Media etnici: quando la società si disintegra
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paola menicacciLa presenza d’immigranti è un fenomeno completamente nuovo nella lunga storia dell’Europa. I media rappresentano uno dei più importanti mezzi di comunicazione tra le società. In che modo i media influenzano l’integrazione degli immigranti?
Fin da quando i popoli hanno cominciato a migrare, non c’è mai stato uno spostamento di non europei così consistente e straripante.
Le grandi migrazioni della storia europea erano il risultato di guerre e di violenze (come nel caso degli Arabi, dei Berberi, dei Mongoli o degli Osmanti) e disdegnavano la necessità di cooperazione con le popolazioni d’origine. La popolazione d’origine nel corso del tempo si è mescolata con gli stranieri. Questi processi, però, hanno impiegato un lungo lasso di tempo se pensiamo ad esempio all’integrazione degli immigrati di oggi che è già terminata – più o meno – con la seconda generazione.
Questi processi che diverse zone d’Europa hanno attraversato nel Medio Evo e nei periodi ad esso precedenti non possono essere considerati e definiti come “immigrazione”, nel senso attribuito oggi al termine.
Società dell’informazione
Le teorie entusiastiche del primo momento riguardanti la modernità e lo sviluppo considerano il vasto uso delle tecnologie di informazione globale il mezzo per creare una cittadinanza cosmopolita. Se ognuno potesse usare la stessa tecnologia, la cui “lingua madre” è l’inglese, allora ognuno potrebbe vivere nello stesso “villaggio globale”, con gli stessi valori e gli stessi problemi.
Ma la realtà ha superato questa teoria. I moderni mezzi di comunicazione non unificano la società, non mettono in contatto persone appartenenti a differenti gruppi etnici, nazioni o livelli sociali, ma di fatto facilitano la frammentazione della società e rendono il problema dell’integrazione ancora più difficile.
Negli anni ‘80 prima e, soprattutto, negli anni ‘90, il vasto sviluppo di canali etnici privati in Germania, Gran Bretagna, Olanda e Francia ha frantumato l’idea del principio di “una TV – una nazione”. L’arrivo di Internet è stato un secondo grande passo in questa direzione.
Le minoranze hanno i loro quartieri nelle città, i negozi, le chiese e i clubs. Esse non sono obbligate a vivere nella maggioranza - esse vivono solo nelle vicinanze della maggioranza. Per molto tempo la società ha avuto due strumenti statali di socializzazione dell’individuo: l’educazione e la comunicazione.
L’educazione
Il sistema educativo potrebbe essere il parametro per la valutazione delle strategie di integrazione degli immigrati. Se l’educazione è basata su principi universali, non specialistici e secolari, la scuola dà a tutti i cittadini dello stato lo stesso terreno di coscienza civile, e – a livello ideale – lo stesso punto di partenza nella vita. La Francia è un buon esempio di questo principio (adesso, sfortunatamente, solo in teoria). Il problema del fallimento di questo principio sta nel fatto che le scuole non sono solo un sistema d’idee ma anche un sistema di persone. Alcune scuole nei sobborghi delle grandi città francesi (o inglesi) sono costituite spesso da una minoranza di studenti all’interno di una maggioranza. Quest’ultimi e i loro genitori sono il più delle volte felici di rimanere fra di loro. I genitori dei ragazzi del gruppo sociale dominante spesso hanno pregiudizi nei confronti di altri gruppi etnici religiosi.
Questi pregiudizi dovrebbero essere rimossi da una mutua comunicazione. Come il sociologo e filosofo Karl W. Deutch, mio connazionale, ha detto “la comunicazione è la base per l’integrazione”. Se si parla insieme si perdono diffidenza ed ostilità. Se le scuole stanno fallendo come mezzi di comunicazione, i mass-media potranno essere il loro sostituto?
I Media
I media potrebbero farlo ma, in realtà, non lo fanno perché non lo vogliono. Come ho già detto in precedenza, uno dei maggiori problemi della comunicazione è la particolarità dei media etnici che favoriscono la disintegrazione piuttosto che l’integrazione dell’intera società. I media particolari esistono senza avere l’ambizione di mettersi in competizione con i media generali; la loro ambizione è di rispondere alle esigenze di una minoranza della popolazione e di essere un mezzo di comunicazione esclusivo per i membri di minoranze nazionali, etniche o religiose. I media particolari non fanno altro che creare una nazione esclusiva in un contesto anomalo ( e spesso ostile) invece di aiutare a creare una nazione politica aperta.
Il compito della comunicazione all’interno della famiglia è di far condividere valori fraterni; il compito della comunicazione religiosa è quello di far condividere valori religiosi; il compito della comunicazione scolastica è quello di condividere i valori universali della società. Ma quali valori dovrebbero condividere i media?
Valori fraterni? Questo è impossibile per definizione. Valori religiosi? Il risultato potrebbe essere un “evangelismo televisivo” o i discorsi di Osama bin Laden. Valori universali? Sì, ma chi potrebbe obbligare i proprietari dei media privati a farlo?
Un nemico fra di noi
Dopo l’11 settembre è emerso prepotentemente un nuovo problema. La seconda o terza generazione di immigranti che vive nei nostri sobborghi, nelle città europee, ci odia, e sebbene essi calpestino le nostre stesse strade, in realtà vivono in un altro mondo.
I loro genitori sono stati più o meno grati di aver avuto una nuova possibilità di vita in Occidente. Sebbene abbiano protetto la loro identità originaria grazie a valori culturali e religiosi, hanno accettato i valori politici della società democratica occidentale come un giusto ordine sociale. I loro figli e i figli dei loro figli hanno perso la possibilità di confrontarsi con la terra d’origine. L’insoddisfazione relativa al loro status sociale è per alcuni di loro la ragione per ricercare nuove definizioni di ordine mondiale da parte di autorità di gruppi particolari piuttosto che di autorità appartenenti all’ordine sociale.
Possono, gli amici e i canali Tv nella mia lingua, come mio padre l’immam, questi “media” seri, cambiare l’opinione della società ostile? L’aspetto estremo di questa gabbia ideologica è l’esempio di Mohamed Atta…
Il paradosso è che la società contemporanea non è una società di massa, ma – piuttosto – una società di differenti masse. Gli immigranti non dovrebbero creare la loro massa particolare poiché, altrimenti, sarebbe fuori del controllo sociale.
Translated from Immigration and the Media