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Non si tratta solo di mercato, bellezza!

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Default profile picture Morag Young

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Ottavio Di Bella

Le conseguenze del sistema capitalistico vanno ben oltre l’economia: influenzano il tessuto stesso della società moderna.

Margaret Thatcher una volta, in modo piuttosto infame, dichiarò 'non mi risulta che esista questa cosa chiamata società'. Diciassette anni più tardi il mondo è un posto completamente diverso eppure, salvo notevoli eccezioni, il sistema economico da lei sostenuto è l’unica ideologia politica a esser esportata ovunque. La caduta della cortina di ferro ha provocato in tutt’Europa il crollo dell’unico rivale di allora, il comunismo. Oggi ci si aspetta che la comunità globale nel suo insieme abbracci con entusiasmo le meraviglie del capitalismo. Ma oltre alle implicazioni economiche, cosa significa il libero mercato per le società, in Europa e oltre?

Nuota o affoga

In termini capitalistici, Margaret Thatcher diceva il vero, congedando definitivamente la nozione di 'società'. In un mondo capitalista il successo individuale è tutto, e lavorare per e con gli altri a beneficio della società nel suo insieme è una nozione impossibile da afferrare. Il capitalismo è prettamente individualistico, e tale da provocare uno stile di vita alla nuota o affoga. Congratulazioni a quanti hanno imparato a nuotare. Per chi affoga beh, mi spiace. In superficie, comunque, il sistema capitalista moderno sembra esser animato dalle comunità. Il nostro è un mondo dominato dalla nozione di ‘diritti’, il che da l’idea che la considerazione per i meno fortunati sia centrale nel sistema politico occidentale. Eppure la nozione di diritti fondamentali per tutti, venne creata nel secondo dopoguerra in un periodo di autoconsapevolezza sociale che mirava a prevenire la possibilità che il debole potesse subire abusi da parte del più forte. Oggi, questi diritti vengon sempre più utilizzati per consentire ai singoli di continuare a vivere come vien loro più comodo, sapendo bene che in base alle leggi internazionali hanno ogni 'diritto' ad agir così e qualsiasi tentativo di ostacolarli è un'infrazione a quei ‘diritti’.

Individualismo su una scala internazionale

Cosa intende poi fare questo trend individualistico per saziare quelle organizzazioni internazionali create nel periodo socialmente autoconsapevole del dopoguerra, organizzazioni come l’UE, l’OSCE e le Nazioni Unite? Al pari dei propri cittadini, anche i singoli paesi sono ormai concentrati nell’obiettivo di perseguire esclusivamente il loro proprio successo. L'invasione americana dell'Iraq è solo uno degli esempi del concetto moderno per cui anche se il resto della società internazionale non è d'accordo con te, bastano i tuoi desideri e far come credi per giustificare qualsiasi azione. Così, le Nazioni Unite appaiono sempre più desuete, poiché i paesi disdegnano la necessità di lavorare con chiunque non offra gratificazioni immediate. Il senso delle cose oggi è trovare ‘alleati’, coloro che sono 'con noi', opposti a coloro che sono 'contro di noi'. Questo ritorno al vecchio sistema buoni-o-cattivi è in contraddizione diretta con i sogni del dopoguerra di unità e di cooperazione internazionale.

L’attuale malfunzionamento dell’UE semplicemente riflette in modo simile il triste fatto che i suoi membri non manifestano più il desiderio di lavorare insieme per migliorare il destino dell'Europa, ma soltanto per arraffare quel che possono in quelle istituzioni e fuggir via il più rapidamente possibile. L'idea che parte degli obiettivi dell’UE sia di migliorare la vita di tutti gli europei suscita oggi ilarità. Perché il Regno Unito dovrebbe curarsi del fatto che esistano dei problemi in Portogallo? E’ forse un cruccio per la Francia il fatto che la Slovacchia possa necessitare di aiuto? La sopravvivenza dei più forti è l'ethos che rimbomba nei corridoi di Bruxelles; e sempre più aumentano i tentativi da parte degli stati membri di prelevare quelle aree di politica UE che non vanno d’accordo con i propri singoli piani.

Ovviamente, è ben possibile contare i benefici che il capitalismo garantisce all’intera società. Quale però che sia l'ammontare di aiuti che le nazioni ricche, capitalistiche danno ai paesi del terzo mondo, sono questi ultimi a passarsela male. Gli aiuti internazionali rappresentano un fatto positivo, ma anche qui si nasconde quell'egoismo abbastanza evidente spesso nato all'ombra del capitalismo. L'ammontare di aiuti che una nazione ricca sceglie di dare ad un paese più povero è influenzato spesso da considerazioni politiche e legato a futuri benefici economici del paese donatore. E’ una notizia recente che l'Amministrazione Bush ha persino sospeso gli aiuti a paesi che rifiutano di sostenere l'immunità degli americani innanzi alla Corte Penale Internazionale. Questo non è altruismo, ma il buon vecchio stile manipolatorio del forte sul debole.

Il fatto è che finché la gente non la smetterà di considerare il capitalismo solo come un mero sistema economico e inizierà a riconoscerne gli effetti realmente negativi sulle fondamenta delle nostre società, l’Europa ed il mondo nel suo insieme continueranno a soffrire. Siamo riusciti a creare un mondo in cui l'avidità e il profitto personale vengon valutati in modo così estremo che il disagio di chi non è in grado, quale che ne sia la ragione, di competere, viene troppo spesso completamente trascurato nella corsa per l’arricchimento materiale individuale. Qualsiasi cosa i politici vogliano farci credere, sembra abbastanza evidente che non stiamo vivendo un buon momento nella comunità internazionale.

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Translated from It’s not just the economy, stupid