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Napoli dice addio a Pino Daniele, sua voce più sincera

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Napoli

Pino Daniele è stato come un grande padrino per Napoli ed è riuscito a cantarne la sua profondità con semplicità ed in maniera stupefacente perchè era innamorato di questa città. Ne ha spedito una cartolina nel mondo perchè "Napul ‘a sape tutto o’ munno ma nun sanno a verità." 

La mattina del 5 gennaio Napoli si sveglia senza voce. La voce che non c’è più è quella del grande Pino Daniele che si è spento nella notte, tradito dal suo cuore, a soli 59 anni.                                                                     Napoli non è solo senza voce, è come senza sole, senza cuore per aver perso un figlio della sua terra, un artista che con la sua genialità è riuscito a farla conoscere e apprezzare nel mondo. Pino Daniele ha saputo raccontare le contraddizioni e i chiaroscuri di questa città, senza retorica, amandola e criticandola, senza strumentalizzarla mai.  

 Lo scugnizzo napoletano nasce a Napoli nel 1955 e musicalmente comincia a farsi conoscere a metà degi anni 70, prima come bassista dei Napoli Centrale, dove incontra James Senese, suo storico collaboratore e compagno di vita, e poi nel 77 con il suo primo album “Terra  Mia”, simbolo del legame e del riconoscimento profondo nei confronti della sua città. L’album è infatti  legato alla tradizione partenopea sia per quanto riguarda la musica che i testi. La traccia d’apertura è proprio la celebre “Napul è", canzone delicata, di qualità che farà il giro del mondo, sarà riproposta dallo suo stesso autore in vari album e, sarà oggetto di numerose cover da parte di svariati artisti del panorama musicale italiano, diventando con il tempo un vero e proprio manifesto dell’autore e di Napoli. È una canzone sempre attuale, che resta nelle case, sulle bocche e nelle teste dei napoletani e non solo, che continua a far commuovere intere generazioni  di coloro che sentono, sulla propria pelle, le sensazioni di indifferenza e rassegnazione.  

Arrivano gli anni 80 e dopo lo storico concerto di Piazza del Plebiscito a Napoli, all’insegna del “Neapolitan Power" (letteralmente: energia napoletana), è il turno dell’album Nero a metà, segnato dalle perle “A me me piac o blues” e “Quanno chiove”, che tra innovazione e tradizione, segna una svolta nella carriera dell’artista che si afferma a livello nazionale, e apre la porta a numerose collaborazioni con musicisti di fama internazionale. La passione che l’artista nutre da sempre per i più svariati generi musicali, da Elvis Presley a Roberto Murolo gli da l'opportunità di far nascere un nuovo stile musicale. “Yes I know my way” è espressione di tutto ciò e riesce perfettamente a mescolare il particolarissimo blues, la tradizione napoletana e l’inclinazione americana.                                                                                                                                 Gli album successivi confermano l’ottima  qualità del lavoro del cantante e con un successo dopo l’altro viene consacrato sempre più al grande pubblico. In questi anni i gioielli “Dubbi non ho", “Che male c’è ”, “Neve al sole”, “Se mi vuoi”, il tour estivo con Pat Metheny, la tournée a quattro condivisa con Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron, la rifondazione del “neapolitan power” ed un ritorno alla vecchia formazione con il triplo album “Ricomincio da 30, omaggio al grande amico Massimo Troisi, che aveva debuttato come regista con il film per cui Pino aveva composto le musiche.  

Quella con Troisi sarà un’amicizia importante per l’artista che firma le colonne sonore di altri due capolavori del regista, Le vie del Signore sono finite e Pensavo fosse amore... invece era un calesse. Proprio in quest'ultimo, insieme, i due  dedicano una canzone al cuore, quello stesso cuore che li ha traditi entrambi, incrociando così, ancora una volta, i loro destini. Due artisti chiari che senza pietismi o sentimentalismi, con dignità e rigore, sono riusciti a comporre e scomporre luoghi comuni e clichè su Napoli, alle volte provocando anche il loro pubblico. Oggi Napoli se l'immagina entrambi, lassù, a ridere, prenderci in giro e strimpellare chitarre.                                                          

Negli ultimi anni di carriera abbondano le collaborazioni con gli artisti italiani, continua la produzione delle colonne sonore, così come continuano i tour in giro per l’Italia e non solo, da ricordare il concerto con Eric Clapton nello stadio di Cava de 'Tirreni davanti a una platea di 

16.000 spettatori. 

