Napoli Teatro Festival, la leggerezza del teatro che verrà
Published on
ARTICOLO DI AMEDEO JUNOD
Dal 7 al 24 giugno 2012 è stata messa in scena la prima parte del Napoli Teatro Festival. La quinta edizione dell’evento si è confermata come un importante crocevia di diverse tendenze artistiche provenienti da tutto il mondo.
Dopo aver riscosso un ottimo successo di pubblico, la seconda parte della manifestazione si chiuderà con la sessione di spettacoli che avrà luogo dal 25 al 30 settembre prossimo.
Le location che hanno ospitato l’evento: il Mercadante, il San Ferdinando, il Teatro Nuovo, la Galleria Toledo, il Parco Archeologico di Pausilypon, il Real Orto Botanico, l’Institut Français Napoli, lo Start, il Molo Cappellini Nisida, l’Hotel, il Politeama, il Sannazzaro, il Teatrino di Corte del Palazzo Reale, l’Accademia di Belle Art, il Bellini, il Diana e l’Auditorium Scampia.
Rinchiudersi in un teatro quando fuori ci sono 30 gradi all’ombra, rinunciando ai piaceri della torrida estate partenopea. Non cedere nemmeno alla tentazione del mare lì a due passi, per assistere a performance di danza israeliana, guardare una rilettura di Plauto firmata Pasolini o riscoprire, perché no, un Eduardo “minore” recitato in spagnolo. Un’ impresa da matti. O un’esperienza per veri amanti del palcoscenico e dell’arte in generale. Questo e tant’altro è stato offerto nella prima parte del Napoli Teatro Festival. Giunto alla sua quinta edizione, il Festival ha assunto ormai una fisionomia unica nel panorama delle manifestazioni teatrali italiane, proponendosi come un appuntamento imperdibile per appassionati e addetti ai lavori. Uno sguardo a 360 gradi sul teatro “a venire”, forte di una cospicua presenza europea e di una crescente vocazione internazionale.
Nota bene, stiamo parlando del teatro “che verrà”, niente a che fare con le solite rassegne estive di riciclo, quelle che magari rifilano titoli tagliati fuori dai cartelloni della precedente stagione. In una rosa di figurano infatti le nuove creazioni di alcuni nomi da urlo della drammaturgia: si va dal teatro d’autore di e , alle suadenti vocalità di o . Alcuni degli spettacoli in programma sono produzioni nate in seno al festival stesso , che vanta patrocini e sponsorizzazioni europee. Tema conduttore di quest’anno, l’ambiguo e suggestivo riferimento alla . Da non confondersi con la sorella cattiva, la superficialità, “ leggerezza” va intesa infatti come lo stilema che in un modo o nell’altro ha attraversato buona parte della produzione artistica di qualità dell’ultimo ventennio, avverando le profezie di Italo Calvino, che nel suo “Lezioni americane” la annoverava come uno dei tratti distintivi che secondo lui avrebbe caratterizzato l’arte e la letteratura del terzo millennio. Semanticamente ambiguo, l’approccio “leggero” può abbracciare gli stili e i registri più disparati, dall’ironia alla satira, dalla metafora alla denuncia, conferendo alle opere un tratto unico di “distacco poetico”, senza per questo “togliere profondità” . Calvino Docet.quasi cinquanta spettacoliRobert WilsonPeter BrookNoaLina Sastri“leggerezza”
Il britannico Peter Brook, tanto per fare un esempio, risponde a questo spirito, e col suo riesce a sposare il dramma impegnato con la commedia in musica, confezionando un apologo sul perdono e sui paradossi del desiderio ispirato ad un racconto sudafricano ambientato nel periodo dell’Apartheid. Un esempio magistrale di come possano convivere temi forti e allegria, denuncia sociale e spirito goliardico. Ma “con leggerezza” si può rischiare anche di più, come ha fatto lo scozzese , che con il suo ha avuto l’ardire di trasformare “ Alice nel paese delle meraviglie” di Carroll in una lucida e provocatoria riflessione sull’invasione della pornografia nel nostro quotidiano, un viaggio nei meandri della trasgressione e dei nuovi modi di intendere il piacere nella nostra epoca, che risplende grazie ad un allestimento scenico sperimentale fatto di video, corpi nudi e pupazzi parlanti. Con un mefistofelico “bianconiglio tentatore” da antologia.“The Suit”Matthew Lenton“Wonderland”
Il “bianconiglio tentatore” di Matthew Lenton nel suo “Wonderland” del 22 giugno al Teatro Sannazaro.Foto: (cc) Francesco Squeglia, foto del sito ufficiale.
