona: c’è tanta economia nell’agenda dei 25 per il nuovo anno. Ma anche un quesito politico cruciale. Da cui dipenderà il futuro del progetto europeo.
L’anno del consolidamento. Il big bang istituzionale e genetico vissuto dall’Europa nel 2004 lascerà spazio, nel 2005, a un processo di riposizionamento su nuove coordinate politiche, economiche e sociali, ancora tutte da scrivere.
L’Europa che entra nel nuovo anno è radicalmente diversa rispetto a quella che solo 12 mesi fa si apprestava a vivere uno dei periodi più rivoluzionari della sua breve storia di integrazione: l’allargamento a 25, il varo della prima Costituzione, il rinnovo di Commissione ed Europarlamento, il sì all’apertura di negoziati con la Turchia e i tragici attentati di Madrid hanno irreversibilmente modificato gli assetti dell’Unione. Che ora dovrà necessariamente fare un po’ di ordine intorno a tutte queste novità, pena una possibile “crisi di rigetto”.
Elettorato disorientato
Le sfide che dovrà affrontare l’Europa nel 2005 presentano un profilo più basso rispetto a quelle che hanno animato il 2004: nondimeno, costituiranno il primo vero banco di prova per l’Unione. La domanda a cui rispondere adesso è: “quanto questo gigantesco soggetto politico ed economico è realmente in grado di funzionare?”.
I tre grandi temi che riempiranno l’agenda dei 25 –almeno nel primo semestre– sono di carattere strettamente economico: nell’ordine, la riforma del Patto di stabilità, il rilancio del Processo di Lisbona, la definizione delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Non riusciranno ad attirare probabilmente l’attenzione dei 450 milioni di cittadini europei, ma rappresenteranno test cruciali per comprendere fino in fondo quale futuro ci attende. Una riforma del Patto troppo lassista, un rilancio poco convinto dell’Agenda di Lisbona, o un budget estremamente ridotto e insufficiente per l’Unione, costituirebbero inevitabilmente segnali allarmanti circa la reale convinzione dei leader europei di affrontare uniti il difficile momento che attraversa la nostra economia. Al contrario, una riforma del Patto in senso più flessibile, ma che non ne tradisca il rigore originario, una vera revisione di Lisbona con obiettivi chiari e realistici, e un budget adeguato alle esigenze di bilancio comunitarie, invierebbero segnali di vera leadership a un elettorato già di per sé disorientato e sempre più “euroapatico”. Nel conto si dovranno mettere ovviamente anche gli inevitabili attriti e i conflitti tipici di un condominio, quello europeo, dove l’accresciuto numero di “famiglie” non è finora stato accompagnato da una parallela convergenza di interessi.
L’asso nella manica di Blair in favore dell’adesione turca
Ma il 2005 sarà anche l’anno dei primi referendum sulla Costituzione, i cui esiti saranno determinanti nell’influenzare il cammino del Trattato verso la ratifica: da tenere d’occhio, in particolare, quello danese, quello francese e quello polacco. Un solo “no” potrebbe mettere in seria difficoltà l’intero progetto. Senza contare l’avvio dei negoziati di adesione con la Turchia, a ottobre: il via libera, nel corso dell’ultimo Consiglio Europeo, è giunto tra mille difficoltà. Il Governo di Recep Tayyp Erdogan riconoscerà Cipro, ormai membro dell’Ue, almeno “de facto”? E se non lo farà, come reagirà l’Europa? Chiuderà un occhio, spinta dalla Presidenza di turno in mano alla filo-turca Gran Bretagna nel secondo semestre 2005, o prenderà i necessari provvedimenti?
La visita di Bush nel cuore dell’Europa
Infine, il 2005 sarà anche l’anno della visita di George Bush nel cuore dell’Unione Europea, a Bruxelles. Quale Europa troverà ad attenderlo? L’Europa degli amici e delle pacche sulle spalle, quella di Blair e Berlusconi, o l’Europa che diffida di lui e delle sue politiche unilateraliste, quella del trio Chirac-Schroeder-Zapatero? O, per girare la domanda, riuscirà quest’Unione ancora così divisa in politica estera a trovare una linea comune da presentare a Bush?
Implementazione delle nuove politiche migratorie, lotta al terrorismo, relazioni con la Russia e allargamento a Bulgaria, Romania e Croazia le altre principali sfide in calendario.
Comunque vada, una certezza l’abbiamo già: non dobbiamo sottovalutare il 2005. Sebbene le sfide che quest’anno porterà nell’arena politica europea non siano paragonabili –per impatto mediatico– a quelle dell’anno appena trascorso, sarà proprio nei prossimi mesi che capiremo quale futuro attende il progetto politico che da 50 anni dà speranza al nostro Continente.
Se anche nell’“ordinaria amministrazione” i 25 leader dell’Unione riusciranno a far prevalere –pur tra molte difficoltà– una linea comune, allora si potrà guardare con fiducia al futuro del progetto comunitario. In caso contrario, l’Unione potrebbe andare incontro a una delle più gravi crisi politiche della sua storia. Una crisi da cui potrebbe nascere un’altra Europa, più piccola e più integrata politicamente, opposta a una Ue troppo estesa e divenuta ingovernabile. Inutile e difficile fare previsioni: la storia ci dirà quale delle due ipotesi segnerà il nostro futuro. Quel che è certo è che potete contare su café babel, come osservatorio permanente e aperto di queste evoluzioni.