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MyNeighbourood, laboratori urbani di smart city

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Smart living

Grazie a un progetto finanziato dalla UE, i rapporti di buon vicinato diventano banco di prova per la costruzione di città più smart. 

Retake, Guerrilla Gardening, Guerrilla Bike Lane, Depave, Sharing Economy... fioriscono i movimenti basati sull'attivismo dei cittadini e su bisogni molto concreti. Sono esempi di come la gente si organizza per raggiungere obiettivi condivisi. Perchè essere cittadini non significa solo fruire di servizi, ma anche costruire e alimentare insieme la cittadinanza. Si cercano soluzioni legate a luoghi ed esigenze specifiche. E’ il trionfo dei comitati di quartiere, delle social street, dei condomini solidali, etc. “Micro” è bello, perché è percepito più legato alla vita quotidiana e a misura d’uomo.

Tutto ciò fa molto "smart city". Eppure non c'è ombra di tecnologia. C'è piuttosto innovazione. O meglio, c’è social innovation. E se proprio di tecnologia vogliamo parlare, esula da bit e sensori: serve ad aumentare la socialità, a gestire meglio le risorse e a velocizzare le comunicazioni. 

C'è questo alla base del progetto MyNeighbourhood – MyCity, promosso e co-finanziato dall’Unione Europea su fondi del programma CIP (Competitività e Innovazione). L’iniziativa coinvolge volutamente le periferie a rischio di degrado ed emarginazione per alimentare le buone “relazioni di vicinato”, ossia la voglia dei cittadini di condividere e far germogliare il capitale sociale legato al territorio e alla gente che vi abita. I risultati del progetto sono stati presentati a Smart City Exhibition #SCE2014. Con My Neighbourhood ci muoviamo in uno scenario in cui le decisioni nascono dal basso, i movimenti sono "liquidi", come direbbe Zygmunt Bauman, le organizzazioni sono fluide, c’è collaborazione con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni. My Neighbourhood è “smart”, se consideriamo che la smart city non è solo quella dei sensori che consentono di trovare parcheggio o delle app "elimina-code" all'anagrafe, ma anche quella che alimenta il capitale sociale e lo trasforma in innovazione. Con questo progetto, sviluppato nei quartieri "difficili" di Aalborg, Birmimgham, Lisbona e Milano, si dimostra che i “neighbourood” possono diventare laboratori urbani di smart city. “Avviene secondo uno schema basato sull'inclusione sociale - spiega Grazia Concilio, del Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico di Milano - I progetti lanciati nelle varie città si basano su innovazione e uso di tecnologie abilitanti, su servizi collaborativi, su design thinking e un forte radicamento sul territorio”.

“MyNeighbourhood mira a creare una nuova concezione della città più intelligente, che si concentra sulle persone e sul loro benessere, e non solo sulle infrastrutture ICT. MyNeighbourhood userà le nuove tecnologie e i dati generati dai cittadini per aiutare a ricreare quella concezione perduta di buon vicinato, che affonda le sue radici nel territorio, nei legami comuni e nell’interazione personale”, aggiunge Jessy March.

Anche MyNeighbourhood ha la sua piattaforma social, "Neighbourbook", che ricorda un po' Facebook ma ha uno spirito diverso: servirà solo a facilitare le relazioni e implementare le attività off line in cui la gente si incontra di persona. Questo uso socio-digitale delle tecnologie è tipico di una città intelligente che pone le persone al centro dell’innovazione e della rigenerazione urbana, promuovendo il concetto di Human Smart city.

Inclusione, relazione, scambio: sono le parole che riassumono i progetti lanciati nelle quattro città coinvolte nel progetto. A Birmimgham si organizzano corsi per insegnare ad andare in bicicletta e un servizio di accompagnamento delle donne che prendono i mezzi pubblici da sole. Ad Aalborg si stanno reclutando volontari che possano assistere persone affette da disabilità e limitazione nei movimenti. Inoltre, per favorire la socialità di queste persone, si stanno mappando i siti pubblici in cui ci sono barriere architettoniche da rimuovere. A Lisbona si sta promuovendo lo scambio di prestazioni sociali senza l’uso di denaro. Infine a Milano, nell’area di Quarto Oggiaro (considerato il “Bronx di Milano”) sono stati lanciati i progetti “Quarto Food” e “Quarto Gardening Service”.

Il primo ha coinvolto gli studenti dell'istituto alberghiero Lagrange–Brera e gli anziani del quartiere. Una esperienza relazionale che ha lasciato il segno: gli anziani sono stati accolti con calore nell’istituto e, dopo aver fatto un po’ di ginnastica dolce, hanno gustato le pietanze cucinate appositamente per loro dagli studenti. Non sono mancate spiegazioni sulle corrette abitudini alimentari e sulle proprietà dei cibi. E’ stato un modo per “fare comunità” e creare un legame fra due categorie di cittadini – studenti e anziani – che difficilmente si sarebbero trovate a condividere una simile esperienza al di fuori di MyNeighbourhood. 

Il secondo progetto, “Quarto Gardening Service”, ha coinvolto gli studenti dell’istituto agrario “Pareto” che hanno cominciato a prendersi cura di alcune aree del quartiere per renderle più “verdi”. L'idea è quella di creare spazi che offrano ai cittadini l'opportunità di entrare in contatto diretto con la natura, risvegliando la consapevolezza anche con la presenza di segni che invitano al rispetto e alla conservazione delle diverse specie.

Che cosa accadrà quando il progetto giungerà al termine? Cosa ne sarà di queste comunità basate sul principio del “buon vicinato”? Sicuramente queste esperienze stanno seminando un nuovo – o forse antico ma dimenticato - modo di vivere le relazioni. L’obiettivo di MyNeighbourhood è scatenare un effetto virale basato sull’emulazione da parte di gruppi di amici, vicini di casa e di quartiere. La piattaforma open di MyNeighbourhood sarà disponibile per facilitare la connessione con altre esperienze analoghe e per condividere idee e buone pratiche, rendendo la vita quotidiana un po’ più “smart”.