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Marocco: l’11 marzo è frutto della repressione

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Ottavio Di Bella

Povertà, esclusione, dittatura: nonostante le aperture di Mohamed VI, la democrazia marocchina stenta a vedere la luce. E l’Europa rischia grosso.

L’11 marzo 2004, la Spagna è stata oggetto di una serie di cruenti attentati che hanno fatto 191 morti e centinaia di feriti. Stando agli inquirenti, dei giovani marocchini sarebbero implicati nell'esecuzione di questo crimine. Anche in altri attentati perpetrati nel mondo, sono state gettate delle ombre su estremisti di questo paese. Il Marocco è forse diventato un avamposto del terrorismo internazionale?

L’islamismo viene da lontano

Ma la questione più importante è un’altra: come può un paese conosciuto per la sua apertura, e divenuto, in tutto il mondo arabo, simbolo della simbiosi fra culture e religioni, produrre dei giovani in grado di realizzare tali misfatti? Certo, il terrorismo è un flagello internazionale e sovranazionale che si nutre del conflitto del Medio Oriente e delle frustrazioni di popoli in cerca di libertà, di giustizia e di riconoscenza.

Ma, il suo concime altro non è che miseria, esclusione, condizioni sociali ed economiche proibitive. Questi fattori, oltre ad una politica in cui da anni la classe dirigente incoraggia l’emergere di correnti islamiche per bloccare gli oppositori democratici, contribuiscono a spiegare il fenomeno.

Nel tempo, la religione ha assunto un ruolo preponderante nel sistema d’istruzione del Marocco. Dogmi come l'impossibilità di separare politica e religione nell'Islam sono stati rafforzati. Ed i manuali scolastici portavano con sé idee poco compatibili coi diritti umani. Da molto tempo, lo Stato aveva abdicato nel campo dell'insegnamento in materia di diritti dell'uomo nelle scuole. Quanto agli anni della repressione, questi ultimi hanno sfoltito l’ambiente progressista ed avvantaggiato lo sviluppo delle correnti islamiche. L'assenza di un progetto democratico chiaro e coerente, prepara anzitutto il campo alle frustrazioni. I giovani subiscono abbastanza facilmente i dictat dell’islamismo radicale.

Le aperture di Mohamed VI

Nei fatti, invece, il Marocco ha conosciuto evoluzioni importanti nel rispetto dei diritti umani:

- liberazione di parecchi prigionieri di opinione e politici;

- riforma del codice della famiglia che permette alla donna di accedere ai suoi suoi diritti.

- creazione di una commissione denominata “Equità e riconciliazione” la cui missione è di far luce sulle gravi violazioni di diritti umani fin dai tempi dell'indipendenza ottenuta nel 1956, e di riabilitare le vittime. Il lavoro di questa commissione dovrebbe permettere al Marocco di voltare definitivamente pagina dopo numerosi anni di piombo.

Se dei progressi sono stati registrati sul piano delle libertà individuali e collettive, i diritti sociali ed economici ancora fanno difetto. Ogni anno, centinaia di giovani rischiano la loro vita per attraversare il Mediterraneo dentro barconi di fortuna per raggiungere le rive settentrionali. Le condizioni sociali sono molto difficili e le differenze tra ricchi e poveri non smettono di accentuarsi. La crescita è stata del 4%* nel 2003. La media di questi ultimi cinque anni è del 3,5%. Un tasso inferiore a quello degli altri paesi della regione ed insufficiente a sottarre il Marocco dal suo marasma economico.

5% di classe media

La disoccupazione nei centri urbani è ufficialmente del 20% e tocca tutti gli strati della popolazione senza risparmiare neppure i diplomatici: uno su quattro è disoccupato. Il lavoro nero si attesterebbe attorno al 40%* della popolazione attiva. C’è uno stato di povertà assoluta per oltre 5 milioni di marocchini – povertà che è progredita del 50% durante gli anni ’90.

La società è caratterizzata da forti disuguaglianze perché un buon 20% della popolazione si accaparra più della metà delle risorse del paese. All'altra estremità della scala sociale, il 19% dei marocchini vive al di sotto della soglia di povertà. E le differenze aumentano: quest’ultima percentuale era del 13%, solo dieci anni fa.

Ignacio Ramonet dalle colonne del Monde Diplomatique nel luglio 2000, scriveva : “La classe media rappresenta appena il 5% della popolazione. In Tunisia più del 35%. Domina qui un sistema di reti, di nepotismo, di clan, di famiglie legate tra loro che preferiscono dare un posto ad un genitore inabile ed incompetente anzichè ad un giovane di origine modesta ottimamente diplomato. Come per il makhzen (il potere), ciò che conta per accedervi è la fedeltà, la sottomissione, e non la competenza. Ed è per questo che la maggior parte dei giovani non ha più speranza, non crede più nel proprio paese, né nell'alternanza o nel rinnovamento incarnato dal giovane re, a cui guardano, peraltro, con simpatia. L’unico sogno resta l’emigrazione. Le ragazze ancor più dei ragazzi. Un'inchiesta recente ha stabilito che il 72% dei marocchini si augura di emigrare, e che, per i giovani fra i 21 e i 29 anni, questo tasso raggiunge l’89% !”

Sul piano politico, malgrado l'apertura del nuovo re Mohamed VI, il regime resta un’affare personale. Il re raggranella tutti i poteri, regna e governa senza possibilità di critiche.

Certo, lo sradicamento dei partiti e lo sbriciolamento del paesaggio politico non facilita la risoluzione del rebus marocchino.

Ed il Marocco è chiamato a riformare le sue istituzioni e a costruire un vero Stato di diritto e democratico. La questione del Sahara Occidental peserà parecchio sul suo avvenire. Nel contesto internazionale attuale, un’ampia autonomia in un Marocco democratizzato sarebbe una soluzione probabile, che forse verrà imposta anche dagli Stati Uniti.

UE: solo belle parole…

Invece, le vere sfide si giocano con l'Unione europea. Quest’ultima deve decidersi e ritornar a usare i mezzi della sua politica. Decidersi tra un’integrazione dei paesi magrebini in un processo di sviluppo dell’area mediterranea, oppure consegnare il Magreb a se stesso con tutti i rischi politici e sociali che questo panorama lascia presagire.

A parecchie riprese, l’UE ha denunciato le violazioni dei diritti umani in Marocco. Queste denunce hanno contribuito all'allargamento del numero di libertà nel paese. Senza tuttavia fare della democrazia e dei diritti umani una precedente irrinunciabile, ovvero perché ritenuto necessario per le sue implicazioni. Questo, mentre l'accordo di associazione tra il Marocco e l'UE recita all’articolo 2 “il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali dell'uomo come enunciato nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, ispira la politica interna ed internazionale della Comunità e del Marocco, e costituisce un elemento essenziale del presente accordo.”

Purtroppo questa clausola, presente anche in un analogo accordo con la Tunisia, non sortisce neanche lì, un qualche effetto. Ed anche il regime tunisino seguita a schernire i diritti umani con il massimo d’impunità.

Anche se a volte la UE è piena di buone intenzioni, manca di strumenti giusti per calibrare la sua politica.

Malgrado ad esempio un intervento del Presidente del Parlamento europeo, Pat Cox, in cui aveva espresso, innanzi alle autorità marocchine, le sue preoccupazioni concernenti la carcerazione e la condanna per reati di opinione del giornalista Ali Lmrabet. Di fatto, poi, Lmrabet è stato liberato grazie alle pressioni americane…

* stime della Banca mondiale

Translated from Maroc : l'UE comme terre d'exil