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Monaco e Minsk: le profonde differenze dietro le apparenti analogie

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Napoli

La conferenza tenutasi ieri a Minsk ha raggiunto un primo accordo per un cessate il fuoco in Ucraina. Nonostante le apparenze, il paragone con la conferenza di Monaco del 1938 ci sembra erroneo: ecco il perché.

La Conferenza di Minsk appena conclusasi tra i più importanti esponenti politici di Russia, Germania, Francia e Ucraina, è stata la più importante e potenzialmente risolutiva dall’inizio della crisi in Ucraina, nel 2012. Per la prima volta si è giunti a un accordo sul cessate il fuoco, proprio nel momento di maggiore tensione - le stime parlano di cinquecento vittime solo nell'ultimo mese, concentrate nell’area orientale del paese, tra Donetsk e Debaltseve (fonte: L'Internazionale n° 1088 del 6/2/2015). In questa zona, i cui abitanti sono per lo più di nazionalità russa, i separatisti, appoggiati dal governo russo nonostante le continue smentite di Vladimir Putin, combattono per secedere od ottenere uno status di autonomia più ampio nel contesto di una potenziale Federazione Ucraina. Benché la storia (si ricordi il caso del Memorandum di Budapest del 1994, riguardante proprio l’Ucraina) ci insegni che i vincoli internazionali non sempre si realizzino, soprattutto in contesti così instabili e senza un regime sanzionatorio efficiente ad essi annesso, è il caso di analizzare quest’evento come una svolta necessaria e fondamentale nel conflitto civile più sanguinoso e geopoliticamente rischioso che abbia colpito l’Europa dai tempi delle guerre jugoslave. In molti hanno paragonato la conferenza di Minsk a quella di Monaco del 1938, che anticipò l’inizio del secondo conflitto mondiale, basandosi su suggestivi, quanto forse superficiali, parallelismi tra attori ed eventi. La realtà ci sembra assai diversa e dietro queste suggestioni si nascondono profondissime differenze tra i due eventi ed i rischi ad essi connessi per la pace dell'intero continente.

Monaco, 1938

La conferenza di Monaco fu indetta a seguito dell’invasione e successiva annessione tedesca dei territori dei Sudeti, catena montuosa posta al confine tra Germania, Polonia e Repubblica Ceca, i cui abitanti costituivano un'area tedescofona all'interno delle regioni della Moravia e della Boemia, tolti alla Germania con il Trattato di Versailles. Hitler, al potere dal 1933, presentò l’annessione come una manifestazione del revanscismo e del revisionismo tedesco verso il contenuto dei trattati di pace, ritenuti eccessivamente punitivi nei confronti degli sconfitti. Nonostante queste dichiarazioni, numerosi statisti europei, Churchill in primis, temevano che gli obiettivi del Fuhrer andassero oltre la revisione dei trattati, tanto che la sua forza militare fu addirittura sovrastimata. Le loro intuizioni non furono sufficienti a convincere politica, imprenditoria ed opinione pubblica ad iniziare un’azione militare deterrente, prima che la Germania rendesse palesi le sue intenzioni. Non dimentichiamoci che l’Europa soffriva ancora per i danni della grande guerra e che, soprattutto in Inghilterra, non si era disposti a scendere di nuovo in campo sul continente, soprattutto per un pericolo erroneamente ritenuto potenziale. Per queste ragioni, nel periodo compreso tra il 1937 e la conferenza di Monaco, Churchill, insieme al suo predecessore N. Chamberlain, adottò la cosiddetta politica dell’Appeasement che non aveva la presunzione di dissuadere efficacemente la Germania dai suoi obiettivi, quanto piuttosto di renderne manifeste le intenzioni, permettendo di adottare misure e stipulare alleanze non più in funzione di una minaccia, quanto di un pericolo reale. La debolezza della Società delle Nazioni, la folle politica nazista e la mancanza di deterrenti efficaci portarono l’Europa a cadere nel baratro del secondo conflitto mondiale.

Minsk, 2015

Passiamo a Minsk, il cui contesto ed attori, ad un'analisi superficiale, presentano molte inquietanti analogie con la conferenza di Monaco. Come i Sudeti, la Crimea è un territorio etnicamente russo ceduto, in questo caso volontariamente, all’Ucraina nel 1954 (ad eccezione del porto militare di Sebastopoli), come forma di riparazione indiretta allo sterminio dei Tartari perpetrato dai sovietici. Dopo lo scioglimento dell’URSS nel 1991 e l’indipendenza ucraina, la Russia ha iniziato a muoversi per riprendere il controllo di quell'area, ma la sua debolezza militare e politica, unitamente all'espansione della NATO, gli hanno impedito di compiere mosse in questa direzione fino ad oggi. La cosiddetta Rivoluzione Arancione del 2004 ha avvicinato l'Ucraina all’Unione Europea, fino ad una possibile adesione ad essa ed a un ingresso nella NATO, lasciando alla Russia un unico spiraglio in direzione dell’Europa: la Bielorussia. Per questo motivo, data anche la momentanea crisi statunitense e la decisa svolta data da Putin alla politica estera russa  già durante la seconda guerra cecena del 2008, nel 2014 la Crimea è sconvolta da attacchi di truppe irregolari, sospettate di avere il supporto ed essere organizzate dal governo di Mosca, nonostante le smentite di Putin, e il 18 marzo viene annessa alla Russia. I disordini continuano nell'area orientale del paese, in particolare nei dintorni di Donetsk, dove l'economia dipenderebbe da aziende sovietiche. A differenza di Hitler nel 1938, Putin non pare intenzionato a portare avanti l’azione bellica, non minacciando né l'Ucraina né l'Europa. Piuttosto sembra che il leader russo sia interessato ad un sostanziale regime di autonomia per le zone a maggioranza russa, nell’ambito della creazione di una Federazione Ucraina, con la promessa di Kiev di non aderire alla NATO.

In questo modo le zone sotto il controllo economico russo sarebbero tutelate e si scongiurerebbe la minaccia più temuta da Mosca: l’accerchiamento di paesi NATO, che con l'Ucraina sarebbe praticamente completo. Il risultato della conferenza di Minsk sembra confermare l’intenzione condivisa da USA, Unione Europea e Russia di giungere ad un compromesso che permetta al paese di ritrovare una dimensione geopolitica conforme al suo attuale potere nell'area. Lo stallo di NATO, UE e ONU, finora limitatisi a sanzioni economiche, sembra, a differenza della politica di Appeacement, finalizzato a temporeggiare mentre si studia una soluzione che non leda eccessivamente gli interessi occidentali e comprendere fino a che punto Mosca sia disposta a perseguire i propri. D'altronde qualsiasi mossa, anche leggermente al di là di interessi ritenuti inviolabili dalle rispettive forze in campo, potrebbe rivelarsi errata ed estremamente pericolosa, anche in un contesto non più bipolare (e dunque ancora più complesso).

Alla luce di quest’analisi si può concludere che la conferenza di Minsk non abbia l'importanza di Monaco, ma non per questo si possa accantonare una questione così spinosa come quella Ucraina, con numerosi possibili sviluppi. Tutto dipenderà dalla capacità che i protagonisti di questo di portare avanti gli impegni presi, facendo in modo che il mantenimento dei patti resti comunque la mossa più conveniente da fare.