Morrissey: ecco chi è Steven Patrick
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Giovanna GirardiSul finire dell'estate l'autobiografia di Morrissey viene pubblicata tra le molte controversie di sottofondo. Ma cosa ci dicono queste 500 pagine su quello che è considerato uno dei più influenti parolieri d'oltremanica, seconda icona della musica britannica ancora vivente? Chiuso il libro, mi sono fatta tatuare sulla fronte la faccia di Moz?
Nessuna novità in effetti. Il tatuaggio aspetterà. Non voglio dilungarmi sulle qualità letterarie del libro in sé che, invece di essere suddiviso in capitoli, si articola intorno alla morte dei parenti dell'autore. Bastano i commenti di chi si è indignato perché quest'autobiografia è stata pubblicata da Penguin Classic (la casa editrice pubblica soprattutto grandi classici la cui qualità è ormai comprovata, ndr). Mi permetto però un appunto: l'idea di inserire nel racconto più pagine dedicate alla descrizione sul procedimento giudiziario del batterista di The Smiths (il suo vecchio gruppo, ndr) o sull'incontro con il fantasma delle paludi meritano una sola parola. Nella lingua dell'autore. Interesting.
MOZ - outsider di manchester
«Alma mater matters»: è soprattutto una Manchester cupa e industriale a formare artisticamente Morrissey. Nel raccontare la sua infanzia, Moz disegna con uno stile dettagliato non privo di qualità letterarie (e allitterazioni) l'immagine di Madchester - la città di quella bionda robusta che, col concorso del suo amante, condusse 5 bambini al sonno eterno sui fondali di una palude. È un labirinto di strade umide, una città dove il telefono squilla e la madre: "Steven, è Ian Curtis!". Moz parla di lei come di una bellezza piena di bontà. Quanto al padre, sappiamo che non lo amava incondizionatamente. Fuori di casa, in realtà, le cose vanno molto peggio. Il suo insegnante di educazione fisica si interessa un po' troppo da vicino della cicatrice che ha sul ventre quando Moz fa la doccia negli spogliatoi e il ragazzo si ritrova ai margini della società con la sua meche di capelli biondi. In poche parole, la cancrena dell'incomprensione dilaga. Troppo presto fa comunella con personaggi eccentrici: uno fra gli altri, James Maker scrive un libro munito di un titolo promettente: Autofellatio; oppure Anna, la donna polacca che indossa solo abiti vittoriani. In seguito, Morresey entrerà nella cerchia di David Bowie e Nancy Sinatra, ma sarà più tardi, molto più tardi.
MOZ - star e megalomane
Difficile negarlo: Morrissey ha carisma. Gli attuali Mozofili, come i loro pari di vent'anni fa, vogliono pettinarsi, vestirsi e parlare come Moz, da quando il musicista ha provato al mondo intero che anche i nerd, senza sbronzarsi di continuo o ingoiare pillole a manciate, possono essere sexy. Ha mostrato che, se hai fiducia in te stesso, puoi attraversare il palco con un mazzo di fiori nella tasca nei pantaloni senza farti prendere in giro. Moz, una interesting drug. Se così non fosse, la gente si tatuarebbe i testi delle sue canzoni sulla schiena? Personalmente, conosco un tizio che non si è mai più lavato la mano che il cantante gli ha stretto durante un concerto. Tuttavia, il più grande Mozofilo è lo stesso Moz. Certe parti del libro sono pura masturbazione: «In quanto artista, ho deciso di non servirmi che del mio nome, perché non conoscevo nessuno nell'industria musicale che l'avesse fatto prima di me. A parte i compositori di musica classica». Davvero, Steven, sul serio? Ma sono queste le star che vogliamo, no? Uniche, ribelli, eccentriche, degli artisti che sanno osare più di noi, povere signore e signori di Tuttoilmondo. Dal debutto, epoca dell'ammirazione per The New York Dolls, Moz capisce che per farsi spazio nel mercato della musica deve essere visibile. Secondo lui, se non si fosse costruito un personaggio così distinto, non avrebbe «conquistato la luce dei riflettori».
Ma c'è qualcosa che zoppica in questa fiducia (estrema) in se stesso. Nel suo racconto, ci confida che al liceo ha dovuto fare una scelta: «che sia per rendersi sopportabile agli altri o a se stessi, per sopravvivere bisogna soffocare la propria vera natura». Una scelta particolare, che conferma ancora, parlando delle proposte cinematografiche: «dal momento che non ho il coraggio di essere me stesso, non potrei mai fare l'attore». Ma, Moz, non parlavamo di fiducia in se stessi?
MOZ - salva il micio
Nella sua autobiografia, colui che si definisce un «umasessuale» rivela finalmente il volto umano. Ci racconta la sua lotta contro la depressione, uno spettro che neanche il Prozac riesce a scacciare. Ci narra le sue gesta eroiche, come il salvataggio di gattini e uccellini investiti da qualche macchina, che lui porta in salotto, avvolti in un asciugamano, cercando di rianimarli. Sicuramente avrete già sentito parlare dell'uomo con cui avrebbe intrapreso la sua prima relazione seria a 35 anni. Ebbene due anni dopo, il fotografo Jake Owen Walters, che gli servive il thé nella sua vasca da bagno, non era che un vago ricordo. Perché una cosa è certa: Moz si è messo insieme a Tina Dehghani, un'iraniana residente a Los Angeles, e ha cominciato a considerare la paternità. Tina d'altra parte è una dei quattro personaggi che ringrazia nel suo libro e per lei non spende che parole gentili. Quelli che lo accusano di mancare di autoironia sbagliano. Ammettere che «il suo comportamento era difficilmente accettabile per i personaggi del suo ambiente» prova che lui è totalmente consapevole del suo carattere difficile. In un altro passaggio commovente confessa persino che, sì, con l'età si è un po' appesantito.
Quindi? Avete capito chi era Steven Patrick Morrissey? Perché io, sinceramente, ancora no.
Translated from Morrissey: kim jest Steven Patrick?