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Mostar : dei ponti impraticabili

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Irene Nanni

CaféBabel Strasbourg vi ha presentato qualche settimana fa il progetto di due giovani strasburghesi partiti in Combi VW in viaggio nell’Europa dell’Est. Apriamo oggi le nostre colonne al Bulli Tour Europa  per presentarvi Mostar.

Buon viaggio!

Mostar vanta una ventina di ponti, delle belle sponde da una parte e dall’altra della Neretva e numerose istituzioni culturali. Idealmente situata all’imbocco delle gole che collegano la regione di Sarajevo, ai piedi di belle montagne, la città risplende irradiata dal sole estivo.

Il centro storico è stato ricostruito dopo la guerra del 1993, intorno a Stari Most il vecchio ponte (ndt. il nome Mostar deriva appunto da Stari Most, cioè «ponte vecchio» o dalle torri sulle due rive, dette «custodi del ponte», mostari), da dove si gettano i tuffatori per qualche marco bosniaco. Meta turistica, oggi patrimonio dell'Unesco (dal 2005), il ponte figura anche nelle cartoline «I Love Mostar» in vendita in tutti i chioschi della città vecchia.

Mostar è tuttavia tagliata in due. «Alcuni abitanti raccontano che non hanno mai attraversato il ponte in tutta la loro vita», ci ha rivelato un ragazzo. A Ovest i Croati e a Est i Bosniaci: la linea del fronte del 1993 che ricalcava il fiume Neretva esiste ancora.

Tutto a Mostar è doppio: due ospedali, due club di calcio, due compagnie elettriche, due sistemi educativi etc. Una città di 80000 abitanti con quattro teatri! Per ogni sponda un teatro d’arte drammatica e uno di marionette: un lusso che la città non potrebbe permettersi.

Ciascuno dal suo lato

«È così stupido avere tutto doppio, a Ovest e a Est. Abbiamo bisogno di più denaro degli USA per fare funzionare la nostra città e non ci riusciamo nemmeno!», spiega Elvedin Nezirovic, direttore del Centro Pavarotti, un luogo consacrato alla cultura e alla formazione musicale. Elvedin Nezirovic deplora la scarsezza di fondi stanziati per i progetti misti e per le opere di sensibilizzazione: «Viene sprecato molto denaro in progetti di dubbia utilità. Davanti al Centro Pavarotti, per esempio, sono in corso dei lavori di manutenzione della rete viaria. Ma avevamo già dei marciapiedi in buono stato. La città finanzia nuovi marciapiedi senza curarsi dei numerosi edifici che cadono a pezzi e numerosi progetti federatori non sono finanziati!».

Elvedin Nezirovic dirige dal 2011 questo centro culturale in prima linea nel tentare di creare legami tra gli abitanti di nazionalità diverse tramite la creazione di piccole orchestre di musica classica o gruppi rock. «Le nostre azioni non sono ben viste. La cultura unisce i popoli e i nostri politici non desiderano che tale avvicinamento abbia luogo. Meglio restare separati.» A Monstar la disoccupazione e il clientelismo rappresentano un grave problema: «Se, per esempio, siete bosniaci e cercate un buon posto in un’impresa la cui direzione è croata, non avete nessuna chance. Intendiamoci, il contrario è ugualmente vero».

Una gioventù aperta

Luogo di ritrovo della gioventù di Monstar è il cortile del Centro Abrasevic dove, al calare della notte, i giovani si incontrano per bere qualcosa o assistere a cineforum. Nella parte Ovest. Vladimir Coric, direttore del centro da circa un anno, afferma: «Qui organizziamo mostre e concerti per i giovani di Monstar aperti a tutti». Il centro impiega dodici persone e collabora con una ventina di volontari. «Il nostro obiettivo è di creare dei ponti mentali per riunire le due parti della città», spiega il giovane direttore. Il centro dovrebbe dotarsi a termine di un ostello per accogliere più visitatori. «Per i giovani di passaggio a Mostar è difficile capire la situazione», ci confida Vladimir.

In effetti, a seconda della vostra guida e della sponda in cui vi trovate, il racconto collettivo cambia. Qui, come nel resto dei Balcani, non esiste una sola versione dei fatti, ma una tragica concomitanza di memorie nazionali che i vicini si contendono. Nel 2013, nel quartiere croato, la stele eretta alla memoria dei combattenti bosniaci vittime della guerra è stata fatta saltare con l’esplosivo. «Dovremmo tutti sentirci cittadini della stessa città, senza distinzioni di etnia o nazionalità», deplora Elvedin Nezirovic.

Chi dirige i giochi a Monstar?

Ranka Mutevelic è la direttrice del teatro di marionette della riva Est, che guarda dall’alto la vecchia città bosniaca. Curatrice da più di dieci anni della collezione del teatro, installato dal 1952 nella vecchia sinagoga di Mostar, di cui una sola marionetta è sopravvissuta all’incendio del 1993, la direttrice ci rivela il suo scontento a causa della mancata fusione tra i due teatri della città rivolti a un pubblico giovane e del conseguente spreco di risorse materiali e umane. Le due strutture, ci spiega, erano d’accordo per unirsi: «Nel 2008, un rappresentante dell’Unione Europea si è recato a Mostar per negoziare la fusione tra i due teatri in una sola istituzione. Noi credevamo che fosse primordiale aiutarsi reciprocamente e mettere in comune i nostri mezzi. Il rappresentante dell’UE ha redatto un protocollo che è stato inviato al sindaco di Mostar. È da sei anni che aspettiamo una risposta. È un problema di tipo politico quello che divide la città. Gli abitanti desiderano vivere uniti, nella normalità, ma i politici attizzano il fuoco dei risentimenti».

Un simbolo da preservare

Tra i muri della vecchia sinagoga, il regista teatrale bulgaro Todor Valov sta lavorando per la compagnia permanente del teatro, dove risiede, a un’opera, Un cuore di pietra, del repertorio tedesco. Ci raggiunge durante la pausa, sulla scena dove giacciono le marionette: «La città è divisa a causa di problemi identitari, ma le relazioni tra i teatri sono forti», ci spiega. «I direttori sono attenti ai cartelloni rispettivi e assistono alle prime nei due teatri. Il simbolo della città è il vecchio ponte che fu distrutto nel 1993. Oggi ricostruito, dovrebbe aiutare la riunificazione tra gli abitanti di Mostar. A ciò dovrebbero servire la cultura e il teatro, a creare dei legami ben al di là delle differenze», conclude Todor Valov.

Quest’articolo fa parte di una serie di reportage realizzati nell’ambito del progetto Bulli Tour Europa di cui Cafébabel Strasbourg è partner. Per scoprire altri articoli, vi invitiamo a visitare il sito http://www.bullitour.eu (©: Bulli Tour Europa).

Translated from Des ponts trop loin