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Niente EOTG senza dibattito!

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JSeb 2.0

La Parisienne di cafébabel

Che politica urbana per quale società? Ora è diventato una tradizione. Quando un Europe On The Ground accade, si finisce con un caffè-dibattito. La Parigina, malgrado le sue tendenze ribelle, si è piegata agli usi e costumi in vigore nella sfera babeliana. Quindi un caffè-dibattito è stato organizzato sul tema « Che politica urbana per quale società ? ».

Due ore di scambi intensi, che sono andate molto veloce.

Articolato intorno al tema dell’alloggio, linea direttrice di quest’edizione dell’EOTG, il dibattito ha raccolto inviti di qualità : Pierre Mansat, vicesindaco di Parigi, in carica delle relazioni con le enti locali d’Ile de France ; Mourad Cheurf, consigliere che dirige l’agenzia consulente MConseil, specialista delle politiche urbane ; Fernando Navarro, giornalista spagnolo, redattore a Babel internazionale. Anche il pubblico era di qualità : numerosi parigini, e europei.

Sotto la guida di Ruth Bender, redattrice a Cafebabel.com e organizzatrice di questo EOTG e di Jean-Sébastien Lefebvre, segretario generale della Parigina e giornalista emerito, le discussioni sono state in maggior parte focalizzate su Parigi e il problema sul clivaggio tra la capitale e la periferia.

Clivaggio sociale ma anche economico e strutturale con trasporti mal organizzati al di là della circonvallazione e infrastrutture locative arcaiche. Pierre Mansat ha immediatamente sottolineato questa dualità spiacevole tra Parigi e la sua perferia, tuttavia ricordando che esistono anche differenze in scala delle periferie dove, sfortunatamente, si organizza la « ghettoizzazione ». Secondo lui, l’esempio parigino è rappresentativo di una tendenza alla dissociazione delle grande città europee. Parigi è solo un esempio stridente della disintegrazione geografica e sociale delle nostre società moderne. Altre grande città europee soffrono di questo male comune che è la mancanza di solidarità.

In compenso, secondo Mourad Cheurf, il dilemma centro-perferia non è la spiegazione migliore del clivaggio attuale. I ripiegamenti communitari non devono neanche semplicemente essere stigmatizzati come attitudine reazionarie contro l’ordine pubblico ma devono essere interpretati come signali di una politica urbana disadattata in confronto alle realità urbane, culturali e sociali degli ultimi anni.

 Secondo lui, bisogna « mettere l’umano al centro della politica urbana » e convenire d’iniziative « permettando di vivere tutti insieme ». Per fare questo, i pubblici poteri dovrebbero, all’immagine di quello che si fa negli Stati Uniti, coordinare meglio la loro azione con quelle delle società di consiglio private la quali esperienza del posto sarebbe una grande valore aggiunta.

Agitatore di questo dibattito, Fernando Navarro ha fatto notare che, al contrario della Spagna, la Francia continua a riempirsi la bocca di grandi discorsi sul malessere sociale e la necessità di avvicinare i cittadini senza prendere misure concrete. Lo sport, eccelente fattore di scambio e vettore d’incontri tra gli abitanti, potrebbe essere più investito dalle politiche urbane. Esistono stadi a Parigi e nella periferia, si, ma stadi per l’allenamento e le competizione destinati ad accogliere gli incontri professionali. Perchè non aprire gli stadi ai cittadini se lo sport è cosi federalistico… ? Una questione lasciata senza risposta dai due altri ospiti.

 Fernando ha anche sottolineato il problema di concentrazione delle zone commerciali e residenziali che contribuiscono a circondare le zone che produscono richezze e quelli che possono direttamente approffitarne.

 Secondo Mourad Cheurf, c’è un’unica parola d’ordine : « fermare il miserabilismo » e comminciare a « prendersi in mano ».

Un publico molto atentivo

Di fronte a questo proposto deciso, Katharina, tedesca (ex Germania dell’Est) facendo parte del pubblico, è meno categorica. Un’iniziativa popolare per uscire dalla crisi è certamente auspicabile ma non è abbastanza. Citando l’esempio di Berlino, sottolinea una promiscuità più importante nelle città tedesche, che, al contrario della Francia, non relegano le strati sociali meno favorizzate alla periferia, ma si sforzano a mescolarle al resto della popolazione. Quindi la « segregazione » le sembra meno severa che a Parigi. E importante dire che i determinismi territoriali sono strutturanti.

 Katharina aggiunge anche che le politiche urbane dovrebbero magari attaccare il problema alle spalle. Cioè reintrodurre promiscuità e diversità culturale nei centri urbani per pacificare al minimo gli spazi e riportare a una continuità territoriale.

Italiano di cuore, Adriano, va a cercare ancora più lontano le ragioni del malessere francese. Secondo lui, le manifestazioni di violenza occorrono dapertutto in Europa e a fortiori in Italia – sopratutto durante le partite di calcio negli stadi -  ma quello che fa la singolarità del caso francese e la sua tendenza alla « repressione culturale ». Senza tuttavia cadere nella critica staliniana, sembrerebbe che la mancanza di apertura della Francia alla diversità culturale spieghi i movimenti di contestazione che sono stati osservati nei loro forme più estreme durante gli ultimi tre anni.

Interrogati sulla situazione nei loro paesi, Kadri e Natali hanno dato un colore europeo a un dibattito molto… parigino !

 In Estonia, il probema si esprime diversamente perchè c’è una separazione etnica netta e rivendicata tra i russi e gli estoni. Come non è rimessa in causa, questa situazione, eredità storica e anche fondamento delle diverse tendenze politiche, non si preta attualmente a nessuna soluzione concepibile.

In Pologna, il problema si pone ancora in un modo diverso. Non esiste un ministero delegato alle politiche urbane sul terrtorio polacco dover la separazione dei quarteri difficili si fa in zone. L’aumento della criminalità osservato dopo il crollo sovietico ha condotto al ragruppamento delle zone a rischio identificate dalla popolazione.

 Questo Europe on the Ground ci ha insegnato che non c’è una soluzione unica a un problema unico ma una molteplicità di fattori storici, geografici, sociali e politici ai quali la politica urbana, da sola, non può offrire una risposta miracolosa.

 

Sophie Helbert & Jean-Sébastien Lefebvre

Traduzione : Saveria Arma  & Sophie Janod

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