Mobilitazioni civili in Bielorussia: la repressione torna protagonista
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Laura BaroDopo anni di completa assenza di proteste, il clima di degrado sociale nella Repubblica di Bielorussia aumenta in seguito alle numerose manifestazioni degli ultimi mesi, l’ultima delle quali è stata organizzata contro la cosiddetta legge contro i “parassiti sociali”.
Lo scorso 25 marzo, una marcia indetta a Minsk, e non autorizzata dalle autorità, è stata interrotta dal forte rumore degli scudi dei corpi antisommossa che bloccavano le strade principali. La risposta violenta e massiccia delle autorità è iniziata molte ore prima della manifestazione ed è terminata con quasi settecento arresti.
Gli organizzatori hanno fatto coincidere la marcia, poi fallita, con la “Giornata della libertà”, celebrazione non ufficiale della nascita della prima Repubblica Popolare Bielorussa, il 25 marzo 1918. Questa celebrazione è organizzata ogni anno dagli oppositori politici del regime di Alexander Lukashenko, l'attuale presidente, accusato in più occasioni di brogli elettorali e di governare con il pugno di ferro dal 1994, guadagnandosi così il soprannome di "ultimo dittatore d’Europa". Ma cosa reclamano i manifestanti?
"Legge contro i parassiti sociali"
Le proteste nascono dall’accumularsi di misure impopolari adottate dal governo, in particolare la cosiddetta "legge contro i parassiti sociali", che è riuscita a risvegliare l'interesse per la protesta anche tra i sostenitori di Lukashenko. Approvata nel mese di aprile 2015, introduce una tassa speciale di circa 220 euro per tutti coloro che lavorano meno di sei mesi l'anno e che quindi non versano i contributi allo Stato.
Sotto l'egida della Corte costituzionale, l’imposta è stata ideata per contrastare il lavoro nero, anche se la critica la considera incostituzionale e la considera un riflesso dell’aumento dei livelli di disoccupazione e dell'incapacità dello Stato di riscuotere le tasse. Si denuncia inoltre la demonizzazione dei disoccupati e la mancanza di interesse per le condizioni sociali di donne in stato di gravidanza, disabili, studenti neolaureati o qualificati, persone impegnate nella cura dei familiari o professionisti il cui settore è in crisi che si ritrovano a svolgere solo lavori sporadici e temporanei.
Inoltre, è stata rilevata l’inclusione per errore di persone in situazioni di vulnerabilità, residenti permanenti all'estero o persone defunte, per questo motivo la legge non sarà applicata fino al prossimo mese di ottobre. Le autorità assicurano che, per quanto impopolare, la legge non sarà abrogata. Alla fine del 2016, delle 470.000 persone che dovevano pagare la tassa, l’avevano effettivamente pagata solo in cinquantamila.
Repressione politica
"Da diverse settimane assistiamo a una caccia alle streghe politica segreta contro gli attivisti, che oggi è esplosa in un atto di violenza da parte delle forze di sicurezza contro la classe operaia", dice al telefono un fotoreporter che ha assistito alla repressione della polizia e che preferisce rimanere anonimo. "Non avevo mai visto tanta polizia a Minsk, nemmeno durante le mobilitazioni del 2010".
In Bielorussia i precedenti per quanto riguarda la repressione di manifestazioni pacifiche e le limitazioni al diritto di riunione, sono molti. Le manifestazioni più importanti hanno avuto luogo nel dicembre 2010 e nell'estate del 2011. La prima denunciava il ripetersi di brogli nelle elezioni presidenziali che avevano permesso a Lukashenko di rimanere al potere. Questa idea è stata difesa da osservatori internazionali delle Nazioni Unite e da alcune ONG impegnate nella difesa dei diritti umani. Il risultato è stato più di settecento arresti, tra cui i principali avversari politici accusati di provocare disordini. La seconda protesta, di carattere economico, invitava i cittadini a partecipare ogni mercoledì a marce silenziose o accompagnate da battiti di mani, senza slogan o striscioni. Entrambe le proteste hanno portato un aumento dei prigionieri politici.
Da allora, l'assenza di proteste ha portato la popolazione bielorussa a essere considerata tra il pacifico e il paziente, aspetto che il governo stesso ha sfruttato per pubblicizzare un clima di stabilità e ad avere quindi la precedenza sui conflitti interni della vicina Ucraina. L’idea sembrò piacere e Lukashenko, grazie ai brogli, o meno, ottenne un'altra vittoria alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2015. Tuttavia, nell'attuale contesto di crisi economica del paese, aggravata dai bassi salari e dall'aumento dei prezzi, le proteste non solo hanno portato i cittadini in strada, ma li hanno anche spinti ad esternare il disinteresse e la crescente sfiducia nei confronti del regime.
"Il governo non è stato in grado di prevedere questa risposta, pensava che tutti avrebbero accettato la nuova legge", dice Sasha, nome fittizio per motivi di sicurezza, difensore dei diritti umani in materia legale con sede a Minsk. "La differenza principale con le manifestazioni del 2010 e del 2011 è il clima attuale, la marcia dello scorso 25 marzo, infatti, unisce motivi politici ed economici".
L'organizzazione per i diritti umani Viasna ha registrato 350 arresti dal 3 marzo e se ne stimano altri settecento solo nella giornata del 25 marzo scorso, tra cui bambini e anziani che sono stati rilasciati poche ore più tardi. In altre parti del paese, come Brest o Biaroza, decine di persone hanno subito la stessa sorte, tra loro i leader dell'opposizione e difensori dei diritti umani [la Bielorussia si trova in genere in coda nella classifica europea dei diritti umani. Secondo Amnesty International, in Bielorussia "sono state ripetutamente applicate severe limitazioni al diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica. Il governo ha più volte rifiutato di collaborare con il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia. Almeno quattro persone sono state giustiziate e altre quattro sono state condannate a morte", ndr].
Si stima che almeno dieci giornalisti siano stati arrestati con la forza senza alcuna spiegazione e alcuni di loro rilasciati poche ore più tardi. Front Line Defenders denuncia che 58 osservatori dei diritti umani provenienti da varie organizzazioni sono stati arrestati presso la sede di Viasna. Inoltre, Vladimir Nekliayev, leader dell'opposizione bielorussa è stato arrestato per impedire la sua partecipazione alla marcia. Il giorno seguente, la stessa cosa è successa ad altre ventiquattro persone riunite in un piccolo gruppo che mostrava solidarietà agli arrestati del sabato precedente.
"Non è chiaro cos’accadrà con gli arresti, o alle relazioni con i paesi vicini", aggiunge Sasha. Negli ultimi vent’anni, il governo bielorusso, accentrato nella figura di Lukashenko, ha fatto oscillare le sue politiche tra l’approvazione dell'Unione Europea, che lo scorso 25 marzo ha condannato la repressione con un comunicato stampa, e l'alleanza economica e militare con la Russia. "Dopo vari gesti e il rilascio di prigionieri politici nel 2016, il governo e l'Unione europea hanno venduto l'immagine di apertura e democratizzazione del paese, ma in quanto organizzazioni per i diritti umani vi assicuriamo che nulla è cambiato dal 2011". Il 25 marzo coincideva anche con le celebrazioni del sessantesimo anniversario della nascita dell'Unione Europea. Da parte sua, lo stesso fine settimana, la polizia russa ha arrestato manifestanti che protestavano contro la corruzione in tutto il paese.
Translated from La represión vuelve a protagonizar las movilizaciones ciudadanas de Belarús