NAPOLI CHIAMA EUROPA, ARGENTINA E ISRAELE RISPONDONO
Fiore all’occhiello del Festival, la presenza di numerose proposte straniere, oltre ad originali riletture di testi di tradizioni diverse da quelle delle compagnie coinvolte: dopo il Riccardo III interpretato da Kevin Specey nell’edizione 2011, quest’anno è stata la volta di altre eccellenti rappresentazioni di classici contemporanei del teatro e della letteratura.
L’italiano Alessandro Maggi adatta per le scene il romanzo d’esordio di Amélie Nothomb, regalando con “Igiene dell’assassino” un’ironica riflessione sulla scrittura, sul genio e sulla femminilità, sfruttando sapientemente la prosa corrosiva e poetica della scrittrice belga. Robert Wilson si confronta col grande drammaturgo ceco Karel Capek in “The markopulos case”, disturbante parabola al femminile dagli echi faustiani. Lo spagnolo Franco Saponaro lancia (e vince) la sfida al pubblico napoletano, mettendo in scena un mostro sacro come Eduardo De Filippo in “ Yo, el Heredero”, una frizzante satira sulla beneficenza.
Forte la presenza francese, con gli originali “Travaux d’agrandissement de la fosse” di Pierre-Yves Chapalain sul tema dell’esilio o “Orgueil, pousuite er décapitation” di Marion Aubert, sulle dinamiche subdole del potere. Le parole del grande poeta greco Yiannis Ritsos rivivono invece grazie a “La casa morta”, per la regia dell’italiano Pierpaolo Sepe. La vita “di frontiera” degli assistenti di volo è ciò che racconta invece “Welcome on board” di Gennaro Cimmino.
Per il programma di settembre sono previsti 7 spettacoli, tra cui “Antigone” con regia di Luca De Fusco, “LINAPOLINAPOLINA” di Lina Sastri e “ ‘O Paparascianno” con regia di Laura Angiulli.
Ma non c’è solo l’Europa a far capolino nel programma del festival. Le sezioni di Focus dal Mondo quest’anno hanno infatti posto l’attenzione sulla nuova scena teatrale argentina (vedi l’enigmatico “Los hijos se han dormido” di Daniel Veronese, da Checov, o “La omisiòn de la familia Coleman” di Claudio Tolcachir) e su suggestivi spettacoli di danza israeliana (su tutti l’incantevole “Null”, con coreografie di Noa Wertheim).
Il festival sviluppa quest’idea vincente di “crocevia culturale” anche grazie alla scelta originale di alcune location, volta a far rivivere il teatro “dove meno te l’aspetti”.
Si è potuto per esempio assistere alle inquietudini personali di Emily Dickinson nel bel mezzo dell’Orto Botanico con “L’angelo della casa” (regia di Giorgia Palombi), o riapprezzare testi immortali come Ifigenia in Aulide o Antigone nel contesto insolito e meraviglioso del parco archeologico di Pausyllipon, ridisegnando un ponte virtuale con le nostre radici greche.
Chi proprio non ce l’ha fatta a restare seduto in teatro, ha avuto la sorpresa di trovare il teatro a cielo aperto, grazie allo spettacolo itinerante “Ramblas” con cui Giulio Barbato e Claudio Javier Benegas hanno allietato i passanti di numerose vie cittadine, riproponendo alcuni tipici moduli del teatro di strada. Aspettando il Forum delle Culture del 2013, il Napoli Teatro Festival si riconferma un’occasione unica per dare nuova linfa vitale alla passione per il “meraviglioso anacronismo” di cui parlava Welles, e per ripensare l’arte e la sperimentazione del futuro in un contesto europeo ed internazionale. Un’ idea di teatro come arte ibrida e sincretica, un laboratorio multiculturale e plurilinguistico in continua evoluzione che raggiungerà il culmine della propria parabola ascendente di originalità e bellezza durante la seconda ed ultima parte dell’evento prevista a settembre. Il sipario non è ancora calato.