Mondiali in Brasile: generazione playstation a casa!
Published on
Translation by:
Silvia GodanoI calciatori che attualmente sudano nei campi da calcio brasiliani appartengono alla "Generazione Playstation". Nel mondo del calcio accecato dalla tecnica, i giocatori veri assomigliano sempre di più ai loro alter ego virtuali. I videogiochi riproducono fedelmente la realtà o il calcio vero si sta trasformando in un videogioco?
Oggi, il modo migliore per esprimere la propria venerazione per un giocatore come Lionel Messi, è dichiarare con entusiasmo: "è come nella Playstation". Comprensibilmente anche gli stessi calciatori professionisti amano giocare con la loro consolle, quando non sono in campo. Alcuni giocatori sono persino convinti che giocare di frequente alla Playstation possa aumentare le possibilità di successo in campo.
Con un'occhiata al teleschermo, oggi non si riesce più a distinguere una simulazione dalla trasmissione di una partita dei mondiali in Brasile. La mimica facciale e i movimenti delle star del calcio internazionale sono state catturate così realisticamente dal videogioco sviluppato dalla EA Games (FIFA), che a volte sono i giocatori originali a sembrare poco realistici. Sembrerebbe proprio che l'odierna generazione di calciatori altro non sia che l'avatar di sé stessa.
nike: una macchina di incubi
La Nike ha recentemente trasmesso una sconcertante pubblicità per i mondiali. Per salvare il calcio scendono in campo Cristiano Ronaldo, Neymar, Iniesta & co. contro i cloni della Perfect Inc., che "non rischiano mai nulla" (mentre i giocatori della Nike "rischiano tutto"). Il patto: se gli originali perdono contro i cloni, allora i primi dovranno giurare che non giocheranno più a calcio. Alla fine di un match combattuto, gli originali riescono a imporsi sui cloni. Il superpotente regista-burattinaio dei cloni, nelle sembianze di Steve Buscemi, è inorridito. Il tutto sarebbe una storia a lieto fine, se la Nike non intervenisse attivamente con la sua macchina del marketing, facendo sì che i calciatori divengano esseri virtuali. Il colosso americano ha così ribattezzato il portoghese Christiano Ronaldo con l'appellativo "CR7" – che suona come R2D2 di Star Wars. In pratica, è la Nike stessa a costruire i cloni, invece di sconfiggerli.
A quanto pare, la Nike interviene anche quale mano invisibile nelle formazioni delle squadre che sponsorizza. Le dicerie riguardo al fatto che l'azienda abbia mandato in campo le proprie icone contro il volere degli allenatori, restano piuttosto persistenti. Chi avevamo detto che era il burattinaio?
Lo spot della Nike: The Last Game
nella caverna di platone
Torniamo in Brasile: durante il gioco di apertura tra i padroni di casa e la Croazia, a Sao Paulo, non riuscivamo a credere ai nostri occhi. Quelli che, dopo un fallo, lamentandosi dell'arbitro, si rotolano a terra in super-slow-motion sono giocatori veri? È stato necessario gettare una seconda occhiata, anche piuttosto accurata, per capire che si trattava probabilmente dei giocatori che ci aspettavamo, in carne e ossa. I giocatori ci venivano mostrati, attraverso le telecamere, da tutte le prospettive possibili e immaginabili: i pori del viso di ciascun calciatore non sono mai apparsi così grossi nemmeno ai loro familiari. La trasmissione della partita è così iperrealistica che i giocatori sembrano virtuali.
Ci troviamo forse tutti intrappolati nella platonica caverna del calcio? Quelli che crediamo essere giocatori reali non sono altro che le loro ombre. L'idea del calcio viene ora conservata soltanto sui campi di terra battuta e sulle spiagge, lontano dai grandi stati. Eppure regge.
spagna: grazie per aver fallito!
La Spagna, campione del mondo, con il suo fallimento ai mondiali ci ha liberati dalle catene. La squadra, che ultimamente è stata due volte di seguito campione d'Europa e una volta campione del mondo, aveva meccanizzato il calcio fino a diventare l'incarnazione del perfezionismo nella staffetta del pallone. Chi negli ultimi anni abbia visto una partita della nazionale spagnola, poteva avere l'impressione che si trattasse di una squadra di cloni. Lasciavano scorrere la palla con disinvoltura tra le loro file fino a che non appariva un varco. Il gioco si era trasformato in scienza e la squadra era avvolta da un'aura di perfezione clinica. Per il loro ultimo titolo mondiale hanno avuto bisogno di appena otto goal in sette partite. Più efficienti di così si muore.
Nel giro di due sole partite la situazione si è ribaltata. L'incantesimo della nazionale spagnola è stato infranto dall'Olanda e dal Cile, tanto che gli iberici sono stati costretti ad andare in vacanza prima del previsto. Il caso della Spagna non si lascia rappresentare meglio: il tramonto di Golia e la vertigine della vittoria di Davide. Nessuno vuole vedere il calcio come un flusso costante e prevedibile, così come viene rappresentato nello spot della Nike. Momenti imprevedibili e l'ebbrezza della vittoria degli sfidanti: la macchina del calcio virtuale non conosce questo diritto dei deboli. È tempo di mettere la Playstation in soffitta.
Translated from WM in Brasilien: Generation Playstation, go Home!