Mediaspree: Berlino non è abbastanza sexy?
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Claudia MonaldiUn progetto di urbanizzazione sulla Sprea, il fiume che attraversa la capitale tedesca, fa polemica. Il quartiere di Kreuzberg, abitato da artisti, famiglie e squat, rischia di diventare un centro commerciale.
Mediaspree è un progetto di costruzione sulla Sprea, il fiume che attraversa la capitale tedesca. Ma è anche un nome che in molti abitanti di Berlino provoca ira. Mediaspree è un’associazione d’imprenditori, proprietari terrieri e investitori, che hanno deciso di trasformare l’aspetto un po’ selvaggio e preindustriale di Berlino Est, la zona caratterizzata, tra l’altro dai prezzi bassi degli affitti.
Proprio qui accanto, dove si trova il più lungo frammento del Muro, s’innalza già l’Arena O2 World costata 165 milioni di euro, uno dei complessi sportivi più moderni del mondo con una capacità di diciassette mila spettatori.
Mtv e Universal nel progetto
Christian Meyer, portavoce di Mediaspree, è chiaro riguardo agli scopi dell’associazione: «Facciamo molto per promuovere il quartiere. Tra i nostri clienti c’è già Mtv, che ha preso il posto di un negozio e l’Universal, che ha oggi i suoi uffici in un vecchio magazzino di uova». E non ci sono dubbi sui clienti ai quali si rivolgono: «Vogliamo inquilini attraenti, giovani, come Mtv o Viva!, aziende che possono essere definite “sexy”».
Il problema è che Kreuzberg è stato per lungo tempo un quartiere “non appetibile”. Dopo la Seconda Guerra mondiale era fortemente danneggiato e l’amministrazione cittadina, per invogliarne l’urbanizzazione, ha cercato di calmierare i prezzi. L’offerta ha attirato soprattutto gli immigrati (secondo i dati del 2006, il 31,6% dei residenti del quartiere non è di cittadinanza tedesca), gli studenti e gli artisti. Inoltre, squatter e punk, hanno occupato gli edifici vuoti.
Con la caduta del Muro, Kreuzberg si è visto catapultare nel centro della città e l’afflusso di gente è aumentato: dal 1989 il numero degli abitanti del quartiere è raddoppiato e la periferia è diventata “di moda”. L’esplosione del quartiere ha attirato anche l’attenzione degli imprenditori, che non vogliono lasciarsi scappare l’occasione di un “boom” del quartiere, che stava diventando un posto ideale per gli investimenti.
Referendum dallo squat
A questa situazione si oppongono gli abitanti di uno dei più antichi squat di Berlino, New Yorck in Betania (il nome deriva dal vecchio ospedale di Betania che si trovava in via Yorck, 59). Proprio qui è nata l’iniziativa Media spree versenken (Affondare Mediaspree), che si oppone alla privatizzazione del quartiere. «Abbiamo iniziato nel 2005 e la protesta e continuiamo tuttora», dice un attivista dell’organizzazione, Carsten Joost. «Stimo cercando di raccogliere le firme per chiedere un referendum sulla questione. Mediaspree cambia il volto della città. Questa pianificazione urbanistica tiene conto solo dell’interesse delle grandi aziende, non considerando affatto gli abitanti». L’attività di Mediaspree versenken non si limita alle proteste: «Cerchiamo il modo per informare i cittadini su quello che sta succedendo al loro quartiere».
Carsten è preoccupato soprattutto per gli abitanti della zona: «Gli artisti possono sempre trovare un accordo con le aziende, ma cosa devono fare gli immigrati, la gente comune? Di loro non si curerà nessuno». Il ragazzo è comunque disilluso: «Non possiamo vincere, viviamo in una società capitalista, dove l’interesse economico è il solo che conta. Tentiamo comunque di guadagnarci un po’ di spazio». Quale spazio? Cinquanta metri di cintura verde sul fiume, un posto dove secondo gli attivisti locali non devono esserci uffici, ma piste ciclabili e “spazi sociali”.
Un cintura verde sulla Sprea
«Non possiamo impedirlo», dice Ortwin Rau, proprietario di un bar sulla Sprea, Yaam. Nel locale si organizzano incontri culturali, un mercatino africano, feste hip-hop e laboratori. Dalla spiaggetta artificiale si può ammirare il panorama sul fiume, l’edificio dello stadio Area O2 e gli uffici dell’Energie Forum, sede di Mediaspre. «Sono persone simpatiche, non è colpa loro se fanno questo lavoro. Ma hanno una vita e una visione completamente diversa dalla nostra», dice Ortwin dei suoi vicini. Racconta con calma anche della prossima distruzione dello Yaam: «Che fare? Hanno tutte le autorizzazioni. Possiamo solo tentare di coinvolgere i politici locali», visto che al momento solo il 40% della zona è stata acquistata.
Molto più scettica sul progetto è Kristien Ring, direttrice del DAZ, il Centro Tedesco di Architettura. «È uno dei luoghi che si stanno sviluppando più intensamente, e si trova proprio nel centro della città, praticamente accanto ad Alexanderplatz. Ha un grosso potenziale. Mediaspree non è il miglior progetto possibile». Inoltre il quartiere ha una grossa valenza simbolica, continua la donna: «Si tratta dell’incrocio geografico tra Est e Ovest. Bisognerebbe considerare gli abitanti. Ma il quartiere purtroppo piace troppo agli investitori che non lasceranno posto a qualcosa di creativo».
Secondo la Ring, inoltre, Mediaspree non ha chiarito i suoi progetti: «I piani non menzionano le questioni in discussione, ad esempio il fatto che gli edifici devono essere divisi tra alcuni proprietari. E poi la mancanza di spazi verdi lungo il fiume». L’amministrazione di Berlino, inoltre, vorrebbe ripulire,entro il 2011, la Sprea, in modo da potervisi bagnare. Ma come si fa a nuotare sotto gli uffici? Secondo Kristien Ring, «È necessario un equilibrio tra sviluppo e conservazione degli spazi, e il Governo deve intervenire. Immagina un quartiere dove si viene a lavorare, ma che è completamente vuoto la sera. Il progetto è una contraddizione sotto ogni aspetto, com’è tipico di Berlino».
Translated from Kontrowersyjny projekt Media Spree