Nasov, ovvero “il terrore per le volpi”: six-string & Brit-humor nelle canzoni di Francesco Bordo
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Postmodernismo. Questo termine è usato quando non si sa precisamente di cosa si tratti ciò di cui si sta parlando, e per farla franca ecco che si dice: “È postmodernismo”. Questa definizione torna però utile per identificare la musica di un ex-gruppo e ora one-man-band, la cui originalità non la si può categorizzare in alcun modo. Si tratta dei Nasov, o meglio di Francesco Bordo. Il superstite.
Dell’amore per il prossimo, ma soprattutto di animali e… di volpi
Assistendo a un live di Francesco Bordo, la prima cosa che colpisce è la quantità di gadget e pupazzi “strambi” disseminati sul palco, tra i quali svetta una pelliccia di volpe – finta s’intende – con testa e zampe annesse, che lui attorciglia attorno all’asta del microfono a mo’ di pitone. Però è sempre una volpe. Che cosa accomuna questi pupazzi? Semplice: sono tutti animali, il fulcro delle canzoni di NASOV, come confessa lui stesso: “Le canzoni parlano degli animali, delle cose del corpo, dell'amore per il prossimo; ma prevalentemente degli animali.” Ma, soprattutto, quello che proprio – ma proprio tanto – colpisce di queste canzoni è la loro imprevedibilità. Prendi ad esempio il riff di una chitarra acustica e una voce con il riverbero che più riverbero devi andare a cantare solo su una montagna, che creano una melodia che rimanda al Johnny Cash di Ain’t no Grave, salvo poi renderti conto che Francesco ti sta confessando di quanto lo terrorizzino le volpi, reminiscenze londinesi si potrebbe azzardare, considerando che Francesco l’avventura dei Nasov l’ha iniziata a Londra nel 2009 e, dopo varie vicissitudini, è tornato a Napoli carico di quel Brit-humor sfacciato da stand-up comedy. Comunque, tornando alle volpi, dicevamo che nonostante la melodia evocativa il testo è un continuo: “I am afraid of foxes, they look cute but they are not, I am afraid of foxes, they could chop your fingers off.” Davvero, è difficile restare seri quando lo senti cantare con tutta l’anima (perché poi la voce ce l’ha e la chitarra la sa suonare per davvero) mentre ti dice che le volpi lo terrorizzano.
The Other Side of Nasov: disavventure animali e… “nippoli”
I’m Afraid of Foxes apre un disco – rigorosamente autoprodotto e autocreato, come i gadget messi a disposizione durante i live, tra cui spiccano dei copri-water usa e getta (non potrebbe essere altrimenti) e dei preziosi sacchetti multiuso, di quelli utili per hangover e cose simili… ci siamo capiti, no? – dal titolo evocativo The Other Side of Nasov, cioè Francesco che se “la canta e se la suona da solo” per dirla con le parole del nostro, annata 2012. Gli animali sono sempre il fulcro (della vita, dell’album, di Francesco) come si evince nella canzone You, Me, Seagulls and the Sea, incentrata su un gabbiano che ha rubato il sandwich ad un tipo, mentre quello se ne stava bello bello a prendere il sole sulla spiaggia. Sono traumi, cose che ti segnano, ecco giustificata la tristezza e il pathos della melodia di accompagnamento. Lo stesso stato d’animo ritorna anche nel brano successivo, che è una confessione sul fatto che, delle volte, capiti di innamorarsi di “someone else’s dog”. Sì, sono cose che capitano. Ma l’apice di quella spudorata comicità britannica, Francesco la raggiunge con il pezzo che chiude l’album – ah, dimenticavo la cui copertina è una civetta, di che meravigliarsi? – dal titolo carico di significato The Fluff, il “nippolo” croce e delizia di intere generazioni di uomini (e dei loro ombelichi, per essere chiari). Un brano che diventa un’invocazione a carattere esistenziale quando Francesco si chiede dubbioso: “Where does it come from?”
Una notte al Te.Co.
Ho avuto il piacere di incontrare Francesco in occasione di un suo live, lo scorso 6 marzo al Te.Co., insieme ad Andrea Virgilio, altro cantautore che condivide il gusto della melodia e del testo, come dire… postmoderno. Ecco, appunto. Ciò che ti colpisce, a prescindere da tutto – animali compresi - è la reale conoscenza della musica di cui NASOV-Francesco dà prova, plasmandola e adattandola alle sue esigenze di cantautore, il cui risultato è un’aura di misteriosa misticità intorno a dei pezzi che, in fondo… parlano di volpi, di gabbiani ladri, di nippoli e di starnuti, come il suo ultimo singolo Sneezes Are Fun (2013). Se postmoderno vuole identificare pure il genio allora sì, Francesco Bordo, il superstite dei NASOV, è postmoderno da capo a piedi.