Mov(i)e To Berlin - Torino Film Festival: "In Fabbrica" ci appartiene e racconta chi eravamo
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Per il nostro progetto di collaborazione con cafébabel Berlino, Mov(i)e To Berlin, e soprattutto per celebrare la nostra città di Torino, abbiamo scelto di recensire In Fabbrica, film documentario inserito nella sezione Festa Mobile.
In Fabbrica è un documentario girato da Francesca Comencini nel 2007 che proprio durante la 25esima edizione del TFF vinse il Premio Cipputi come Miglior Film sul mondo del lavoro. Viene riproposto in questi giorni nelle sale del festival. La scelta di rivederlo sul grande schermo, nonostante in questi anni sia stato trasmesso sulle reti RAI, è dettata dal bisogno di non dimenticare il tessuto culturale e sociale che rende possibile la vita della città come si presenta oggi, e dalla voglia di parlare di quel passato che ha caratterizzato ognuno di noi.
Dalle prospettive alla rassegnazione silenziosa (passando per i giorni di lotta)
La regista, attingendo alle Teche Rai ed Aamod, realizza in poco più di un'ora un viaggio nella storia italiana delle vita in fabbrica, iniziata negli anni '50 e oggi ancora viva. Racconta gli anni intensi che hanno formato la nostra modernità, grazie ad un bellissimo mosaico di testimonianze e volti incerti di fronte alla telecamera.
I protagonisti e narratori sono gli operai, le vicende che raccontano hanno origine nella grande ondata migratoria dal sud Italia verso il Nord, italiano ed europeo. Le loro voci portano con sé una delle più grandi storie di vita del nostro Paese, che si dispiega nei vari decenni mutando gli accenti e le intenzioni. Esordisce con un sentimento di speranza riposto nella stabilità dell'impiego lavorativo, tanto evidente nelle scelte degli italiani quanto in quelle della stessa Nazione, la quale si affida all'industria e ad una nuova identità.
Sono anni di grande entusiasmo per il futuro che attendeva il Belpaese, ma che nel giro di qualche anno si modellerà diversamente per trasformarsi in qualcos'altro. Alla fine degli anni '60 avere un impiego non costituirá più la priorità, si percepirá il bisogno di un rispetto umano mai ricevuto. Intanto le condizioni in fabbrica, prive di sicurezza e garanzie, diventano insostenibili. Questa mancanza contribuirà a fortificare legami umani e di classe. Francesca Comencini ci pone di fronte al cambiamento della qualità del lavoro e all’inizio di una stagione di scioperi conclusi con quegli anni in cui Berlinguer parlava a Torino davanti alla folla, mentre l’unione operaia iniziava già a perdere compattezza.
Le immagini finali riprendono una fabbrica dei nostri giorni e i protagonisti ora sono i figli di un nuovo modo di pensare ed agire nei confronti del futuro. Non esiste più la famiglia tradizionale, alcuni operai sono consapevoli di ricoprire ancora un ruolo fondamentale nel funzionamento dell'economia e della società stessa; altri rimpiangono i giorni di lotta in cui era normale manifestare per i propri diritti e sedersi accanto ai compagni, durante l’orario lavorativo e quello del tempo libero. Le ultime testimonianze appartengono ad operai provenienti da luoghi molto piu distanti del sud Italia che ci spiegano che il fenomeno della migrazione e della voglia di cambiamento è insito nella natura umana e fa parte della storia del mondo.
Rivedere la nostra storia per capire chi siamo
L'intento di Francesca Comencini è chiaro fin dall'inizio: parlare degli operai in un'epoca in cui se ne parla solo in riferimento alle morti sul lavoro, e amplificare il volume della loro voce affinché tutti possano sentirla.
Il film compie 8 anni ma non li dimostra, l'attualità non è cambiata e decidere di rivederlo lascia affiorare una consapevolezza comune che molte volte è messa a tacere a favore di altri sentimenti. È giusto conoscere il proprio passato e commuoversi nel provare una certa sensazione: la condivisione delle radici, essenziale motore della contemporaneità.