La sua prematura scomparsa, avvenuta dopo una recentissima esibizione televisiva, lascia tutti senza parole e con l’amaro in bocca. La reazione emotiva a Napoli è, da subito, molto forte. Il primo a scatenarsi è il mondo social e la rete diventa un memoriale, al quale si uniscono condividendo pensieri, ricordi e anche preghiere anche i numerosi artisti che avevano avuto l’occasione di collaborare con lui.                  

La sera del 6 gennaio accade un evento che anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, definisce unico: 100.000 persone si sono riunite, tramite la rete, per un flash mob a Piazza del Plebiscito. La piazza è gremita, piena di striscioni, fotografie, candele e cellulari per illuminare la piazza, non mancano ovviamente chitarre e voce per cantare le sue canzoni, "Je so' pazzo" e "Napul'è" sono quelle che vanno per la maggiore. L’atmosfera è di quella semplicità che ti riempie occhi e cuore, non ci sono bandiere, etichette, ma solo persone di tutte le età riunite con lo scopo comune di omaggiare e salutare qualcuno che li ha rappresentati, inorgogliti, ma abbandonati troppo presto. 

Molto significativo è stato anche il fatto che oltre al funerale nella capitale, come voluto dalla famiglia, se ne sia svolto un altro a Napoli, alle 19.00 del 7 gennaio, sempre in Piazza del Plebiscito. La scelta di farlo in una piazza all’aperto - inizialmente doveva svolgersi nella basilica di San Franceso di Paola - è stata adottata insieme dal sindaco, dalle forze dell’ordine e dalla stessa famiglia in virtù della grande folla che attendeva, in piazza, di poter dare allo scugnizzo un ultimo abbraccio. Il segno distintivo di questa folla è la compostezza della partecipazione, che rivela più di ogni altra cosa il grande rispetto per l’artista, così come la genuinità della presenza: non sono stati previsti infatti posti riservati per la stampa o le autorità. Ad officiare le esequie è stato il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe che è riuscito a descriverne il profilo artistico e umano definendolo “un maestro che ha onorato Napoli e  scosso le coscienze per il suo riscatto.” In piazza, tra le lacrime e i sorrisi, si dice addio. A guardarsi intorno sembrano tutti ad un funerale di qualcuno di famiglia, magari di uno zio che non si è visto sempre ma c’è sempre stato. Ecco in questo Napoli è grande, se ha qualcuno nel cuore, o in questo caso i testi e le musiche di Pino Daniele nel dna, ne sarà sempre riconoscente. 

Personalmente posso dire che le sue canzoni sono state la colonna sonora della mia vita : quando da bambina la sua musica riempiva le stanze di casa, in particolare quello che io e mio fratello Andrea chiamavamo "cd giallo" (cfr The best of Pino Daniele, Yes I know my way), quando con mia mamma, mio padre e mio fratello cantavamo le sue canzoni a squarciagola nei viaggi in macchina; ancora quando ho ballato sulle note del suo blues negli spettacoli teatrali e di danza, quando ho pensato, pianto e sorriso ai miei amori sulle note di quelle che io definisco poesie. Infine un ultimo ricordo che mi va di condividere è più recente, risale a quando nel corso del mio Erasmus a Parigi: un giorno di ritorno da un viaggio a Bruxelles partì nelle mie cuffiette "Napul'è", e mi commossi. Credo solo allora di aver compreso appieno quel testo, e con esso il senso delle proprie radici.                                         

Non sappiamo dove vanno le persone che non ci sono più. Sappiamo però con certezza dove restano, ossia nel cuore della gente, ma soprattutto “int’e viche miezo all’ate" di questa città.                  

 E' muòrto 'o rre', EVVIVA 'o rre'.                                                                                                                                   Ciao Pino.