Nel cuore della rivoluzione arancione III - Uno sguardo al futuro
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Ottavio Di BellaTerza ed ultima parte della nostra serie di tre servizi alla scoperta dei giovani che hanno fatto la rivoluzione in Ucraina. Riuscirà Yushenko a mantenere le promesse fatte ad una gioventù profondamente avida di cambiamenti?
26 dicembre 2004. Croce rossa di San Giorgio su sfondo bianco: in questa mattina di elezioni a Kiev, una bandiera straniera fa capolino in mezzo alle tende dei manifestanti della rivoluzione arancione. Si tratta del vessillo dei georgiani. La loro postazione sta accanto a una tenda installata alla memoria di un georgiano celebre in Ucraina: il giornalista Georgiy Gongadze, assassinato nel 2000 in situazioni mai chiarite. Molto probabilmente per via di una cassetta audio che chiamava direttamente in causa la presidenza Kutchma. Un caso che ha scosso il potere di quest’ultimo e del suo primo ministro Yanukovitch.
Fratellanza caucasica
I georgiani vengono in Ucraina, attirati dalle prestigiose università di Kiev. Elene, metà ucraina e metà georgiana, studia all'università statale di Kiev. Come i suoi compagni ucraini, ha lasciato tutto per la rivoluzione e cammina con una rosa arancione in mano, un simbolo che le ricorda entrambe le due rivoluzioni della sua vita. “Siamo dei cittadini venuti a difendere l'Ucraina: alcuni di noi erano in Georgia per la rivoluzione delle rose (la rivoluzione che ha rovesciato nel 2004 il potere del presidente Chevarnadze), altri abitano, vivono e lavorano qui”. I loro nomi sono Georgi, Levan, Timour, Elene… Hanno persino fatto delle collette a casa loro in Georgia per poter venire qui a sostenere i manifestanti ucraini. Ogni rivoluzione ingrossa le file dei contestatori in tutti i paesi dell’universo post-sovietico. "Protestiamo contro i crimini di questo governo, sostieniamo il popolo ucraino. La Georgia ha dato l'esempio da seguire. Se un'altra rivoluzione avrà luogo, in Bielorussia ad esempio, andremo anche là". Non c’è alcun dubbio che gli ucraini saranno del tutto pronti a sostenere i loro vicini e cugini bielorussi. Poco importa a questi georgiani che le promesse di Saakashvili facciano fatica a concretizzarsi. “Anche se la crescita del paese non è proprio rapida, Saakashvili ci ha ridato la libertà”, ribatte Georgi.
Il muro torna a cadere
Alcuni si chiedono se questa rivoluzione non sia stata fomentata da una mano invisibile, americana o comunque esterna. Ma quello che ha cementificato il movimento resta prima di tutto il desiderio dei cittadini di chiudere con un’opprimente società post-comunista. Contrariamente ai paesi dell'Europa centro-orientale, nel 1989 l'Ucraina ha dovuto da subito lottare per la propria indipendenza da quell’Unione Sovietica cui appateneva. Il paese si appoggiò ad una classe di dirigenti ucraini uscita degli ingranaggi della macchina sovietica. La sola liberalizzazione fu quella del profitto, non quella dei costumi politici: venne dichiarato e acquisito il diritto di arricchirsi, ma le regole opache, gli apparati di partito ed il regime autoritario rimanevano in piedi.
A guardare verso Maidan, la piazza dell’indipendenza, i blocchi di polistirolo che circondano l’aiuola sembrano lembi di muri abbattuti. Scarabocchiati, segnati dalla parola “pace”, danno l'impressione che un secondo muro di Berlino sia appena caduto. Un muro che separava l'Unione Europea dalle ex Repubbliche Sovietiche. Sembra avviarsi una seconda transizione democratica in Europa, una seconda ondata di desovietizzazione, mutuata dal patriottismo e dal timore di allontanarsi da quell’antica potenza tutelare che è la Russia, giudicata dagli ucraini ancora troppo “coloniale”.
