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Niente europeismo senza comunicazione

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Il vero problema della campagna per l’approvazione del Trattato costituzionale dell’Unione Europea è un deficit di comunicazione. Ecco cosa fare.

Una delle principali ragioni addotte per la redazione del Trattato costituzionale europeo era la necessità di affrontare il problema del disimpegno popolare. L’idea era che una costituzione avrebbe avvicinato l’Ue ai cittadini, rendendola più accessibile e trasparente. Ma se la Francia, vale a dire il paese che più di ogni altro si è adoperato per creare e per plasmare l’Ue, non riesce a convincere i suoi stessi cittadini dei vantaggi dell’Unione, chi altri può farlo?

Ai cittadini non arriva il messaggio

Le difficoltà che il Presidente Chirac e la campagna per il “sì” stanno incontrando in Francia per il referendum del prossimo 29 maggio ben esemplificano l’incapacità di comunicare delle istituzioni europee e dei parlamenti nazionali, che era già apparsa evidente nel calo di partecipazione alle elezioni europee dell’anno scorso (meno del 45%).

Le difficoltà della campagna per il “sì” rappresentano un segnale d’allarme per le élites politiche europee, che troppo a lungo hanno dato per scontata l’influenza crescente dell’Ue. Con grande sorpresa e sgomento da parte di Chirac, il referendum ha messo a nudo un senso di frustrazione repressa nei confronti dell’Unione. I referendum sulla Costituzione in giro per l’Europa sono così diventati la prima grande verifica dell’opinione pubblica su quello che l’Ue è diventata e sulla direzione che ha intrapreso. La scomoda situazione in Francia ha esposto il baratro tra la retorica altisonante e la cruda realtà di una Bruxelles che lascia i cittadini indifferenti o tutt’al più confusi. Un sondaggio Eurobarometro a gennaio ha rilevato che più del 50% degli europei era a malapena a conoscenza dell’esistenza della Costituzione. Non solo. Un terzo non ne aveva addirittura mai sentito parlare. Le conseguenze sono pericolose. E’ chiaro che l’Ue manca di legittimità popolare alla sua base.

Il mercato unico non fa colpo

Forse ciò che sorprende maggiormente per quanto riguarda la campagna per il “sì” in Francia è l’assoluta incapacità di convincere i cittadini dei successi dell’Ue. Invece di parlare in toni assertivi di quello che la Costituzione cambierà, il principale argomento di Chirac a favore del Trattato è stato che si tratta di un testo francese e che rifiuta il programma di liberalizzazione anglosassone – il «comunismo della nostra era», come lo chiama lui. Questo ricorrere a una critica contro gli anglosassoni equivale ad ammettere la propria incapacità di convincere i cittadini.

Ma perché poi proprio gli stessi cittadini dell’Europa sono così disinteressati o del tutto ostili alle virtù dell’Ue? Innanzitutto, come Chirac ha avuto modo di rendersi conto lo scorso mese in occasione di un dibattito televisivo con un pubblico di giovani, l’argomento che l’Unione Europea ha messo fine alle guerre nel continente non conta più di tanto per la nuova generazione. Allo stesso modo, affermare che l’Ue ha garantito una prosperità senza precedenti non ha poi molta presa su elettori che vivono in paesi gravati da alti tassi di disoccupazione e da una crescita stagnante, come la Germania o la stessa Francia. Jacques Delors, un ex-Presidente della Commissione Europea, una volta ha affermato che «non c’è verso che il Mercato Unico faccia colpo sulla gente». Il suo commento ben illustra quanto sia difficile convincere i cittadini che le politiche complesse e tecnocratiche dell’Ue migliorino effettivamente le loro vite. Eppure ciò resta il compito dei politici e dei burocratici.

Inoltre, il successo più recente dell’Ue, cioè la diffusione della democrazia in paesi fino a non molto tempo fa comunisti, sta paradossalmente compromettendo la popolarità dell’Unione in alcuni stati, specialmente in Francia. La campagna francese per il “no” ha insistito pesantemente sull’idea che i nuovi stati membri dell’Ue rappresentino una minaccia per la visione francese di un’“Europa sociale” a causa delle loro politiche economiche. Un’altra spiegazione per l’euroscetticismo popolare è la tendenza dei politici in tutta Europa a servirsi dell’Ue per i propri fini politici nazionali. Spesso ciò ha significato fare dei burocrati di Bruxelles dei capri espiatori per problemi autoinflitti. In gran Bretagna, ad esempio, il governo laburista ha presto scaricato la colpa delle crescenti lungaggini burocratiche britanniche sull’Europa. La verità – un complesso intreccio di regolamenti interni ed europei – va persa in quanto la stampa adora poter criticare quella che viene considerata come un’ingerenza indesiderata da parte di Bruxelles.

Una nuova politica di comunicazione

Nel tentativo di combattere questo problema d’immagine, l’anno scorso è stato creato l’incarico di Commissario per le Relazioni Istituzionali e la Strategia di Comunicazione. Margot Wallström, che ha ricevuto il non invidiabile compito di migliorare le capacità comunicative dell’Ue, sostiene la necessità di un radicale riassetto della strategia dell’Unione basata su una regionalizzazione delle politiche di comunicazione. Wallström ammette che ci sono troppi messaggi divergenti in provenienza da Bruxelles e troppo poco personale per comunicare questi messaggi. «In molti uffici non c’è nemmeno un addetto stampa», afferma. Chiaramente, ciò lascia ampia libertà ai media, che possono seguire i loro programmi senza dover passare per vari canali come avviene nel caso dei dicasteri politici nazionali, che cercano di elaborare messaggi mirati per i media. Tuttavia, con un budget per la comunicazione di 200 milioni di euro per il 2005, i contribuenti europei non avrebbero forse il diritto di aspettarsi una strategia più efficace?

Dato questo fallimento al suo interno, è ironico che l’Europa sembri non avere alcun problema a vendere la sua immagine all’estero. L’allargamento Ue lo scorso maggio, così come la lista crescente di paesi che attendono con impazienza di potersi unire al club europeo, dimostrano che l’Ue trasmette un messaggio positivo al suo esterno, quello di un’organizzazione che ha garantito cinquant’anni di prosperità, libertà, pace e stabilità. Ma anche se gli elettori europei approvassero la Costituzione, Bruxelles dovrebbe rendersi conto che in futuro dovrà fare molto di più per convincere i cittadini dei benefici dell’Ue. Nell’eventualità di una mancata ratifica, la Costituzione diventerà non il simbolo di un’Unione più vicina ai suoi cittadini, ma piuttosto un verdetto di colpevolezza per un’Ue più che mai lontana. E Bruxelles e i governi nazionali dovrebbero assumersene tutte le responsabilità.

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