Multiculturalismo: Canada e Australia lo fanno così
Published on
Minoranze visibili, apertura all’immigrazione: pregi e difetti di due modelli di integrazione dell’immigrazione.
Le “China Town” di Toronto e Sydney, il kebab berlinese, o l’ottima cucina indiana di Londra sono ormai una realtà quotidiana per chi vive in queste città. Ma l’immigrazione in Australia, Canada ed Europa ha dato vita a società multiculturali diverse. Al di là dei benefici gastronomici, quali i punti-cardine dei modelli canadese e australiano?
Sydney, Toronto: benvenuti nella città globalizzata
Canada e Australia sono paesi con una forte tradizione di accoglienza: secondo dati Ocse, il 23% della popolazione australiana e il 20% di quella canadese è nata all’estero mentre, a titolo di esempio, in Francia si arriva al 10% e in Polonia al 2%. Nel 2005 il numero totale d’ingressi in Australia (http://www.migrationinformation.org/GlobalData/countrydata/data.cfm) è stato di 123,400 persone. Regno Unito e Nuova Zelanda sono i tradizionali paesi di provenienza degli immigrati, seguono cinesi e filippini. In Canada il totale degli immigrati nel 2004 ammonta a 235,800 unità e dal 1991 in poi si registra un costante afflusso dal Sud-Est asiatico, con la prevalenza di cinesi e indiani. Le mete preferite dai nuovi arrivati sono le grandi città. Sydney è un caso emblematico: il 33,5% della sua popolazione è d’origine straniera, di cui il 10,4% proveniente dall’Asia. Così in questa città globalizzata il 6% della popolazione non parla inglese fluently. A Toronto, in Canada, dove si parlano più di cento idiomi, dal 1991 sono arrivati oltre mezzo milione d’immigrati e il 43% della popolazione s’identifica con una “minoranza visibile”, definita dal sito web del Comune, come gruppo di “persone non appartenenti a popoli aborigeni, di razza non caucasica e di colore non bianco”. Di che far tremare il gergo politically correct di un Vecchio Continente non a caso definito da molti commentatori anglosassoni colour blind, perché non c’è nessun riconoscimento ufficiale per la diversità di origini.
Centralizzazione e regolamentazione
Il multiculturalismo canadese si può far risalire all’Immigration Act del 1976. In seguito, il Canada abbandonò l’idea di “preferenze etniche” che avvantaggiavano i migranti provenienti da Usa, Europa e Regno Unito. Capacità personali, ricongiungimenti familiari e diritti dei rifugiati divennero le leve per accogliere con spirito umanitario i migranti. Questa svolta portò al Multicultural Act del 1988, che affidò al governo federale il compito di preservare e rispettare la diversità culturale ed etnica del Canada.
L’Australia condivide un percorso simile. Con l’Australian Citizenship Act del 1973 si modificò il sistema di preferenze a vantaggio dei cittadini britannici per spostare l’attenzione sulle capacità, i legami famigliari e il trattamento umanitario dei rifugiati. Oggi in Australia le politiche migratorie sono molto regolate e collegate alle politiche multiculturali che promuovono l’eguaglianza e la reciproca comprensione nell’ambito del programma governativo Multicultural Australia: United in Diversity.
Violenze interetniche a Cronulla Beach
Ma anche in Canada e Australia la crescente diversità sociale mina il consenso attorno alle politiche multiculturali. In Canada i nuovi arrivati dotati di un’alta scolarizzazione finiscono spesso per essere impiegati in lavori mal pagati e nelle grandi città si formano sacche di povertà che impediscono una reale inclusione sociale. In Australia gli scontri interetnici di Cronulla Beach nel dicembre 2005, sono un segnale d’allarme: episodi di violenza collettiva, vandalismo e ritorsioni scoppiarono tra autoctoni e immigrati di origine libanese. Ma non è tutto. L’Australia deve fronteggiare anche gli sbarchi dei cosiddetti “boat people”: immigrati illegali in arrivo dalle coste asiatiche, che mettono a dura prova il rispetto dei diritti umani.
Resta il fatto che i due Paesi costituiscono un modello interessante di integrazione. Cui la vecchia Europa potrebbe ispirarsi.