Maksym Pevshen, conte e produttore televisivo, ha fornito l'aiuto materiale necessario ai “rivoluzionari” ucraini. È categorico: senza le classi medie ed il sostegno degli imprenditori ucraini, la rivoluzione arancione non sarebbe potuta riuscire. “Tutto il settore della media impresa è stato di aiuto. Soprattutto perché nei due anni in cui Medvechuk, padrino del clan degli oligarchi di Kiev, è stato direttore dell'amministrazione di Kutchma, ed il fratello il capo dell'amministrazione tributaria ucraina, ce la siamo vista veramente brutta. Non c'erano regole di nessun tipo, ed era impossibile tentare vie legali per difendersi. E’ stato il tempo del potere dei banditi. Altro non facevano che appropriarsi delle attività altrui. Alcune imprese sono state così, di punto in bianco, liquidate. E la corruzione è dilagata”. Per lui e per gli uomini di affari che partecipano a Stab, l'associazione che si è incaricata della logistica dei campi, sostenere Yushenko è una scelta semplice: “Se avesse vinto Yanukovitch e il clan che lo sostiene, quello di Akhmetov (un oligarca che controlla l’industria del carbone nell’est del paese), i nostri affari sarebbero finiti… e avremmo abbandonato il paese”. In modo simile, del resto, i principali sostenitori del partito di Yuschenko, Tak, e di PORA, l’organizzazione studentesca che ha strutturato la rivoluzione, rappresentano delle vere e proprie start-up che seguono dei modelli di business. Uno dei punti chiavi del programma di Yuschenko risponde ai bisogni di questo elettorato, avido di aperture economiche, di regole chiare e di trasparenza: “Vogliamo un cambiamento che permetta lo sviluppo delle piccole e medie imprese in modo da ottenere maggiori introiti fiscali”, annuncia Oleksandr Zinchenko, colui che dirige la campagna del futuro presidente.
Se si stuzzicano gli appetiti economici
A Maidan, dopo l'annuncio dei risultati del terzo turno giro, esplode la gioia. Giovani, meno giovani, studenti o uomini di affari, ricchi e poveri si stringono insieme con fervore in piazza dell'indipendenza in attesa del discorso del candidato appena eletto. E mentre aspettano, guardano Channel 5, l’emittente pro-Yuschenko che analizza i primi risultati.
L'indomani, invece, è l'ora del panico. In tutto il paese, la gente va in massa a ritirare i propri depositi spinta dalla paura che col cambiamento di potere, le banche falliscano. L'economia ucraina ha infatti risentito di tutte queste settimane di rivoluzione. Ma la vittoria di Yushenko vede risalire il corso della borsa e gli affari che verranno prospettano un futuro roseo per i finanziatori della rivoluzione. Lauti profitti potrebbero derivare dalle privatizzazioni o da progetti come l’oleodotto Odessa-Brody, stuzzicando così gli appetiti economici. Un'altra sfida consisterà nell’aumento delle pensioni per le babuschke, le piccole vecchie che quasi non percepiscono alcun sussidio e che in queste settimane hanno venduto sciarpe Tak e pupazzi arancioni per arrotondare a fine mese…
Appaiono assai considerevoli dunque le sfide per Yuschenko. Sfide che non potrà affrontare senza il sostegno dell'Europa, a cui già si guarda con un gran fascino. Resta anche da capire se il new deal porterà profitto esclusivamente ai sotenitori, in un momento in cui la maggior parte dei manifestanti si attende una grande opera di pulizia in tutto il paese. Agli inizi di dicembre, nel corso dei negoziati con Leonid Kutchma che hanno permesso il terzo giro ed evitato un intervento delle forze dell'ordine, Yuschenko si è in effetti impegnato a realizzare una riforma di enorme importanza: la trasformazione dal sistema presidenziale a sistema parlamentare entro il settembre 2005. Ha dunque non molto tempo per agire. Se la legge che introduce questo cambiamento verrà votata, sarà il Parlamento a tenere le redini del potere. Quest’ultimo, al momento, riunisce numerosi gruppi influenti di cui, in primo luogo, i partiti politici degli oligarchi. La fiammeggiante rivoluzione arancione resterà solo un fuoco di paglia?
Translated from Au cœur de la révolution orange – Episode 3 : Face aux réalités